La “guerra del Gianduiotto” è finita
Il tipico cioccolatino di Torino sarà presto un marchio IGP. Lindt ha infatti fatto sapere che non si opporrà alla decisione della Regione Piemonte di ottenere questa denominazione per il prodotto faro della città italiana.
“È la vittoria di Davide contro Golia”: con queste parole Guido Gobino, proprietario della storica omonima cioccolateria torinese, commenta la fine della “guerra del Gianduiotto” iniziata nel 2017, con la richiesta – avanzata nel corso di una riunione con rappresentanti della Regione e del ministero dell’Agricoltura – di far diventare il Gianduiotto (o Giandujotto) di Torino un marchio IGP (Indicazione geografica protetta) e la formazione di un relativo comitato, presieduto dal cioccolatiere piemontese Guido Castagna. Una richiesta alla quale si era inizialmente opposto il gruppo svizzero Lindt. Ora, trovato un accordo, Lindt ha fatto sapere che non intende più opporsi e quindi… questo IGP s’ha da fare.
Ma cosa è successo esattamente? Partiamo dall’inizio: nell’autunno del 2023 il Comitato del Gianduiotto IGP, composto da 40 aziende e artigiani del cioccolato torinesi – Torino, ricordiamo, è la terra d’origine del Gianduiotto – ha chiesto la creazione di un disciplinare per questa dolce specialità.
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Lindt&Sprüngli, proprietaria dal 1997 dell’azienda italiana Caffarel, a cui si riconosce la paternità della ricetta del Gianduiotto, e del marchio “L’autentico Gianduiotto di Torino”, si era opposta. Il marchio rossocrociato aveva contestato la ricetta e aveva presentato una serie di modifiche nel corso delle trattative con il Comitato.
Innanzitutto, ha proposto l’aggiunta di latte in polvere nella preparazione, ingrediente non previsto dalla ricetta originale (che vede unicamente cacao, nocciole e zucchero), ma che spesso viene usato, in particolare nella produzione industriale. In seguito, ha anche chiesto di abbassare dal 30% al 28% la percentuale minima di nocciole utilizzate.
Ha poi fatto un piccolo passo indietro, facendo sapere che l’intenzione non era quella di opporsi alla creazione di un marchio IGP, quanto quella di assicurarsi la continuazione della produzione dell'”Autentico Gianduiotto di Torino 1885″ basandosi sulla ricetta di Caffarel, ricorrendo al latte in polvere e usando meno nocciole.
Contattata di recente da tvsvizzera.it, la portavoce di Lindt Italia aveva dichiarato che “Caffarel condivide l’interesse della filiera a valorizzare una delle eccellenze della tradizione dolciaria piemontese, contribuendo così al prestigio del Gianduiotto in Italia e nel mondo”.
Stando a un lungo riassunto proposto dal portale gamberorosso.itCollegamento esterno, se non ci fosse stato Napoleone, (forse) non ci sarebbe mai stato nemmeno il Gianduiotto. Bonaparte impose il 21 novembre 1806 il Blocco Continentale, che rese molto difficile procurarsi il cacao, fondamentale per la produzione del cioccolato, già diventata uno dei marchi di Torino (a essere soprattutto diffuse all’epoca, erano, a dire il vero, le bevande a base di cacao). I mastri cioccolatai dovettero allora arrangiarsi ed ebbero l’idea di sostituire questa materia prima con le nocciole. Nel 1832 Paul Caffarel imparò a lavorare il cacao per farlo diventare cioccolato e più tardi suo figlio, Isidore, “entrò in società con l’industriale Michele Prochet, che ebbe la brillante intuizione di sostituire il cacao con la Nocciola Tonda Gentile delle Langhe finemente macinata; detto, fatto: nel 1852 i due imprenditori brevettarono la nuova ricetta, facendo schizzare alle stelle i margini di profitto della Caffarel-Prochet”. Bisogna aspettare il 1865 per arrivare alla forma del Gianduiotto (la “barchetta rovesciata”), rimasta da allora immutata. Una forma che da una parte richiama “l’ala del tricorno indossata come cappello dalla celebre maschera di Gianduja, protagonista del Carnevale piemontese” e dall’altra è ideale per conservare la morbidezza della pasta di nocciole, proteggendola dal calore.
Ora un accordo è stato raggiunto e – almeno su carta – dovrebbe soddisfare entrambe le parti: la produzione di Caffarel non cambia, mentre gli artigiani della città Piemontese avranno un disciplinare per produrre il Gianduiotto in maniera tradizionale.
“Per noi è una vittoria. Siamo felici di poter iniziare questo percorso di valorizzazione di un prodotto del territorio”, ha dichiarato il cioccolatiere Guido Castagna, prima di aggiungere: “Ci auguriamo che un giorno anche Caffarel possa aderire al disciplinare”.
Gli fa eco Gobino: “È il primo passo per dire che il Gianduiotto è un prodotto da custodire, celebrare e raccontare perché ha una storia. Oltretutto è l’unico prodotto che contiene un’altra IGP che è la nocciola del Piemonte”.
L’Indicazione geografica protetta è uno dei marchi che mirano a proteggere specialità regionali dalle contraffazioni e dalle modifiche di ricette che farebbero loro perdere l’autenticità. L’IGP “è un nome che identifica un prodotto (…) originario di un determinato luogo, regione o paese, alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità, la reputazione o altre caratteristiche e la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata” (fonte: sito del Ministero italiano dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foresteCollegamento esterno). Attualmente in Italia, che è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione europea, sono 257 i prodotti IGP. Gli altri marchi sono DOP ossia Denominazione di origine protetta (578 in Italia) e STG, Specialità tradizionale garantita (sono tre: la mozzarella, la pizza napoletana e l’amatriciana tradizionale).
Nella Confederazione, che non vanta la ricchezza culinaria italiana, anche a causa delle più ridotte dimensioni del suo territorio, le specialità DOP e IGP sono 41Collegamento esterno. Le DOP sono 25 (molti i formaggi) e quelle IGP sono 16 (tutti prodotti a base di carne, a eccezione di un dolce, la torta di kirsch di Zugo o Zuger Kirschtorte). Non esiste nessuna STG rossocrociata, invece.
Soddisfazione anche da parte della Regione Piemonte: “Un grande riavvicinamento tra le parti che non può che aiutare tutta la filiera”, ha detto il presidente del consiglio regionale del Piemonte, Stefano Allasia, che ha seguito la vicenda dall’inizio, “sentendo le ragioni di tutti, sia dei piccoli produttori che della Lindt, e coinvolgendo anche gli amministratori locali”. “Non parlerei né di vincitori e né di vinti”, aggiunge. “Ognuno ha messo in campo buon senso per evitare uno scontro dannoso e per raggiungere un accordo che aiuta tutti e continua a far grande il ‘Gianduiotto’ e il Piemonte”.
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