La difesa del clima non giustifica le azioni illegali
Dodici attivisti del clima, condannati in seconda istanza per aver occupato una sede del Credit Suisse, si sono visti respingere il loro ricorso dal Tribunale federale. Lo stato di necessità non può essere applicato per l'emergenza climatica.
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tvsvizzera.it/mar con Keystone-ATS
La sentenza del Tribunale federale (TF), la più alta istanza giudiziaria svizzera, era molto attesa, poiché diversi casi simili si trovano attualmente al vaglio delle autorità cantonali ed è la prima volta che vi è una giurisprudenza a livello federale.
Prima di entrare nel merito della sentenza, riportiamo però un po’ indietro le lancette dell’orologio. Il 22 novembre 2018, un gruppo di attivisti climatici aveva fatto irruzione in una filiale del Credit Suisse a Losanna per protestare contro la politica dell’istituto. Travestiti da Roger Federer, testimonial della banca, avevano inscenato una partita di tennis per denunciare gli investimenti dell’istituto nelle energie fossili.
Dodici di loro, che non avevano ottemperato all’ordine della polizia di lasciare l’edificio, erano stati in un primo tempo assolti dal Tribunale di polizia del distretto di Losanna. Nel settembre 2020, in seconda istanza il Tribunale cantonale vodese li aveva invece ritenuti colpevoli di violazione di domicilio, condannandoli a pene pecuniarie e multe.
Nessuno stato di necessità
Gli attivisti avevano quindi fatto ricorso al Tribunale federale invocando lo “stato di necessità” (che era stato riconosciuto in prima istanza). Questa disposizione del Codice penale giustifica a determinate condizioni un’azione illegale, in particolare in situazione di pericolo imminente. Secondo gli avvocati degli accusati, la situazione climatica è talmente grave ed urgente, che questo stato di necessità è più che giustificato.
Nella sentenza comunicata venerdì, il Tribunale federale ha respinto il ricorso. “L’esigenza di un ‘pericolo imminente’ non è adempiuta”, si legge nel comunicatoCollegamento esterno. I giudici di Losanna non rimettono in discussione le conoscenze scientifiche sul cambiamento climatico, ma sottolineano che “un pericolo imminente deve realizzarsi perlomeno nell’arco di ore dal fatto”.
“In altre parole, nella fattispecie non occorre statuire sull’urgenza del riscaldamento climatico in quanto tale, prosegue la nota. Va rilevato unicamente che, al momento dell’azione, non esisteva alcun pericolo attuale e immediato nel senso della normativa penale sullo stato di necessità”.
Inoltre, il TF rileva che gli autori non possono neppure “richiamarsi al motivo giustificativo extralegale della ‘tutela di interessi legittimi’. Tale eventualità presupporrebbe, tra l’altro, che il loro agire costituisca l’unico mezzo di difesa. Ciò non è manifestamente il caso, tanto più che, per raggiungere questa finalità, molteplici mezzi legali sarebbero stati disponibili, quali manifestazioni autorizzate”.
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Caso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo
Gli attivisti e i loro 14 avvocati hanno immediatamente reagito alla pubblicazione di questa sentenza. In un comunicato stampa, hanno accusato la Corte federale di negare l’urgenza della questione climatica e di non riconoscere “il ruolo decisivo” di questi giovani attivisti nella sensibilizzazione.
Fanno notare che la partita di tennis ha ricevuto molta attenzione da parte dei media e che il Credit Suisse, in seguito a questa azione, ha annunciato diverse misure per riorientare i suoi investimenti.
Secondo loro, la decisione della Corte federale equivale a “tollerare una posizione attendista che non tiene conto dell’urgenza di agire subito per avere una possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi”.
Accusano anche i giudici federali di essere “dalla parte sbagliata della storia”, riferendosi in particolare a recenti sentenze francesi e tedesche che hanno constatato l’inazione degli Stati in materia di clima.
Gli attivisti di Lausanne Action Climat non intendono fermarsi qui. Hanno annunciato che porteranno il loro caso alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, dove sperano di far valere i loro “diritti fondamentali”, in particolare la libertà di espressione e di riunione.
