La scure dei risparmi minaccia la presenza svizzera a Venezia
La Fondazione Svizzera per la cultura Pro Helvetia ha annunciato che interromperà le sue attività nella sede veneziana di Palazzo Trevisan dal 2026. In forse vi è anche il futuro del prestigioso edifico, di proprietà della Confederazione. Le ventilate misure hanno provocato una levata di scudi. Del tema si discuterà anche durante il Locarno Film Festival.
Da oltre due decenni il secondo piano di Palazzo Trevisan a Venezia, una splendida dimora che si affaccia sul canale della Giudecca, è una delle vetrine più importanti della cultura svizzera all’estero.
Acquistato nel 1966 dalla Confederazione, ha ospitato per oltre trent’anni il Consolato elvetico. Nel 2000, in seguito alla ristrutturazione della rete diplomatica, è stato trasformato in Consolato onorario e in centro culturale, gestito dal 2002 al 2012 dall’Istituto svizzero di RomaCollegamento esterno, responsabile degli altri due fiori all’occhiello della Confederazione nella Penisola, ovvero Villa Maraini nella capitale e il Centro culturale svizzero di Milano.
Dal 2012 è gestito da Pro HelvetiaCollegamento esterno, fondazione di diritto pubblico interamente finanziata dallo Stato svizzero e responsabile, tra le altre cose, del padiglione elvetico alla Biennale di Venezia. Ogni anno, nei circa 140 metri quadrati della sala principale di Palazzo Trevisan degli Ulivi, la Fondazione Svizzera per la cultura organizza diversi eventi, in particolare in parallelo alla Biennale. Dal 2022, Pro Helvetia offre anche un programma di residenza ad artisti ed artiste (sei all’anno), che possono usufruire dell’alloggio nel palazzo, nonché di un sostegno finanziario.
Da qualche giorno, però, vi è fermento: Pro Helvetia ha confermato al SonntagsBlickCollegamento esterno di voler porre fine alle attività nella sede veneziana a partire dal 2026.
Un risparmio di circa 250’000 franchi annui
Il motivo: la Fondazione Svizzera per la cultura deve stringere i cordoni della borsa.
Nell’ambito del programma di risparmio 2024, il Governo ha operato una riduzione lineare del 2% delle spese della Confederazione in determinati ambiti, tra cui la cultura. Inoltre, i finanziamenti previsti dal Consiglio federale per la cultura nel quadriennio 2025-2028Collegamento esterno sono leggermente inferiori rispetto a quanto previsto in un primo momento, riassume Ursula Pfander, dell’ufficio comunicazione di Pro Helvetia.
Complessivamente si parla di 987 milioni di franchi, 14 in meno rispetto al piano iniziale . Di questa somma, 186,9 milioni di franchi dovrebbero andare a Pro Helvetia.
Bisogna però utilizzare il condizionale. Vi è infatti un’altra spada di Damocle che pende sulle finanze della Fondazione svizzera per la cultura. A fine giugno, nell’ambito dell’esame del messaggio sulla cultura 2025-2028, la competente Commissione del Consiglio nazionale ha auspicato una riduzione di 6,5 milioniCollegamento esterno per le attività all’estero di Pro Helvetia.
Interrompendo le attività a Palazzo Trevisan, Pro Helvetia risparmierebbe circa 250’000 franchi annui, tra costi operativi, attività artistiche e residenze, stando alle cifre comunicateci da Ursula Pfander.
Pro Helvetia dispone di diverse antenne all’estero per la promozione culturale. È presente in America del Sud (con cinque sedi decentralizzate), a Johannesburg, al Cairo, a Mosca, a Nuova Dehli e a Shanghai. Gestisce inoltre il Centro culturale svizzero di Parigi.
Non è noto per ora se le misure di risparmio toccheranno anche queste antenne. A una nostra precisa domanda su un eventuale ridimensionamento delle attività all’estero, Ursula Pfander ha indicato che “in considerazione delle discussioni in corso per quanto concerne i preventivi di bilancio, Pro Helvetia non può per ora fornire ulteriori informazioni”.
Palazzo in vendita?
Ma vi è di più. Oltre all’interruzione delle attività di Pro Helvetia, si paventa anche la vendita dei locali di Palazzo Trevisan. Nelle casse della Confederazione finirebbero verosimilmente alcuni milioni.
Il condizionale in questo caso è però d’obbligo, perché nulla è ancora stato deciso e non è giunta nessuna conferma ufficiale della volontà di Berna di separarsi da questo storico edificio. Inoltre, stando a quanto riportato dal BlickCollegamento esterno, il responsabile del Dipartimento federale degli affari esteri Ignazio Cassis intenderebbe far pressione sui suoi colleghi del Consiglio federale affinché ciò non avvenga.
