20 anni di carcere per aver ucciso la cognata
"La colpa è oggettivamente gravissima. Con il suo agire è andato a privare una persona del bene più prezioso che ha: la vita. L'ha attaccata da tergo. E particolare assenza di scrupoli emerge anche dal fatto che dopo quanto successo ha continuato ad ingannare le persone a lui vicine facendo credere che Nadia fosse ancora viva”, ha affermato il giudice Amos Pagnamenta nella lettura della condanna.
“Sconcertante, il fatto che in quel frangente egli abbia trovato la freddezza di rubare dal portafoglio dei soldi e che sia riuscito poi a consumare e mangiare un hamburger e tornare dopocena a casa della vittima perché aveva dimenticato una porta aperta”, ha aggiunto il giudice.
La storia
Michele Egli doveva rispondere della morte di Nadia Arcudi. L’ex collaboratore informatico della SUPSI è stato rinviato a giudizio con l’accusa principale di assassinio per aver ucciso la sera del 14 ottobre del 2016 sua cognata, 35enne e maestra delle elementari a Stabio, per poi abbandonarne il corpo in un bosco a Rodero, a pochi chilometri dal confine con la Svizzera.
Turbamento della pace dei defunti, appropriazione indebita e truffa sono gli altri reati di cui l’uomo ha dovuto risponderee davanti alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta.
La vicenda
È il 16 ottobre del 2016, una domenica, quando il corpo senza vita di Nadia Arcudi viene ritrovato tra la boscaglia a Rodero,Collegamento esterno nel Comasco, lungo la strada che porta al Gaggiolo. Subito gli investigatori capiscono che c’è qualcosa di anomalo dietro quella morte: la donna aveva infatti la falange di un dito semi amputata; non aveva i documenti, non indossava né giacca, né scarpe, ma i calzini erano stranamente puliti. Qualcuno con ogni probabilità aveva abbandonato lì il corpo.
La svolta nell’inchiesta arriva un paio di giorni dopo, quando suo cognato, Michele Egli, allora 42enne, viene arrestato alla dogana del Gaggiolo. Prima nega di aver ucciso la donna – “era già morta quando l’ho trovata, ho solo occultato il cadavere per non ferire i familiari”, sostiene – poi, dopo circa un mese, crolla e ammette i fatti: ha ucciso la cognata strangolandola, l’ha trasportarla in auto e l’ha abbandonarla tra i rovi.
L’uccisione avviene fra le mura domestiche, in quella villetta blu di Stabio le cui foto faranno il giro dei media, e che è alla base del delitto: il movente è infatti legato alle dispute sorte per l’assegnazione della casa in cui la vittima abitava con la madre.
L’imputato ha finora negato di aver agito con premeditazione, sostenendo invece di aver deciso di uccidere la cognata sul momento, al termine di una discussione più accesa delle solite. Nei suoi confronti, lo ricordiamo, il perito psichiatrico ha riscontrato una lieve scemata capacità di agire.
Malversazioni e truffa
Miche Egli, reo confesso, ha dovuto rispondere anche di diversi atti di appropriazione indebita nei confronti del suo ex datore di lavoro, la SUPSI, avendo nel corso degli anni sottratto circa 260 mila franchi da una cassa in cui venivano versati i contributi pagati dagli studenti per poter effettuare copie eliografiche e fotocopie. Ha inoltre ammesso di essere colpevole di una truffa legata ad una raccolta fondi del valore di circa 5’000 franchi.
Il processo dovrebbe concludersi venerdì con la lettura del dispositivo della sentenza.
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