Quando il tessile si ricicla
In media in Europa si acquistano 26 chili di vestiti pro-capite all'anno. Una quantità quasi altrettanto importante di tessuto finisce nella spazzatura. Per ridurre l'impatto ambientale della moda, una delle soluzioni passa dal riciclaggio.
Negli ultimi anni, complice la cosiddetta fast fashion e la forte diminuzione dei prezzi, il consumo di indumenti è cresciuto a dismisura, in particolare nei Paesi occidentali.
Nello stesso tempo, però, la durata di vita di ciò che si indossa si è invece dimezzata. Risultato: ogni anno circa 11 chili di tessuti vengono gettati, secondo un rapportoCollegamento esterno dell’Agenzia Europea dell’ambiente.
L’87% dei rifiuti tessili finisce in discarica o è incenerito. Il 13% è riciclato in prodotti come stracci o pezzame e solo l’1% è riciclato per abiti nuovi.
Il settore ha un effetto ambientale importante: dopo la produzione alimentare, l’edilizia residenziale e i trasporti, rappresenta la quarta categoria che ha il maggiore impatto sull’uso di materie prime primarie e di acqua e la quinta per quanto concerne le emissioni di gas a effetto serra.
Da qui la necessità di trasformare il settore in un’economia circolare, più sostenibile.
In Italia a distinguersi in tal senso sono il distretto tessile di Como, che recentemente ha lanciato una piattaforma per raccogliere e registrare tutti gli scarti di produzione, e una ditta di Prato, che da anni si è specializzata nel riciclaggio di tessuti.
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