Un’app per scoprire come varia l’italiano da regione a regione
Esplorare come varia l’italiano in funzione dei luoghi in cui è parlato, farne scoprire la ricchezza, promuovere la riflessione sulla lingua. Sono gli scopi dell’applicazione web lìdatè, che consente agli italofoni di ogni area geografica di contribuire alla ricerca sociolinguistica prestandosi a un gioco, in parte a premi. Un progetto dell’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana (OLSI) nel quale ricerca e divulgazione coincidono.
Chi si iscrive sul sito www.lidate.chCollegamento esterno, infatti, non è solo chiamato a indicare quale espressione usa per riferirsi a un oggetto o un’azione, ma può consultare le mappe linguistiche generate in tempo reale dalle risposte di tutti i partecipanti, per scoprire dove si usano le stesse parole e quali sono invece le varianti di altre regioni italofone.
Cappotto, mantello o paltò? Bigiare, marinare o fare filone? Detersivo o lisciv(i)a? Ogni lunedì lìdatè propone un sondaggio per sfere tematiche (i tre esempi sono tratti da ‘In inverno’, ‘A scuola, ‘In casa’) mentre un giovedì ogni quattro l’utente riceve l’invito a partecipare a un quiz, nel quale mettere alla prova le proprie conoscenze su vari aspetti relativi alle lingue. In palio, per chi risponde correttamente alle domande nel minor tempo, ci sono buoni libro o altri premi.
Indagine 2.0
La variazione geografica della lingua è uno dei temi classici della sociolinguistica, spiega la ricercatrice dell’OLSI Laura Baranzini, co-responsabile del progetto. “Una volta c’era il linguista o dialettologo che materialmente andava con un questionario a interrogare i parlanti nelle varie zone d’Italia e poi trascriveva su una mappa le varie forme utilizzate. Possiamo vedere lìdatè un po’ come la versione 2.0 dell’indagine sociolinguistica”.
Il territorio è una delle principali dimensioni di variazione della lingua ma non la sola. La lingua si evolve nel tempo, cambia a seconda del contesto in cui viene parlata e degli interlocutori cui ci si rivolge, del grado di istruzione e del gruppo sociale cui appartiene il parlante, e del canale di comunicazione (in particolare scritto v. orale).
Elvetismi, ma non soltanto
Nella scelta dei termini da testare non mancheranno i cosiddetti elvetismi. “Ovviamente noi abbiamo uno sguardo di ‘favore’ sulle varianti svizzere perché ci occupiamo in prevalenza di quello, però ci interessa raggiungere tutta l’italofonia. Abbiamo un bacino di termini che stiamo raccogliendo da tempo dalla letteratura, dalla nostra esperienza, da segnalazioni. La scelta, di volta in volta, viene fatta in modo di creare dei mini-raggruppamenti tematici per dare un po’ di unitarietà alle singole uscite”.
L’idea è di andare avanti per almeno due anni. Le mappe ottenute consentiranno in primis di studiare la diffusione delle varianti e tracciare dei confini, “vedere per esempio se ci sono delle varianti nazionali, se il confine politico corrisponde a quello linguistico e in quali casi”. Ma non solo. Si potranno individuare ad esempio i termini regionali datati, che vengono scelti solo da una certa fascia d’età: “Visto che abbiamo una profilazione di chi decide di rispondere ai sondaggi, incroceremo i dati della profilazione e quelli delle risposte per vedere se ci sono delle correlazioni”.
Il nome del progetto ha un significato letterale ([come si dice…] lì da te?), ma è anche un acronimo de “l’italiano dal territorio”. Il doppio accento (lìdatè) rende il nome unico come un marchio, mentre l’accento grave sulla ‘e’ richiama la territorialità del progetto: nella Svizzera italiana, come in Lombardia, il pronome ‘te’ si pronuncia con la e aperta.
L’approccio alla varietà
Chi si lascerà profilare ne avrà in cambio ben di più di un quiz a premi. “La voglia è di ridare all’utente qualcosa, non solo soddisfare la sua curiosità sulla diffusione delle varianti ma anche stimolare la sua riflessione, dargli qualche nozione sulla sociolinguistica e aiutarlo a cambiare lo sguardo sulla varietà delle lingue e la percezione delle lingue regionali. I regionalismi sono spesso legati a una connotazione negativa. Allora l’idea è: diamo qualche nozione che aiuti i parlanti a cambiare un po’ lo sguardo sulla varietà linguistica, in modo da agire anche sullo statuto che ha nella testa dei parlanti”.
Ecco perché lìdatè è anche uno strumento di promozione dell’italiano in Svizzera. “Sia la parte divulgativa, sia la parte del sondaggio sono un modo per mostrare ai parlanti che non c’è l’italiano “vero” e poi l’italiano parlato ad esempio in Svizzera, ma ci sono innumerevoli varietà di italiano. Tutte hanno dei parlanti, possiamo riconoscerci in una comunità di parlanti e non considerare una certa varietà di italiano come una varietà meno legittima o meno giustificabile di lingua”.
Laura Baranzini si occupa di linguistica italiana dal 2003. Dal 2018 insegna all’Istituto di studi italiani dell’USI e lavora all’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana. Cura lìdatè insieme al collega linguista dell’OLSI Matteo Casoni. Il progetto è sviluppato insieme al Laboratorio di cultura visiva della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI).
+ Sito webCollegamento esterno dell’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana
+ Sito webCollegamento esterno del Laboratorio di cultura visiva
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