Tre settimane. È questa la finestra di tempo che governo italiano e maggioranza si sono dati per riuscire ad approvare la riforma della legge elettorale anche in Senato. Incassato il via libera della Camera, il Rosatellum passerà ora all'esame di Palazzo Madama dove si conta su un iter sprint in commissione Affari costituzionali: appena tre giorni di lavoro già la prossima settimana, in modo da approdare in Aula subito dopo il 20 ottobre.
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tvsvizzera.it/fra con RSI
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Data entro la quale però, la manovra dovrebbe essere presentata in Parlamento (tra l’altro quest’anno l’esame parte proprio dal Senato) ma anche qualora il calendario dei conti pubblici fosse rispettato e la sessione di Bilancio, durante la quale si blocca l’esame dei provvedimenti che comportano spese, si fosse ufficialmente avviata, la legge elettorale potrà andare avanti. A sigillare il fatto che la riforma del sistema di voto non comporta oneri c’è infatti un emendamento votato a Montecitorio che mette nero su bianco l’assenza di costi per le casse dello Stato.
E così se il cammino dovesse procedere senza imprevisti, l’Aula del Senato potrebbe essere in grado di approvare la nuova legge elettorale anche prima delle elezioni siciliane, che si terranno il primo weekend di novembre. Un obiettivo al quale puntano le forze politiche che vogliono mettere al riparo il Rosatellum da eventuali ripercussioni dovute all’esito del voto regionale.
Si tratta ovviamente di un timing che non contempla nuove modifiche alla legge elettorale. E che secondo molti, fa già intravedere una nuova fiducia al Senato; una scelta che non piace all’ex presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano che ha puntato il dito contro le limitazioni che così subiscono i parlamentari. I numeri della maggioranza a Palazzo Madama sono sempre in bilico ma grazie al sostegno, anche indiretto, di Forza Italia e della Lega e considerando il fatto che non è necessario raggiungere la fatidica quota 161, vale a dire la maggioranza assoluta dei senatori, si può immaginare che il risultato sia a portata di mano. Tanto più che secondo il regolamento del Senato vi sarebbe un unico voto finale e non vi sarebbero voti segreti.
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