Morti sul lavoro in aumento durante la pandemia
Covid e incidenti fanno lievitare le vittime sul lavoro in Italia. In Svizzera si assiste invece a un aumento pluriennale delle patologie professionali.
Nell’ultimo anno si è assistito a un incremento dei morti sul lavoro in Italia, una tendenza che sembra essersi rafforzata con la pandemia.
Se infatti alcune categorie di salariati hanno potuto beneficiare del telelavoro, riducendo così ad esempio gli incidenti che possono avvenire nel tragitto effettuato per recarsi in ufficio o in fabbrica, il Covid-19 è all’origine di un quarto degli infortuni sul lavoro e di un terzo dei decessi conteggiati nel 2020.
E in Svizzera? Nella Confederazione la raccolta dei dati sui decessi non è aggiornata in tempo reale nelle statistiche ufficiali dal momento che i singoli casi sono oggetto di un’indagine approfondita per questioni di natura assicurativa prima di venire classificati.
Ma nel contesto internazionale, come vedremo (per lo meno nei confronti di diversi paesi vicini), le cifre dei tragici eventi in ambito professionale sono leggermente superiori, indice questo del fatto che ci sono comunque margini per intervenire e migliorare la situazione.
Più morti sul posto di lavoro, meno sul tragitto di casa
Per tradurre in numeri quanto descritto finora si possono evidenziare un paio di elementi. L’anno passato i morti per cause professionali nel Belpaese sono stati 1’270, vale a dire il 16,6% in più rispetto al 2019, secondo quanto ha reso noto l’Inail: sono quindi tre (3,47 per la precisione) al giorno. In totale sono stati 1’173 nel 2016 e 1’168 l’anno successivo, ma a preoccupare è soprattutto l’aumento dei decessi che rientrano nella categoria “in occasione di lavoro”, passati da 783 a 1’056 (+34,9%) mentre quelli avvenuti sul percorso che conduce al posto di impiego (“in itinere”) sono scesi, verosimilmente per il lockdown, da 306 a 214 (-30,1%).
Tendenze che sembrano confermate dalla statistica dei primi tre mesi del 2021 in cui sono stati denunciati 185 decessi, 19 in più rispetto all’anno precedente (+11,4%). Significativo a questo proposito, in relazione al particolare momento che stiamo vivendo, l’aumento del 75% nel settore sanità e assistenza sociale. Nello stesso periodo le comunicazioni di infortunio sono leggermente regredite dell’1,7% a 128’671.
Nel primo trimestre sono aumentati del 75% i decessi professionali nel ramo sanità e assistenza sociale in Italia.
In Svizzera il numero di vittime del lavoro per incidente o malattia professionale da un decennio si mantiene generalmente attorno ai 200 casi all’anno. Dalla metà degli anni ’90 si sono dimezzati gli episodi letali attribuiti ad incidenti, ma sono cresciuti quelli provocati da patologie, che sono divenuti dal 2007 la principale causa di decesso, a causa soprattutto dell’amianto.
Incremento degli infortuni nel primo trimestre
Non si hanno dati aggiornati sui decessi, come accennato sopra, nel 2020 e nel primo trimestre di quest’anno, dal quale si può trarre solo l’evoluzione degli infortuni professionali, che hanno segnato comunque un incremento dell’11,6% a 71’083 rispetto al 2020.
Un trend molto parziale che va sicuramente contestualizzato ma che può dare adito a qualche riflessione. “A complicare il quadro in Svizzera è l’esistenza di due leggi, quella sul lavoro e quella sull’assicurazione contro gli infortuni che trattano spesso le stesse materie”, ci dice Daniel Stuber, portavoce di Safe at work, l’organizzazione responsabile delle campagne di prevenzione della Segreteria di Stato dell’economia (Seco) e dei cantoni.
Questa coesistenza è fonte di “discussioni sull’interpretazione e coordinamento delle varie norme” e contribuisce a creare incertezza in questo delicato ambito. “Quando ad esempio gli ispettori del lavoro trovano operai privi di calzature a norma nascono spesso discussioni” su chi – dipendente o datore di lavoro – debba garantire l’uso del materiale prescritto dalle disposizioni sulla sicurezza.
Non tutti i decessi appaiono nelle statistiche ufficiali
Vi è poi un secondo aspetto, aggiunge Daniel Stuber, che non aiuta delineare in modo reale il fenomeno: in certi rami economici vi è la presenza pronunciata di di imprese indipendenti. “In agricoltura l’85% dei lavoratori sono autonomi che non sono contemplati nelle cifre ufficiali dei dipendenti: nel 2020 ci sono stati 28 mortiCollegamento esterno in questo ramo ma le statistiche ne indicano solo 4 o 5 e questo non consente di avere una fotografia precisa e reale della situazione in Svizzera”, rileva il consulente di Safe at Work.
“La coesistenza di due leggi, quella sul lavoro e quella sull’assicurazione contro gli infortuni, nell’ambito della prevenzione degli infortuni professionali è fonte di dubbi interpretativi e discussioni”
Daniel Studer, Safe at Work
Per cercare di comprendere le peculiarità del fenomeno può essere utile confrontare le statistiche pluriennali a livello internazionale che però, a seconda degli istituti presi in considerazione, presentano basi di calcolo difformi: tuttavia le tendenze vengono spesso confermate.
In proposito l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo)Collegamento esterno stima in 1,3 infortuni fatali (quindi senza indicazioni sulle malattie professionali) ogni 100’000 lavoratori in Svizzera, 2,6 in Francia, 2,4 in Italia, 1,0 in Germania, 0,8 nel Regno Unito e 5,3 negli USA.
L’istituto eurostatCollegamento esterno (2018) indica invece 1,98 decessi ogni 100’000 addetti in Svizzera, 2,7 in Italia, 3,7 in Francia, 1,00 in Germania e 1,6 nel Regno Unito. Piccole variazioni ma gli ordini di grandezza sono sostanzialmente confermati.
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