La Svizzera supera la prova dell’accoglienza profughi
In meno di tre mesi, più di 50'000 persone provenienti dall’Ucraina hanno cercato e trovato protezione in Svizzera. Si tratta della più grande ondata migratoria dopo la Seconda Guerra Mondiale.
In merito all’accoglienza in Svizzera dei profughi fuggiti dalla guerra scatenata in Ucraina, il sistema dell’asilo si è dimostrato resiliente, nonostante il forte afflusso in alcuni frangenti.
Parola della consigliera federale Karin Keller-Sutter che oggi, davanti ai media, ha presentato il bilancioCollegamento esterno a sui dire positivo della cooperazione tra la Confederazione, i Cantoni, i Comuni e le organizzazioni di aiuto umanitario.
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Tuttavia, ha spiegato la ministra di giustizia e polizia (DFGP), accompagnata per l’occasione da Nathalie Barthoulot, presidente della Conferenza delle direttrici e dei direttori cantonali delle opere sociali, le sfide e le incertezza per il futuro non mancano e per questo bisognerà rimanere all’erta (nonostante la calma relativa attuale, oltre 10 mila persone dovrebbero cercare protezione in Svizzera ogni mese in futuro, n.d.r).
Rimanere all’erta
Non solo perché non si sa come evolverà il conflitto in Ucraina e se saremo confrontati con una nuova ondata di profughi, ha spiegato la consigliera federale sangallese, ma perché bisognerà scolarizzare gli oltre 12 mila ragazzi fuggiti dal paese dell’Europa dell’est dopo l’invasione da parte dell’esercito russo lo scorso 24 di febbraio.
Keller-Sutter ha anche annunciato che farà valutare da esperti esterni lo statuto S di protezione concesso ai profughi – la prima volta dalla sua introduzione nella legislazione elvetica nel 1999 – che, entro la fine dell’anno in corso, dovrà valutarne l’applicazione e i problemi.
Evitare abusi, preservare solidarietà
In particolare, ha spiegato la titolare del DFGP, si studierà quando e come lo statuto può essere ritirato. Keller-Sutter ha affermato che diversi profughi ritornano in Ucraina per farsi un’idea della situazione in loco o per visitare parenti rimasti sul posto: in questo caso, si pensa di concedere due settimane per simili spostamenti. Rimarrà da stabilire se ogni trimestre o ogni sei mesi, ha aggiunto Keller-Sutter.
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Vi è poi il problema dei possibili abusi, un aspetto importante anche alla luce della grande solidarietà mostrata dagli Svizzeri e che sta a cuore a Keller-Sutter, la quale ha sottolineato di voler fare in modo che tale benevolenza non venga meno. Insomma, bisognerà fare in modo che chi lascia il Paese definitivamente non continui a ricevere gli aiuto sociali oppure che una persona che gode già dello statuto S in un altro paese non venga in Svizzera per opportunismo poiché meglio trattato qui che altrove. A tale proposito, la Commissione europea pensa di creare una banca dati per evitare questo genere di problemi e a cui lavori anche la Svizzera è associata, ha dichiarato la sangallese.
Risposta flessibile
Per quanto attiene al lavoro svolto finora, Keller-Sutter ha lodato la flessibilità e la prontezza mostrata sia della Segreteria di stato della migrazione, che ha potuto far capo a piani di emergenza già pronti dal 2016 ma mai applicati finora, sia dei cantoni che dei Comuni, senza dimenticare i molti privati che si sono messi a disposizione per fornire alloggio (circa 21 mila delle 25 mila persone alloggiate presso privati hanno trovato esse stesse una sistemazione, n.d.r) e le scuole, corpo insegnante incluso che si è fatto in quattro per scolarizzare i giovani ucraini.
