La storia della tragedia della Moby Prince va riscritta. Questo è quanto sembra emergere dall’attività della commissione parlamentare d’inchiesta che il mese scorso ha concluso i suoi lavori ribaltando gli scenari disegnati dalle inchieste che si sono succedute in questi 27 anni.
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tvsvizzera/spal con RSI (TG del 21.1.2018)
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Secondo una testimonianza cruciale – quella di Guido Frilli che assistette a tutta la scena dal balcone di casa sua – che non è stata presa in considerazione a suo tempo dagli inquirenti, quando il traghetto speronò la petroliera ormeggiata nella rada del porto di Livorno la sera del 10 aprile 1991 non vi era nebbia. Una circostanza che in precedenza era stata ritenuta all’origine della collisione e che avrebbe ostacolato gli interventi dei soccorritori.
Ma dalle risultanze della nuova indagine affiorano anche altri particolari. Le 140 persone a bordo della Moby Prince non morirono nel rogo nei 20 minuti successivi all’impatto, la loro agonia fu più lunga. E soprattutto i soccorsi coordinati dalla capitaneria di porto, che in 25 minuti misero in salvo l’equipaggio dell’Agip Abruzzo, si avvicinarono al traghetto in fiamme solo ore dopo.
La serie di interrogativi svelati dalla relazione potrebbero quindi estendere le responsabilità della tragedia alla compagnia di linea, alle autorità portuali e all’Agip-Eni, proprietaria della petroliera, responsabilità che finora erano state addossate unicamente al comandante del traghetto Ugo Chessa, anch’egli perito nel disastro. La procura alla quale sarà trasmesso il fascicolo sarà chiamata a integrare questi elementi messi in luce dalla Commissione parlamentare, istituita nel 2015.
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