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Messner, il conquistatore dell’inutile

Reinhold Messner in una foto del 2018.
Reinhold Messner: "Non sono un esploratore, per quello bisogna studiare. Io ho vissuto delle avventure". Keystone / J.l.cereijido

Intervista al celebre alpinista che racconta la sua amicizia con Walter Bonatti, il suo rapporto con la montagna e il suo concetto di avventura.

“In tutto il mio fare, sono rimasto il conquistatore dell’inutile”. Ci risponde così Reinhold Messner quando gli chiediamo cosa ha cercato durante tutte le sue spedizioni ed esplorazioni. “Non ero un esploratore”, continua, “per essere esploratori bisogna studiare, io ho vissuto un’avventura”. E ascoltando i suoi racconti, non è difficile credergli.

Primo uomo al mondo ad aver scalato tutti i 14 ottomila himalayani senza ossigeno, Messner ha fatto la storia dell’alpinismo. Ma non solo, si è messo alla prova attraversando da solo e a piedi l’Antartide e “deserti di ghiaccio e di sabbia”, in un periodo dove mai nessuno prima di lui ci aveva tentato.

Una vita quindi di prime assolute, segnata anche da incidenti, il più importante sul Nanga Parbat, dove perse la vita il fratello Günther, e dallo studio dei popoli della montagna, trasformato negli anni in un’esperienza museale in continuazione evoluzione.

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E poi, tema dell’incontro che c’è stato nel mese di giugno al Palazzo dei Congressi di Lugano organizzato dall’Associazione Mani per il Nepal, l’amicizia con un altro grande alpinista italiano, Walter Bonatti. Insieme hanno condiviso esperienze e un certo atteggiamento nei confronti della montagna. “Bonatti è stato l’alpinista chiave degli anni Cinquanta-Sessanta”, ci spiega, “a me ha dato una sorta di direzione per il mio modo di fare alpinismo”. “Vorrei mettere sullo schermo la storia di Bonatti e la conquista del K2”, ci confida. “Ho tanti ancora progetti in cantiere, ho vissuto tante vite, spero di viverne ancora altre”.

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