Se la cessione del palazzo dovesse però concretizzarsi, la Svizzera perderebbe una vetrina prestigiosa. “Un simbolo – come lo ha definito dalle colonne del Corriere del TicinoCollegamento esterno l’ex presidente del Locarno Film Festival Marco Solari – che racconta i legami storici e culturali di Venezia con la Svizzera e il Ticino”.
Critiche non solo a sud delle Alpi
Il passo annunciato da Pro Helvetia e la paventata vendita di Palazzo Trevisan hanno provocato una levata di scudi: “Un errore imperdonabile”, “una decisione miope”, “una scelta poco lungimirante”, hanno commentato alcune personalità del mondo della cultura e della politica. Anche a nord delle Alpi si sono levate voci critiche. Ad esempio, l’ex consigliera nazionale zurighese del Centro Kathy Riklin ha parlato di una “stupidaggine”.
La consigliera di Stato ticinese Marina Carobbio si è da parte sua detta molto preoccupata per l’impatto che l’abbandono di Palazzo Trevisan avrebbe per l’immagine e il rilievo della cultura svizzera e ha dichiarato che ne parlerà con i consiglieri federali Ignazio Cassis ed Elisabeth Baume-Schneider (responsabile della cultura) durante il Locarno Film Festival. ““Abbiamo bisogno di una tavola rotonda per discutere del futuro di Palazzo Trevisan”, ha precisato dalle colonne del Blick.
Di scelta “improvvida” e “completamente incomprensibile” se Berna dovesse decidere addirittura di vendere il palazzo parla anche Giordano Zeli, presidente della Fondazione Svizzera Pro VeneziaCollegamento esterno, creata nel 1972 dal Consiglio federale dopo le inondazioni di sei anni prima che avevano devastato la città lagunare e tuttora attiva nel restauro di opere nella Serenissima, l’ultima in ordine di tempo la facciata della chiesa di San Stae.
“Se Venezia non è una priorità…”
“Credo che l’Italia, ma non solo l’Italia, il mondo culturale in generale, non capirebbero perché la Svizzera chiuda i battenti in una capitale della cultura europea e mondiale come Venezia. È normale che si fissino delle priorità, ma se Venezia non è una di queste…”, osserva Zeli.
Il presidente della Fondazione Svizzera Pro Venezia rileva anche il grande apprezzamento dei veneziani e delle autorità italiane per tutto ciò che viene organizzato a Palazzo Trevisan. “Durante l’ultima conferenza che abbiamo organizzato – sottolinea – era presente il prefetto, ovvero la più alta autorità dello Stato nella regione. È un segno di quanto si tenga in considerazione ciò che la Svizzera fa a Venezia”.
È altresì vero che Pro Helvetia continuerà a occuparsi dell’allestimento del padiglione elvetico alla Biennale, come conferma Ursula Pfander: “Investiamo e continueremo a investire risorse in Italia, che è il terzo mercato culturale per la nostra fondazione dopo la Germania e la Francia, sia attraverso piattaforme come la Biennale di Venezia, le fiere del libro di Bologna e Torino, la Milano Design Week, sia sostenendo ogni anno oltre 100 progetti culturali in tutto il Paese”.
Un palazzo che non vive solo grazie a Pro Helvetia
La presenza svizzera a Venezia ne uscirebbe comunque fortemente ridimensionata. L’anno scorso, sui 27 eventi pubblici proposti su una o più giornate a Palazzo Trevisan, 14 sono stati organizzati proprio da Pro Helvetia, mentre altri dieci dal Consolato generale svizzero di Milano e gli ultimi tre da terzi.
La speranza che Palazzo Trevisan continui a vivere non è però morta, anche proprio grazie agli sforzi del Consolato. “Chi fa vivere il centro culturale tutto l’anno e non solo durante il periodo della Biennale è soprattutto il Consolato, osserva Giordano Zeli. Anche la nostra fondazione organizza spesso delle conferenze e delle presentazioni”.
Se comunque Pro Helvetia dovesse confermare la sua decisione, “si troveranno altre vie – auspica Zeli – per mantenere viva questa presenza, magari più variegata ancora”.
“Non si può immaginare che Palazzo Trevisan degli Ulivi possa limitarsi a ospitare concerti, conferenze, incontri e qualche studioso svizzero che pernotta a Venezia”, ha dal canto suo sottolineato in un commentoCollegamento esterno pubblicato sul Corriere del Ticino Renato Martinoni, già membro del Consiglio di Fondazione di Pro Helvetia e professore invitato all’Università Ca’ Foscari di Venezia. “Bisogna trasformarlo, progressivamente ma in fretta, in un centro culturale, di studi, di convegni più dinamico e attivo”.
Il sasso lanciato nello stagno dalla Fondazione Svizzera per la cultura ha insomma avuto almeno un merito: accendere il dibattito sul futuro di un palazzo che in questi decenni ha ampiamente contribuito alla promozione culturale svizzera all’estero.
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