La Banca nazionale svizzera aumenta di nuovo il suo tasso direttore
Come altri istituti centrali, la Banca nazionale svizzera (BNS) ha ulteriormente inasprito la sua politica monetaria, innalzando di 0,5 punti il suo tasso guida e portandolo così all'1%.
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Keystone-ATS/mar
La mossa è volta a contrastare “l’accresciuta pressione inflazionistica e l’ulteriore diffusione dei rincari”, indica la BNS in un comunicatoCollegamento esterno.
L’innalzamento del tasso direttore giunge all’indomani di un ritocco della medesima portata operato dalla Federal Reserve statunitense (il cui tasso è ora nella fascia fra 4,25 e 4,5%) e precede un probabile aumento da parte della Banca d’Inghilterra e della Banca centrale europea (BCE).
La modifica – in linea con le attese della maggioranza degli specialisti e delle specialiste – potrebbe non essere l’ultima: “Non è da escludere che si rendano necessari nuovi rialzi del tasso di interesse per garantire la stabilità dei prezzi a medio termine”, precisa l’istituto centrale svizzero.
Sebbene l’inflazione sia diminuita negli ultimi mesi, in particolare a causa del calo dei prezzi del petrolio, essa ” si muove ancora nettamente al di sopra dell’area che assimiliamo alla stabilità dei prezzi, e a breve termine rimarrà probabilmente accentuata”, ha dichiarato Thomas Jordan, presidente della direzione generale della BNS.
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Terzo intervento in sei mesi
Dopo aver mantenuto il tasso di riferimento fermo per oltre sette anni la BNS aveva già operato una prima stretta di 0,5 punti (da -0,75% a -0,25%) lo scorso 16 giugno, quando si era mossa a sorpresa prima della BCE.
Un secondo rialzo era intervenuto il 22 settembre: è stato quello che ha segnato la fine dell’epoca degli interessi negativi, con il passaggio del tasso guida dal -0,25% al +0,50%. Quello odierno è quindi il terzo intervento verso l’alto nel giro di sei mesi.
Franco forte non è più un tema
Come noto dal giugno scorso, la BNS non considera più troppo elevata la quotazione del franco: nel comunicato odierno non parla più nemmeno del tema.
Al contrario, la banca conferma la sua disponibilità ad agire all’occorrenza sul mercato dei cambi per garantire stabilità dei prezzi a medio termine: l’istituto ha in tal senso una soglia fissata al 2%.
A questo proposito la BNS mantiene quasi invariate le sue previsioni: i prezzi al consumo dovrebbero salire del +2,9% quest’anno, del +2,4% nel 2023 e del +1,8% nel 2024; tre mesi or sono le stime erano rispettivamente di +3,0%, +2,4% e +1,8%. Il nuovo pronostico si basa peraltro sull’assunto che il tasso guida BNS rimanga pari all’1,0%.
È opinione comune che la forza della moneta elvetica permetta di ergere un vallo contro l’inflazione importata: stando agli ultimi dati (relativi a novembre) il rincaro in Svizzera è infatti al 3,0%, a fronte del 7,1% negli Usa e del 10% nell’Eurozona. Naturalmente il franco forte ha un impatto negativo sulle esportazioni, ma stando alla maggioranza degli esperti e delle esperte l’industria svizzera sembra essersi abituata, nel corso degli anni, a sostenere il fardello monetario. In tal modo l’euro si è ormai stabilmente orientato a un corso inferiore alla parità: stamane la moneta europea veniva scambiata a circa 0,98 franchi. In giugno costava ancora 1,05 franchi.
PIL in crescita del 2% nel 2022
La BNS ha approfittato anche del tradizionale esame trimestrale della situazione economica e monetaria per fornire le sue previsioni congiunturali. Secondo i suoi economisti il prodotto interno lordo (Pil) della Svizzera dovrebbe crescere quest’anno del 2,0%: valore più preciso, ma sostanzialmente identico a quello avanzato tre mesi or sono, che era “circa il 2%”.
Viene per contro ritenuto probabile che l’indebolimento della domanda dall’estero e gli elevati prezzi energetici frenino sensibilmente l’attività economica nel 2023: su tale sfondo, per l’anno prossimo la BNS si aspetta una crescita “attorno allo 0,5%”. Si tratta della prima previsione dell’istituto per il prossimo anno ed è soggetta a rischi significativi, mette in guardia la BNS, che fa riferimento a una possibile crisi energetica europea, a un’inflazione galoppante con conseguente strette monetarie e a un rigurgito della pandemia.
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