Nepotismo nelle università: Italia maglia nera
Nelle università italiane, il nepotismo è molto più marcato che in quelle francesi e statunitensi. Tuttavia il fenomeno sembra dare segni di declino.
A tracciare la mappa del nepotismo nei tre paesi sono stati due ricercatori italiani dell’Università di Chicago, Jacopo GrilliCollegamento esterno e Stefano AllesinaCollegamento esterno. Per il loro studioCollegamento esterno, pubblicato lunedì sulla rivista dell’Accademia delle scienze degli Stati UnitiCollegamento esterno, hanno analizzato cognomi e informazioni geografiche relativi a oltre 130’000 ricercatori per gli anni 2000, 2005, 2010 e 2015.
I due accademici hanno in sostanza esaminato in che misura gli stessi cognomi si ripetono in una medesima università e negli stessi dipartimenti.
Allesina e Grilli rilevano che “i risultati mostrano che il sistema accademico italiano tende ad attirare i ricercatori per lo più a livello locale – molti ricercatori hanno cognomi tipici della regione o delle città in cui lavorano – mentre il sistema americano è molto meglio miscelato, con una forte influenza dell’immigrazione”.
“In Francia, il numero di cognomi ripetuti è spiegato dalla distribuzione geografica, mentre negli Stati Uniti da un’immigrazione specifica in alcuni settori scientifici. In Italia, anche tenuto conto di questi fattori, alcune discipline e regioni presentano anomalie”, ha spiegato all’Ansa Stefano Allesina. Sulla base di ulteriori analisi, i due ricercatori dimostrano come le anormalità osservate nella Penisola siano compatibili con assunzioni nepotistiche.
Nel 2015 le anomalie riguardano soprattutto Campania, Puglia e Sicilia. In Francia emergono risultati significativi per due regioni, Provenza-Alpi-Costa Azzurra e Rodano-Alpi, mentre negli USA non vi è nessuno Stato dove si osservano anomalie.
Da notare che in Italia, negli anni precedenti, ripartizioni inconsuete dei cognomi apparivano anche in Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Lombardia, Toscana e Sardegna.
Per quanto concerne le discipline, nel 2015 le anomalie più evidenti riguardano Chimica e Medicina.
Effetti della riforma, ma non solo
Il fenomeno del nepotismo è tuttavia in regressione in Italia. La riforma universitaria del 2010, che proibisce di assumere parenti dei docenti, ha probabilmente contribuito a questo sviluppo.
Per i due ricercatori non è però la sola spiegazione, poiché una simile evoluzione si delineava già prima dell’entrata in vigore della legge. La diminuzione del numero di omonimie è dovuta più ai pensionamenti e alla riduzione delle assunzioni che agli effetti della legge.
Molte università italiane hanno drasticamente ridotto il numero di professori. “Risolvere il problema del nepotismo smantellando il sistema universitario equivale a gettare via il bambino con l’acqua sporca”, scrivono i due accademici.
Le norme anti-nepotismo hanno poi degli effetti perversi, in particolare per quanto concerne una maggiore presenza femminile nelle università. “Ad esempio, nella prima metà del XX secolo, le leggi anti-nepotismo negli Stati Uniti hanno creato il fenomeno delle ‘vanishing wives’ (mogli evanescenti, ndr): non potendo essere assunte negli stessi dipartimenti dei loro mariti, molte donne lavoravano come professori ospiti non pagati, rallentando così il progresso verso una più equa rappresentazione di genere”.
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