Ristorni frontalieri, no di Berna a trattative con Roma
Il governo svizzero non intende seguire il Canton Ticino dove si sono moltiplicate le prese di posizione favorevoli a vincolare i cosiddetti ristorni – la quota delle imposte versate dai lavoratori frontalieri destinata all'Italia – alla realizzazione di opere per potenziare la mobilità al confine.
Lo ha esplicitamente reso noto ieri Berna in risposta a una mozioneCollegamento esterno depositata in giugno in Consiglio nazionale nella quale il parlamentare ticinese Marco Romano chiedeva di aprire trattative con l’Italia per il finanziamento congiunto di infrastrutture utilizzando i ristorni.
Sul tema lo stesso consigliere nazionale del Partito popolare democratico aveva depositato anche un’interpellanza in merito alla quale il Consiglio federale aveva già spiegato come gli accordi bilaterali non contemplano la facoltà per le autorità elvetiche di partecipare alle decisioni relative all’impiego di questo tipo di compensazioni finanziarie.
Esiste una dichiarazione di intenti in merito
Spetta infatti unicamente all’Italia progettare le proprie infrastrutture, aveva evidenziato l’esecutivo. E nella risposta di ieri Berna ribadisce la sua contrarietà ad aprire trattative con Roma sull’argomento. In proposito però il governo precisa che esistono varie possibilità per il cantone Ticino di intervenire attivamente in questo ambito specifico.
Esiste infatti una dichiarazione di intenti concernente la cooperazione bilaterale nella realizzazione di opere di potenziamento delle infrastrutture ferroviarie e dei servizi di trasporto entro il 2020, firmata nel dicembre del 2012, che dovrà essere aggiornata tenendo conto anche dei rilievi espressi dalle autorità ticinesi.
Gruppi di lavoro transfrontalieri
In applicazione di questo documento, sottolinea sempre il governo, sono già stati sottoscritti due accordi bilaterali e creati cinque gruppi di lavoro che vedono la partecipazione anche di rappresentanti ticinesi. Ed è a questo livello che andrebbero discusso il finanziamento di infrastrutture transfrontaliere di valenza locale.
Inoltre i ristorni, vale a dire la quota del 38,8 per cento delle imposte dei frontalieri (riscosse alla fonte dal fisco cantonale) spettano in base all’accordo italo-svizzero del 1974 alle Regioni e ai Comuni italiani di confine ed è quindi “con questi enti che bisognerebbe eventualmente cercare il dialogo sul tema”, rileva l’esecutivo.
Da ultimo vi sarebbe anche la possibilità, nell’ambito del Programma traffico d’agglomerato (PTA), “di sostenere misure infrastrutturali per la promozione della mobilità sostenibile all’estero”. Ma in questo caso la fonte di finanziamento non potrebbero essere i ristorni dei frontalieri e bisognerebbe attingere ad altri cespiti (tra i quali l’imposta sugli oli minerali).
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