Per Liliana Segre il silenzio di Papa Pio XII sulle deportazioni è un segno del doppio atteggiamento della Chiesa
Il silenzio di papa Pio XII sull'orrore nazista continua a far discutere. Nuovi documenti rivelano che aveva conoscenza diretta dei campi di concentramento. La reazione di Liliana Segre ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI.
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tvsvizzera.it/mrj
Il dibattito sui silenzi di Pio XII sull’orrore nazista della seconda guerra mondiale è tornato di attualità a causa della pubblicazione della lettera di un gesuita tedesco in cui il Papa veniva messo a conoscenza dello sterminio degli ebrei nei campi di concentramento.
“Quando è partito il treno dalla stazione che deportava tutti gli ebrei romani e poco dopo o poco prima si era vista una fotografia bellissima del Papa che benediva il quartiere San Lorenzo a Roma dopo il bombardamento, a me è venuto in mente che se il Papa si fosse messo con quell’atteggiamento ieratico stupendo al quartiere San Lorenzo davanti a quel treno che partiva non so come sarebbero andate le cose”, dice la senatrice a vita, sopravvissuta lei stessa a un campo di sterminio nazista.
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La biografia di una delle ultime testimoni viventi della Shoah si arricchisce di un ricordo inedito: il suo incontro in udienza privata con Pio XII, avuto grazie a uno zio: “Gli parlai di mio papà e lui assicurò il suo interessamento. Fece prendere nota, ma io non ebbi mai più notizie di mio papà attraverso il Vaticano”.
Liliana Segre sottolinea un doppio atteggiamento: quello pubblico di Pio XII, con i suoi silenzi, e quello privato di tanti luoghi di culto che hanno aperto le porte per la salvezza degli ebrei, compresi i suoi nonni materni salvati in un convento di suore. Lancia poi un monito per tutte e tutti: “Quello che grida nel deserto anche se nessuno l’ascolta mi piace di più di quello che si chiude nella chiesa, nel tempio, nella pagoda a meditare. Perché la voce serve. Ognuno ha la voce. Anche il Papa ce l’ha.”
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