Sabine Weiss, stella della Serenissima
Nel mondo della fotografia internazionale, ha un posto in prima fila. Sabine Weiss, scomparsa l'anno scorso, è agli onori della Casa dei Tre Oci di Venezia, che le ha dedicato una bellissima retrospettiva con oltre 200 fotografie. Eccone sei, commentate dalla nostra giornalista Ghania Adamo.
Umanista! È un’etichetta che spesso commentatori e commentatrici le affibbiano, ma lei, Sabine Weiss, la rifiuta, con tono molto pacato: “Non mi piace essere classificata in nessuna categoria, sono una fotografa completa”. Sa di avere ragione, ma si scusa comunque: “Quello che dico non è molto modesto”, afferma all’interlocutore. La ascoltiamo con piacere in uno dei tre film documentari che completano la mostra dedicata all’artista svizzera. Questa bella retrospettiva veneziana, intitolata Sabine Weiss, la poesia dell’istante, è aperta al pubblico fino al 23 ottobre.
Nata nel Canton Vallese nel 1924 e morta nel 2021 a Parigi, dove viveva, Sabine Weiss è davvero una fotografa “completa”. Il suo obiettivo ha abbracciato una moltitudine di orizzonti, dall’Europa all’America, passando per l’Asia; ha osservato tutte le età della vita, dall’infanzia alla vecchiaia; e si è avventurata nei diversi strati della società: poveri o ricchi, anonimi o famosi, scrittori o artisti, compresa lei stessa. Ne sono testimonianza le 200 fotografie raccolte nella Casa dei Tre Oci, un magnifico edificio degli inizi del XX secolo, situato sull’isola della Giudecca, di fronte a Venezia e al suo maestoso Palazzo Ducale. Le foto che abbiamo selezionato:
Cinque minuti di vaporetto bastano per andare da Piazza San Marco alla Giudecca. Il visitatore che pensa di lasciarsi alle spalle il Palazzo Ducale, rimarrà forse un po’ sorpreso di ritrovarselo davanti una volta entrato nell’edificio che ospita la mostra. Il maestoso colonnato del mitico Palazzo è messo in prospettiva in questa foto scattata nel 1950. Un chiaroscuro che sembra senza tempo. Lungo la fila di colonne, Sabine Weiss è di profilo, con lo sguardo rivolto verso un apparecchio fotografico. Sul pavimento, la sua ombra. Ai suoi piedi, Venezia. Un attimo di poesia ed eccola, la stella della Serenissima. Sapeva allora che la sua fama l’avrebbe riportata a Venezia dopo la sua morte?
Alberto Giacometti, che Sabine Weiss ha immortalato nel 1955, assomiglia un po’ a un alchimista. L’autore di L’uomo che cammina appare come immobilizzato. Il suo sguardo è fisso sulla fotocamera, ma la sua mente è altrove. Nel suo atelier, che assomiglia a un disordinato laboratorio sotterraneo, sembra chiedersi come mettere in ordine le sue idee e le sue composizioni artistiche. Forse in fondo ammette che il talento è un affare segreto, un’alchimia che nessuna formula può spiegare.
L'”uomo che corre” qui è Hugh, il marito di Sabine Weiss, come precisa lei stessa. Ma visto da dietro, potrebbe essere scambiato per un qualsiasi altro individuo che si muove velocemente nella bruma serale. Un’atmosfera misteriosa aleggia su questa fotografia scattata nel 1953, anno della prima rappresentazione di Aspettando Godot di Samuel Beckett. All’epoca esisteva una grande complicità intellettuale nel mondo artistico e letterario parigino. I personaggi di Beckett speravano in un essere soprannaturale che li sollevasse dal peso delle loro preoccupazioni. Sabine Weiss ci ha pensato? Chi sta rincorrendo “l’uomo che corre”?
New York negli anni ’50. Meno intimista delle precedenti, questa foto sposta la riflessione nello spazio pubblico. Ironicamente, si concentra su un’immagine che caricatura l’attivismo religioso in strada. Un poster a fumetti raccomanda la salvezza dell’anima, mentre dietro sventola la bandiera americana. Patriottismo e fede sono la stessa battaglia.
Leggerezza e allegria. Sono le caratteristiche dei Paesi latini. In Portogallo, nella città costiera di Nazaré, si tiene un ballo in una radura. È domenica, si legge nel catalogo della mostra. L’atmosfera viene evaporata. Due donne si divertono a ballare, gli uomini le guardano, alcuni con un certo desiderio. I bambini, che Sabine Weiss ha tanto valorizzato nel suo lavoro, danno un tocco sacro alla festa domenicale.
Un’altra festa, un altro stile, molto meno popolare. Sabine Weiss ha collaborato con riviste famose, tra cui Life, per cui ha scattato questa foto. L’anno era il 1958. Yves Saint-Laurent firma la sua prima collezione per Christian Dior. Lusso e voluttà! Un re tra principesse irresistibili. In una parola, una corte! La corte dell’alta moda.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.