Malgrado il forte afflusso – fino a 1800 entrate al giorno quando in media in un mese si registrano circa 1400 richiedenti asilo – in Svizzera di fuggitivi, il sistema non è collassato e, nonostante qualche difficoltà iniziale, è stato possibile aumentare i posti letto nei Centri federali di asilo in tempi ragionevoli – da 6 mila a 9 mila – e smaltire le moltissime richieste di protezione grazie ai sistemi informatici, ridistribuendo in seguito i profughi tra i Cantoni.
I problemi della ripartizione
Certo non sono mancati i problemi, in primis quello della distribuzione dei rifugiati fra i Cantoni dovuto anche al fatto che molti di loro avevano già dei contatti in Svizzera e si sono concentrati soprattutto nei centri come Zurigo o Berna, o dove la diaspora ucraina è presente da tempo, come in Ticino. Insomma, a certuni sono toccati molti più profughi di quanto prevede la chiave di ripartizione, ciò che ha suscitato qualche mugugno a causa dei costi che i Cantoni più gravati avrebbero dovuto accollarsi.
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Ebbene, da tre settimane la SEM ha corretto il tiro, facendo in modo che tutti ricevano il contingente di persone loro spettante. La SEM, ha però spiegato Keller-Sutter, cerca nel limite del possibile di venire incontro alle esigenze particolari dei singoli, specie se hanno già conoscenti o parenti pronti ad accoglierli o loro stessi hanno esigenze particolari. Dal canto suo la Confederazione versa ai cantoni per ogni singolo profugo 1500 franchi al mese, cui di aggiunge un forfait di 3 mila franchi per i corsi di lingua.
L’accoglienza dei profughi ucraini in Svizzera potrebbe costare alla Confederazione per quest’anno da 1,2 a 2 miliardi di franchi. Sono le prime stime del Consiglio federale che potrebbero variare a seconda degli sviluppi della guerra. La ministra di giustizia e polizia ha spiegato che tali stime si basano sul numero attuale di persone che sono giunte nella Confederazione (circa 50’000).
Il calcolo tiene conto del forfait ai Cantoni per ogni persona – 1500 franchi a testa e al mese – e tengono anche conto dei 3 mila franchi per persona una tantum per i corsi di lingua, cui si aggiungono forfait per l’amministrazione. Poiché tuttavia simili costi non erano previsti, queste spese vengono contabilizzate a parte come costi straordinari e non avranno conseguenze sugli altri compiti dello Stato, ha spiegato la consigliera federale.
Il fatto che moti profughi preferiscano i centri non riguarda solo la Svizzera, ma si tratta di un fenomeno registratosi anche in altri Stati come la Polonia (meta preferita Varsavia) o la Germania (Monaco, Berlino, ecc), ha affermato Keller-Sutter. Spesso i fuggitivi, con in testa le immagini del loro paese, pensano di rimanere isolati se indirizzati verso centri discosti, quando invece anche nelle campagne elvetiche si può far capo a una rete di collegamenti efficiente.
Nuova fase
Dal parte sua, Nathalie Barthoulot ha dichiarato che, dopo la prima fase della crisi caratterizzata da un grande sforzo da parte dei Cantoni e dei Comuni per dare un tetto sulla testa ai rifugiati, ora siamo di fronte a una seconda fase, contraddistinta dal bisogno di dare una prospettiva a queste persone, specie i giovani che vanno a scuola, ma anche i meno giovani nella ricerca di una formazione professionale o di un lavoro.
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Bisogna fare in modo, ha sottolineato Barthoulot, che il periodo di permanenza in Svizzera non vada sprecato. I datori di lavoro, che vorrebbero approfittare di questa manodopera, sono tuttavia preoccupati per la mancanza al momento di sicurezza circa lo statuto di queste persone.
Per questo motivo, ha spiegato la consigliera di stato giurassiana, ben venga l’idea della responsabile del DFGP di sottoporre ad analisi lo statuto di protezione sia per trovare soluzioni a questo problema, sia per cercare un denominatore comune in fatto di aiuti sociali. In questo campo, ha spiegato la ministra giurassiana, vi sono differenze fra Cantoni anche notevoli in merito a tipo di aiuti e ammontare.
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