‘Magnifica’, una saga tutta matrilineare
Maria Rosaria Valentini, scrittrice e poeta, è tra gli autori di lingua italiana invitati alle Giornate Letterarie di Soletta, in corso fino a domenica. Nata e cresciuta nel Lazio, ha concluso i suoi studi a Berna e si è infine stabilita con la sua famiglia vicino a Lugano. Il suo ultimo romanzo, 'Magnifica', è pubblicato da Sellerio.
Le prime immagini di Maria Rosaria Valentini nell’archivio della Radiotelevisione svizzera RSI la mostrano in una trasmissione pomeridiana, mentre propone un “mini corso di invenzione di fiabe”. Aveva in effetti esordito, a metà anni Novanta, come scrittrice nuova di favole nuoveCollegamento esterno.
Non molto dopo quegli incontri con i piccoli spettatori, nel 2003, pubblica ‘Nomi cose città fiori’; qui l’infanzia è la sua, e ne fissa alcune immagini perché il vento non le disperdaCollegamento esterno.
I lettori le si affezioneranno presto, in particolare con i romanzi editi da Capelli a Mendrisio (‘Quattro mele annurche’, ‘Antonia’). Nel 2013 pubblicherà con Keller (editore trentino che ha in catalogo altri svizzeri, come Arno Camenisch) ‘Mimose a dicembre’.
‘MagnificaCollegamento esterno‘ (Sellerio, 2016) è una storia familiare che attraversa tre generazioni. Eufrasia, moglie infelice dell’immediato dopoguerra, è madre di Ada Maria, che invece sceglie il suo amore. Ne resterà vedova prima di poterlo sposare, ma darà alla luce Magnifica, cui è affidato il compito di raccontare questa saga.
A legare tre generazioni è anche una quarta figura femminile, Teresina. È l’amante di Aniceto, padre di Ada Maria; di quest’ultima diventa confidente e forse un po’ madre, e a Magnifica lascerà tutto quel che ha.
Tvsvizzera.it: Una saga “tutta matrilineare”, dice il risvolto di copertina di ‘Magnifica’. Ma non è la prima volta che intitola un suo romanzo col nome della protagonista. E leggendoli pare che matrilineare, al di là dei singoli racconti, sia più in generale il tramandare storie.
Maria Rosaria Valentini: “Probabilmente sì, perché le donne sono dotate di maggior pazienza e nel passato avevano anche una gestione diversa del tempo. All’interno del circuito intimo e familiare avevano il possesso della parola. Molto spesso, nei miei lavori, il racconto è affidato alle donne. Ma anche per un’altra ragione: la mia ferma volontà di dare dignità alla voce femminile. Una dignità che viene continuamente sottratta, in tutti gli ambiti, in ogni tempo e al di là della geografia. Ovunque”.
Nondimeno, nel romanzo si nota un’evoluzione: nonna Eufrasia subisce, viene scelta; Ada Maria comincia invece a compiere delle scelta e Magnifica, la terza generazione, raggiunge piena consapevolezza di sé.
M.R.V.: “Sì, queste figure femminili seguono la spirale di un’evoluzione positiva, e Magnifica è soltanto l’anello di una catena ma rappresenta il futuro, ciò che è ancora fattibile, e soprattutto ciò che si può ancora sperare. Non soltanto nell’ambito femminile. Nell’umanità.”
La storia è fortemente segnata da assenze e perdite. Si apre con un riferimento ad Andrea, figlio di Magnifica, che non c’è più. Poco dopo assistiamo alla morte di Eufrasia. Nel cuore del racconto, Ada Maria rimane vedova prima ancora di essere sposa. In tutto questo, suo fratello Pietrino è il becchino che si prende cura del cimitero.
M.R.V.: “Il romanzo è stato definito da molti un romanzo ‘gotico’. Nelle mie intenzioni c’era rendere partecipe la morte che noi tanto spesso scacciamo. Scansandola, fingiamo di essere più forti. In realtà, più la elaboriamo e più diventiamo forti, meno vulnerabili, meno fragili. Nella morte è anche racchiuso tutto un senso legato all’attesa, al vuoto, e il libro è una meditazione sull’attesa e sul vuoto che si colma e improvvisamente diventa pieno, attraverso il lavoro di ricerca interiore che fanno i personaggi.”
Personaggi che sono circondati da una natura che scandisce il racconto. In un certo senso sopperisce alla mancanza di riferimenti geografici (si dice che ci troviamo, genericamente, sull’Appenino) e temporali (un’unica data: la nascita di Pietrino).
M.R.V.: “La natura è molto forte perché è compartecipe dei sentimenti umani. La natura è la nostra guida, sempre. Spesso noi ce ne dimentichiamo, pensiamo di poter concorrere, di poter superare o scavalcare la natura. In realtà, la natura è il nostro orizzonte, ciò che armonizza il nostro camminare.”
Due domande su Maria Rosaria Valentini. È nata e cresciuta in Italia, ha vissuto per qualche anno a Berna e si è infine stabilita “a metà strada”, nella Svizzera italiana. Ha pubblicato con editori svizzeri e italiani. Cos’è per Lei la frontiera?
M.R.V.: “La frontiera è l’equilibrio, è ciò che mi tiene in piedi. È la possibilità di guardare di qua e di là, il riuscire ad avere una curiosità aggiunta, una voglia di comparare ciò che forse è andato perso, ma è stato coperto da altri elementi che hanno contribuito al mio sviluppo, alla mia crescita come persona. È anche la voglia di guardare la nostalgia, ciò che dell’Italia mi manca, ma non in una maniera folcloristica. Parlo ad esempio degli odori, delle esperienze dell’infanzia che inevitabilmente restano dentro ogni essere umano e me li porto dentro, sono miei.”
Cosa mi dice dell’italiano? Lei, peraltro, è nota per la ricercatezza del suo linguaggio e il suo essere “innamorata, inebriata” della lingua. È un periodo in cui l’italiano in Svizzera desta preoccupazione, perché perde spazio nell’insegnamento.
M.R.V.: “La preoccupazione è giusta perché lo spazio viene sempre sottratto, all’italiano, non è un fenomeno recente. C’è una ricchezza all’interno di un paese così vivace e pieno di differenze. Mi pare il colmo andare a sottrarre quella che io vedo come una ricchezza e che comunque è una parte vitale del paese. Se in Svizzera non si parlasse l’italiano, il discorso sarebbe diverso.”
“Più in generale, l’italiano è bistrattato e dimenticato, e ovviamente, come ogni lingua, si adegua al passo del tempo. Non ci possiamo esprimere in maniera ottocentesca se scriviamo un sms. Dobbiamo essere rapidi se scriviamo una mail. Però se scriviamo un romanzo, perché non andare a riscoprire quella plasticità, quella ricchezza, quel piacere che viene dallo spettro lessicale e grammaticale, dalle sonorità? È sorprendente, l’italiano! Io mi perdo, all’interno della mia lingua madre e voglio tenermela stretta, voglio difenderla.”
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