Per lo stupro basta il rifiuto della vittima
Per il reato di violenza carnale in Svizzera non sarà più necessaria la coercizione (attraverso minacce, violenza o pressioni psicologiche) ma sarà sufficiente l'assenza del consenso da parte della vittima.
La riforma, il cui esame è in corso alle Camere federali, ha avuto uno snodo significativo martedì sera con il voto del Consiglio degli Stati sulle modalità con cui deve manifestarsi la volontà della vittima. I senatori, con 25 voti contro 18, hanno aderito alla formula “No significa no” che estende il reato a tutti i casi in cui l’autore agisce ignorando intenzionalmente la volontà espressa della vittima.
Ma l’esito finale del confronto su questa questione non è scontato. I favorevoli al principio del consenso esplicito “Sì significa sì”, richiesto affinché l’atto non venga considerato penalmente rilevante, sono stati superiori allo schieramento rosso-verde e la partita all’altra Camera si preannuncia aperta.
Il governo segue la tesi dei senatori
Da parte sua la consigliera federale Karin Keller-Sutter ha sostenuto in aula la bontà della formula “No significa no”, precisando che un “no” esplicito o un gesto di rifiuto difficilmente lasciano un grande margine all’interpretazione di un giudice, mentre non è detto che un “sì” rispecchi veramente la volontà della donna.
La responsabile del Dipartimento di giustizia e polizia ha in proposito citato l’esempio di una donna che, dopo aver acconsentito ad un atto sessuale, ci ripensa. Solo con un rifiuto esplicito sarebbe a suo giudizio più facile che venga provata l’esistenza di un rapporto non consensuale.
Le novità della revisione
Dal profilo tecnico la riforma ridefinisce il reato di violenza carnale introducendo il concetto più generico di “penetrazione corporale” (attualmente circoscritto solo a quella vaginale) che tiene conto anche delle vittime di sesso maschile.
Per quanto riguarda le pene minime, la maggioranza ha deciso di mantenerla a un anno per la violenza carnale (art. 190 cpv. 2 P-CP). Stessa prescrizione, indipendentemente dalla configurazione specifica del reato, se la vittima ha meno di dodici anni.
La discussione continuerà lunedì prossimo e verrà valutata l’introduzione di un reato specifico per gli atti sessuali commessi da persone che esercitano un’attività nel settore sanitario (art. 193a P-CP). Per questa ipotesi si prevede una pena detentiva fino a cinque anni o una pena pecuniaria per chiunque fa subire un atto sessuale adducendo un’indicazione medica.
Viene proposta una nuova fattispecie di reato anche per il fenomeno crescente della “pornovendetta” (Revenge Porn), vale a dire la diffusione non consensuale di foto o video fatti durante una relazione.
Nell’ambito della pornografia, la commissione propone inoltre due adeguamenti, per evitare che i minori si rendano punibili penalmente senza esserne coscienti. Il primo riguarda una modifica della definizione di pornografia dura, il secondo i minori che, di comune accordo, fabbricano, possiedono o consumano immagini o film che li raffigurano.
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