Matera 2019, cosa resta di un sogno
Capitale europea della cultura per il 2019, la città dei sassi ha risentito come tutte della pandemia di coronavirus e si è temuto che l'evento non avrebbe avuto quell'impatto a lungo termine tanto sperato. Invece, Matera è tornata a riempirsi di turisti.
Piazza Vittorio Veneto a Matera è piena di turisti, come non se ne vedevano da prima della pandemia, quando il mondo intero si fermò. La piccola Matera – capoluogo di provincia lucano di poco più di 60’000 abitanti – dello stop forzato al turismo ne aveva risentito assai più di altre città italiane ed europee. Se non altro perché qui i turisti sono arrivati da poco. Da quando nel 2014 fu scelta come Capitale europea della cultura per il 2019.
La nomina della piccola città del profondo Sud destò l’interesse di milioni di persone in Italia e all’estero. Così dal 2014 l’ondata di interesse turistico per Matera crebbe inesorabilmente fino ad arrivare al 2019, l’anno dei grandi eventi culturali, quando la città lucana ospitò un milione di turisti.
La pandemia che arrivò pochi mesi dopo la fine degli eventi legati alla Capitale della cultura fece temere il peggio. La paura era che, una volta ritornati alla normalità, il mondo si fosse dimenticato delle bellezze della città dei Sassi.
Per fortuna, però, non sta andando in questo modo. Matera è tornata a riempirsi di turisti e sta vivendo la sua seconda rinascita nel giro di un secolo dopo quella degli anni Ottanta. Anzi, forse la stessa designazione a Capitale europea della Cultura rappresenta l’ultimo atto di un processo iniziato diversi decenni fa.
Da città simbolo del degrado al centro culturale del Continente
Nel mondo Matera è sempre stata conosciuta per il suo centro storico: i celebri Sassi. Si tratta di due quartieri – Sasso Caveoso e Sasso Barisano – famosi perché formati da edifici rupestri scavati nella roccia della Murgia Materana.
Ma esiste un secondo motivo per cui Matera è unica al mondo: perché quegli edifici e le zone circostanti sono abitati dall’essere umano ininterrottamente da più di 10’000 anni, facendo di Matera la terza città più vecchia del mondo (dopo Gerico in Palestina e Aleppo in Siria).
Altri sviluppi
L’uomo cresciuto nei Sassi
Nel corso dei secoli i caratteristi Sassi sono stati considerati – alternativamente – simbolo positivo o negativo della città.
Nel Settecento, scavati direttamente nella roccia della Murgia materana a strapiombo lungo il torrente Gravina, essi venivano considerati un esempio di integrazione perfetta tra uomo e ambiente. Già nell’Ottocento, però, soprattutto con l’aumento esponenziale della popolazione, i Sassi divennero simbolo dell’arretratezza contadina della terra lucana. Dopo l’unificazione della Penisola essi furono considerati “vergogna nazionale”.
Fu così per più di un secolo e mezzo. Nel 1948 Palmiro Togliatti prima e Alcide De Gasperi poi apriranno la questione dei Sassi materani dove parevano condensarsi tutti i vizi dell’arretratezza meridionale.
Nel 1952 furono stanziati i primi fondi per costruire la città nuova, quartieri residenziali all’esterno del centro storico. Nel tentativo di spostare oltre 15mila persone fuori dalle case-grotta dei Sassi, nacque una Commissione per lo studio della città e dell’agro di Matera formata da urbanisti, storici, demografi, economisti, sociologi e addirittura paleoetnologi. L’obiettivo era quello di creare dei quartieri moderni che però fossero in gradi di riproporre il più fedelmente possibile lo stile di vita tipico dei Sassi.
La vera svolta, però, avviene negli anni Ottanta. Nel 1986 fu varata dal Parlamento una legge speciale per Matera invertì la rotta degli interventi fino a quel momento portati avanti: non più il trasferimento dei materani dai Sassi ai quartieri nuovi, ma il restauro delle case-grotta all’interno dei Sassi così da lasciare i materani nel luogo in cui avevano vissuto per migliaia di anni rendendo però possibile uno stile di vita assai più moderno.
Questo fu il primo passo della rinascita di Matera. Nel 1993 i Sassi di Matera vengono dichiarati Patrimonio Unesco dell’Umanità.
Infine nel 2014 arriva la designazione a Capitale europea della Cultura per il 2019.
In un’ottica storica più ampia, dunque, diventa chiaro quanto la pandemia sia stata solo un incidente di percorso di quella che è una lunga, inarrestabile, corsa verso la rinascita.
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