Santo Versace, “Gianni non è morto, Gianni è immortale”
Intervista della RSI al fratello del grande stilista ucciso in Florida nel 1997, in cui ripercorre l’epopea della sua famiglia nel mondo della moda.
L’omicidio di Gianni Versace, avvenuto nel luglio del 1997, ha suscitato stupore, non solo nel mondo dell’alta moda, di cui era uno dei creatori di maggiore fama.
Ucciso con due colpi alla testa davanti alla sua residenza a Miami Beach, con modalità tipiche di un’esecuzione mafiosa, sulla sua morte regna tuttora il mistero. L’inchiesta si concentrò subito su Andrew Cunanan, un tossicodipendente di origini italofilippine, noto negli ambienti della comunità omosessuale, dedito alla prostituzione. L’uomo era infatti ricercato per altri omicidi commessi nei mesi precedenti.
Un movente chiaro non è mai stato appurato: secondo il racconto di Santo Versace ai microfoni della Radiotelevisione svizzera RSI, il sicario voleva diventare famoso uccidendo un personaggio eccellente: in quel momento a Miami erano assenti Tom Cruise e Madonna e quindi avrebbe scelto, a caso, Gianni Versace. Della morte non gli sarebbe importato nulla, come proverebbe l’epilogo: si suicidò infatti pochi giorni dopo l’omicidio di Versace durante l’operazione di polizia per la sua cattura.
“La mia vita è irrimediabilmente cambiata”
“Per me fu uno scossone incredibile, un cambiamento totale della mia vita”, dice il fratello Santo, ripercorrendo quei momenti che hanno segnato irrevocabilmente il lungo sodalizio con il fratello, dal loro arrivo a Milano dalla Calabria alla metà degli anni ’70, fino al successo planetario.
Erano gli anni di piombo, in un’Italia impaurita e ripiegata su sé stessa, scossa dalle proteste e dalla crisi politica ed economica. Ma di lì a poco ci fu l’esplosione della moda con Versace e il capoluogo lombardo tra i protagonisti assoluti. Gianni era il creativo e Santo traduceva le sue visioni in un progetto imprenditoriale concreto.
Altri sviluppi
Il mix culturale di un giovane stilista svizzero
“Andai a Milano per lui”, ricorda, “perché volevo realizzare i suoi sogni. Io non amavo la moda più di quel tanto, preferivo fare il commercialista o l’imprenditore”. Ma ben presto l’iniziativa si rivelò un successo. “Affermare nel 1976-1977 che saremmo diventati più grandi di Yves Saint Laurent, che allora era il numero uno della moda nel mondo, era pura follia ma, contando sul talento e il genio di Gianni, lo dissi veramente”. E la sua risposta fu: “Santo, lo faremo”.
L’amore per il teatro
I trionfi sulle passerelle e sui mercati di tutto il mondo però non bastavano a Gianni, racconta sempre il fratello. “Mi diceva: gli stracci li farò sempre ma mi diverto veramente solo con il teatro”, alludendo alle numerose collaborazioni con Maurice Bejart, Bob Wilson e altri famosi registi che lo rendevano felice.
Tutto cambia la mattina del 15 luglio del 1997, con l’efferata e fredda esecuzione sulla scala della sua abitazione di Miami, per mano di Andrew Cunanan. “Dopo la sua morte, quello che faccio è un lavoro necessario per difendere l’azienda e per proiettare l’opera di Gianni Versace nel futuro, non più una passione o un amore” come era prima.
Altri sviluppi
Il rovescio della medaglia della moda Made in Italy di cui la Svizzera va pazza
Tra i personaggi che erano amici del grande stilista c’era anche Diana Spencer, che è stata vicina alla famiglia Versace in quei tristi momenti. Ma anche lei ha poi conosciuto una sorte per certi versi analoga. “La notte del 31 agosto, una quarantina di giorni dopo, ci fu la tragedia nel tunnel dell’Alma: gli anni Novanta sono finiti lì”, conclude Santo Versace.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.