Le centrali di pompaggio non sono più così redditizie
Le centrali di pompaggio, fino a pochi anni fa reputate fondamentali per la produzione di energia in Svizzera, ora sono considerate poco redditizie.
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tvsvizzera.it/mrj
Negli ultimi anni in Europa c’è stato un boom della produzione di energia eolica e fotovoltaica. Boom che ha spinto i prezzi dell’elettricità al ribasso. Talmente al ribasso che è ormai in dubbio la redditività d alcune centrali di pompaggio elvetiche.
Una di queste, che non è ancora stata completata, si trova a Nant de Drance, nel basso Vallese ed è uno dei cantieri del secolo: con una sala turbine grande come due campi di calcio, 18 chilometri di gallerie nella roccia e due miliardi di franchi d’investimento, sarà in funzione l’anno prossimo.
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Un’altra, la cui costruzione non è ancora iniziata, è quella che dovrebbe collegare il Lago Bianco, sul passo del Bernina, con il lago di Poschiavo. Repower, in possesso di tutti i permessi, preferisce però aspettare. La ragione? “Quando all’epoca si è iniziato a mettere in piedi il progetto del Lago Bianco, i prezzi della corrente erano più alti. Oggi sono molto volatili e con una volatilità così alta è molto difficile investire in un progetto che durerà 80 anni”, spiega alla RSI il responsabile della comunicazione di Repower Thomas Grond.
Eppure, anche con questo boom, le centrali di pompaggio potrebbero tornare utili grazie al loro funzionamento. Queste strutture collegano due laghi: quando sole e vento forniscono molta corrente, le centrali pompano l’acqua verso l’alto e immagazzinano così energia. Quando sole e vento mancano (e quindi centrali eoliche e pannelli fotovoltaici non possono produrre niente), si turbina l’acqua per produrre l’elettricità.
Sulla carta, quindi, questi impianti servono: ne è convinto Thomas Grond. Ma costruirli oggi sarebbe fallimentare: “Quello che ci serve è una certa sicurezza – per esempio da parte dello Stato – per poter investire” in queste strutture, spiega. Sarebbero per esempio ipotizzabili dei crediti di costruzione a interessi zero o una copertura dei costi della corrente prodotta. La questione ora è capire se lo Stato voglia o meno sovvenzionare la costruzione di quelle che alcuni anni fa venivano chiamate le batterie delle Alpi.
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