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Ribaltata in appello la sentenza nei confronti degli attivisti che hanno manifestato in una filiale del Credit Suisse a Losanna.
Assolti gli “attivisti tennisti” critici nei confronti di Credit Suisse
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Sono stati assolti i dodici attivisti per il clima a processo per un'azione condotta nel novembre 2018 nei locali di Credit Suisse a Losanna.
Decine di azioni per il clima in tutta la Svizzera
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Attivisti e dimostranti di diversa estrazione hanno manifestato all'unisono in diverse città per una società più sostenibile ed equa.
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Nove attivisti per il clima che nel luglio 2019 bloccarono l'entrata della sede principale di Credit Suisse,a Zurigo, sono stati condannati venerdì in prima istanza dal Tribunale distrettuale della città.
I nove imputati - di cui otto provenivano dalla Svizzera francese - sono stati condannati a pene pecuniarie con la condizionale per l'accusa di coazione e in otto casi anche per violazione di domicilio.
L'8 luglio 2019, avevano partecipato al sit-in di protesta davanti al Credit Suisse, bloccando l'ingresso con vasi di piante e biciclette accatastate l'una sull'altra. Alcuni di loro si erano incatenati. La polizia era intervenuta, segando le catene e portando via gli attivisti.
Pene ridotte
Il tribunale ha ridotto le richieste di pena formulate dalla pubblica accusa, fissando in otto casi pene pecuniarie sospese di 40 aliquote da 10 franchi e in un altro di 30 aliquote da 10 franchi (In Svizzera, le pene pecuniarie suddivise in aliquote giornaliere sostituiscono la detenzione per i reati minori) . Il Ministero pubblico chiedeva per ognuno degli imputati pene pecuniarie di 90 aliquote giornaliere da 30 franchi e multe di 500 franchi.
Gli avvocati della difesa si sono invano battuti per il proscioglimento e per l'archiviazione dei casi. Gli attivisti hanno ancora la possibilità di far ricorso davanti al Tribunale cantonale.
Accusati di "ingenuità"
Nel corso del dibattimento, che si è tenuto mercoledì con la corte riunita per motivi di spazio nella sala del "Volkshaus", il procuratore ha sottolineato l'"ingenuità" degli attivisti.
Pur ammettendo di comprendere l'indignazione dei giovani di fronte al cambiamento climatico, il rappresentante dell'accusa ha definito la loro azione un "inutile teatrino" ed esortato i giovani ad impegnarsi a livello politico.
"Non avevamo altra scelta"
Soltanto due degli attivisti romandi hanno accettato di parlare davanti al tribunale, dicendosi scioccati per le parole del procuratore che li ha definiti "ingenui". "Non avevamo altra scelta", ha detto un giovane affermando che prima di quell'azione simbolica avevano esaurito tutte le altre possibilità di farsi sentire.
La vicenda è approdata in tribunale perché gli imputati hanno fatto ricorso contro i decreti di accusa pronunciati a suo tempo dal ministero pubblico di Zurigo. La polizia aveva fermato 64 persone, alcune delle quali hanno passato due giorni in guardina. Sono stati aperti in tutto 51 procedimenti penali e 42 attivisti non si sono opposti al decreto d'accusa.
Attivisti prosciolti a Basilea
L'azione di protesta era promossa dal collettivo "Climate Justice" - per chiedere alla piazza finanziaria svizzera di ritirare qualsiasi investimento nel carbone, nel petrolio e nel gas - e si è tenuta in contemporanea con un'analoga protesta a Basilea, davanti all'ingresso principale dell'edificio di UBS sulla Aeschenplatz, dove sono concentrate le attività amministrative dell'altra grande banca svizzera.
In quel caso UBS ha ritirato le denunce penali contro gli attivisti. E lo scorso 22 gennaio il tribunale penale di Basilea ha prosciolto cinque attivisti che si erano opposti al decreto d'accusa.
tvsvizzera.it/Zz/ats con RSI (TG del 14.05.2021)
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Attivisti per il clima hanno inscenato una protesta in una filiale UBS, all'indomani dell'assoluzione di dodici di essi per un'azione simile nel 2018.
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