Cinque milioni di franchi saranno investiti nel prossimo quinquennio per sostenere progetti di prevenzione del terrorismo in Svizzera, secondo quanto è contenuto nel Piano d’azione nazionale contro la radicalizzazione e l’estremismo violento illustrato oggi a Berna.
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tvsvizzera/spal con RSI (TG del 4.12.2017)
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Tra le 26 misure che sono delineate nel pacchetto figurano servizi specializzati e di consulenza ai quali possono rivolgersi anche i famigliari di persone che si sono radicalizzate.
Un pool di esperti nazionali collaborerà con le autorità locali per reintegrare gli estremisti e ogni Cantone dovrebbe designare un’autorità competente per questi casi e sviluppare un coordinamento delle informazioni e della gestione del fenomeno allo scopo di riconoscere precocemente il potenziale di pericolo di singoli individui e gruppi noti alla polizia.
Nella prevenzione verrà coinvolta anche la società civile, con il coinvolgimento di associazioni culturali, sportive e ricreative, e la scuola dove saranno definiti specifici programmi didattici e interventi in favore di giovani problematici.
Nell’ambito scolastico ed extra scolastico, il piano d’azione raccomanda l’elaborazione di strumenti didattici, di materiale pedagogico e di progetti legati ai temi della radicalizzazione e dell’estremismo violento. Interventi mirati possono essere previsti per giovani in situazioni difficili.
Le persone attive in ambienti educativi, sociali e giovanili devono essere sensibilizzate e vedersi proporre formazioni e corsi di aggiornamento appropriati al fine di riconoscere precocemente i segnali e i pericoli di radicalizzazione e agire in modo adeguato. Una campagna mirata sarà rivolta a coloro che operano in ambito religioso o nel settore dell’asilo.
Il piano d’azione presentato oggi costituisce la seconda parte del programma del Consiglio federale contro il terrorismo: il testo messo in consultazione in giugno riguardava le proposte di intervento a livello penale nei confronti delle persone radicalizzate.
Ma basteranno queste misure? Daniele Papacella lo ha chiesto a Kurt Pelda, il giornalista che con le sue ricerche ha indagato su strutture e conseguenze della radicalizzazione in Svizzera.
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