La Svizzera e il tabù dei salari
Nella Confederazione parlare apertamente del proprio salario spesso non è visto di buon occhio. E tra le aziende vige il principio del rispetto della sfera privata. Tuttavia, alcune di esse scelgono la trasparenza.
Quanto guadagni? Se da quanto mi hanno riferito alcuni amici questa domanda è quasi d’obbligo negli Stati Uniti, porla a chi vive e lavora in Svizzera (e sicuramente non solo in Svizzera ma in molti Paesi europei) rischia di raffreddare un po’ l’entusiasmo del proprio interlocutore. Di salario non si parla a meno di essere veramente in buoni – ma proprio buoni – rapporti d’amicizia.
Il rispetto della sfera privata è sacrosanto. Tuttavia, questo lodevole principio può anche causare speculazioni e gelosie tra colleghi e colleghe.
Una catena di ristoranti della Svizzera tedesca, che impiega oltre 1’000 persone, ha deciso di dare la possibilità a tutti i suoi dipendenti di chiedere in forma anonima l’ammontare del salario di tutti quanti: da quello di colui in fondo alla scala gerarchica, su su fino ai proprietari.
“Siamo un’impresa famigliare, e anche se abbiamo oltre 1’000 impiegati per noi è importante trattarli con rispetto. In questo senso la trasparenza e la giustizia salariare sono molto importanti”, spiega alla Radiotelevisione Svizzera Manuel Wiesner, co-proprietario della società Familie Wiesner Gastronomie.
Nell’azienda i salari sono calcolati con un software che prende in considerazione funzione, titolo di studio, anzianità professionale e altri criteri.
“Le condizioni sono le stesse per tutti, basate sull’esperienza o se si lavora a tempo fisso o a ore, e così via. Ed è positivo, così tutti possono sapere quanto guadagnano più o meno gli altri, e non ci sono invidie”, testimonia una dipendente.
La trasparenza si estende, come detto, anche ai proprietari, che guadagnano 250’000 franchi (240’000 euro) all’anno.
Del tema se ne sta appropriando anche la politica. Questo auspicio di maggiore trasparenza in materia di buste paga, potrebbe presto arrivare sui banchi del Parlamento. La consigliera nazionale dei Verdi Meret Schneider ha infatti annunciato che sta preparando un intervento sul tema. “Ciò permetterebbe di mostrare ai dipendenti qual è la differenza tra il salario più alto e quello più basso – ha affermato recentemente al quotidiano gratuito 20 MinutenCollegamento esterno. E per l’azienda potrebbe così valer la pena di ripensare le sue strutture salariali”.
La proposta non sembra però avere grandi possibilità di successo, perché anche all’interno dei partiti di sinistra non fa l’unanimità. Come rileva poi la sociologa dell’Università di Zurigo Katja Rost, intervistata da TicinonlineCollegamento esterno, “con il segreto bancario, la Svizzera ha una lunga tradizione per quanto riguarda la riservatezza sulle questioni di denaro. In generale, sembra che più una società è orientata alle prestazioni e al lavoro, meno alle persone piace parlare del proprio salario”.
Un’opinione in parte condivisa dal professore Gianluca Colombo, decano della facoltà di scienze economiche all’Università della Svizzera italiana, intervistato dalla Radiotelevisione Svizzera.
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