La Swisscoy deve restare in Kosovo sino a fine 2026
Il contingente svizzero della KFOR è presente in Kosovo dal 1999.
Keystone / Jean-christophe Bott
Il Consiglio degli Stati ha deciso a larga maggioranza di prorogare il dispiegamento del contingente di pace svizzero in Kosovo, il cui mandato scadrà a fine anno, e di concedergli un certo margine di manovra in termini di personale.
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tvsvizzera.it/mar con agenzie
La presenza della Kosovo Force (KFOR) rimane necessaria in questo Paese a causa della fragilità della situazione, ha sottolineato l’esponente dell’Alleanza del Centro Andrea Gmür-Schönenberger, a nome della commissione della politica di sicurezza.
È nell’interesse della Svizzera proseguire l’impiego della Swisscoy, integrata nella KFOR, in particolare per questioni di sicurezza, ha proseguito la consigliera agli Stati.
Il parlamentare del Partito liberale radicale (PLR) Thierry Burkart ha dal canto suo evocato la grande diaspora kosovara in Svizzera. Un conflitto armato nei Balcani potrebbe far fuggire migliaia di persone. “Flussi di rifugiati sarebbero un compito gigantesco per le nostre autorità”, ha dichiarato il presidente del PLR, aggiungendo che un ritiro elvetico dal Kosovo non sarebbe compreso dai partner internazionali.
La ministra della difesa Viola Amherd ha invece rilevato che le “tensioni persistono”, malgrado la situazione sia relativamente “calma e stabile”.
La proroga del mandato della Swisscoy, che scade a fine 2023, e la possibilità di aumentare l’effettivo del contingente di al massimo 30 militari sono stati approvati con 33 voti contro due e due astenuti dalla Camera alta del Parlamento. Sul tema deve ancora pronunciarsi il Consiglio nazionale.
In Kosovo dal 1999
Presente in Kosovo dal 1999, la Swisscoy comprende attualmente un massimo di 195 soldati e soldatesse volontari. Agli inizi, il contingente svizzero era una compagnia logistica non armata, e ha adattato in seguito i compiti e gli effettivi ai bisogni della KFOR. Il numero di militari ha subito fluttuazioni nel corso degli anni: nell’aprile 2018 sono passati da 235 a 190, e nell’ottobre 2019 a 165.
Se il Consiglio Nazionale si allineerà alla decisione degli Stati, il numero di effettivi potrà essere adattato in modo molto più rapido a seconda delle esigenze.
Il budget per il 2023 della Swisscoy ammonta a poco meno di 41 milioni di franchi.
Piano di normalizzazione in vista
Il dibattito al Parlamento svizzero avviene nel momento in cui Kosovo e Serbia stanno discutendo sulla proposta dell’Unione Europea per un accordo al fine di normalizzare le relazioni tra i due Paesi.
Al termine di un incontro martedì tra il presidente serbo Aleksandar Vucic, il premier kosovaro Albin Kurti e l’alto rappresentante UE Josep Borrell, quest’ultimo ha dichiarato che “sono stati compiuti progressi, ma che è necessario altro lavoro”.
Nel testo dell’accordo, presentato lo scorso 27 settembre, la Serbia non riconosce il Kosovo come Stato indipendente ma le due parti accettano la reciproca legittimità di “documenti e simboli nazionali, inclusi passaporti, diplomi, targhe e timbri doganali”. Belgrado, inoltre, “non si opporrà all’adesione del Kosovo ad alcuna organizzazione internazionale”. Un punto rilevante quest’ultimo se si considera che finora la Serbia ha fatto affidamento su Russia e Cina per impedire l’adesione di Pristina alle Nazioni Unite. D’altro canto, la formula contiene l’impegno a “garantire un livello di adeguata autogestione della comunità serba in Kosovo” e a “formalizzare lo status della Chiesa ortodossa serba in Kosovo”, offendo “un forte livello di protezione ai siti del patrimonio religioso e culturale serbo”.
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