Il bilancio dell'introduzione sei mesi fa dello status di protezione S è positivo, in particolare per quel che concerne l'integrazione dei rifugiati ucraini nel mondo del lavoro: lo ha indicato martedì alla stampa la consigliera federale Karin Keller-Sutter.
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tvsvizzera.it/mrj con Keystone-ATS
A sei mesi dalla sua introduzione, il bilancio dello statuto S per i profughi ucraini è positivo, ha fatto sapere martedì in conferenza stampa la consigliera federale Karin Keller-Sutter. Particolarmente soddisfacente è l’integrazione di queste persone nel mondo del lavoro: attualmente circa l’11% (circa 3’600 persone) di chi è giunto in Svizzera ha un impiego. Si tratta del doppio rispetto al 6% rilevato tra le altre categorie di rifugiati, come le persone ammesse temporaneamente, ha affermato la ministra di giustizia e polizia. Una differenza che si spiega con le migliori qualifiche professionali di ucraine e ucraini, ha aggiunto. I settori confrontati a una forte carenza di manodopera, come alberghi, ristoranti e informatica, sono quelli dove è stato rilasciato il maggior numero di autorizzazioni.
Anche se esistono ancora degli ostacoli come la lingua o la custodia dei figli (l’80% di chi è in possesso del permesso S sono infatti donne), il lavoro di queste persone è diventato importante e l’Unione svizzera degli imprenditori (USI) ritiene che chi trova lavoro dovrebbe poi poter rimanere per almeno un anno. Per i datori di lavoro è importante avere prospettive, anche perché molto viene investito nella formazione e nell’inserimento di queste persone sul posto di lavoro. Con un’estensione, inoltre, l’assunzione di chi è fuggito dalla guerra verrebbe incentivata (secondo un sondaggio, infatti, la metà delle imprese sarebbe pronta ad assumere ucraine e ucraini se ci fossero più garanzie).
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La richiesta sarà valutata, ha spiegato Keller-Sutter, ma per ora la durata dello statuto di protezione rimane limitata perché l’obiettivo è che queste persone rientrino in patria appena possibile. La ministra si è detta consapevole della contraddizione esistente tra l’integrazione professionale dei rifugiati e la loro preparazione al ritorno in patria, che prima o poi avverrà: “L’Ucraina vuole che queste persone tornino un giorno, ci sono molti bambini tra loro, sono il futuro”.
Detto ciò, avere un lavoro è la chiave per una maggiore indipendenza finanziaria e consente anche ai migranti di mantenere e sviluppare le proprie competenze. Ora si tratta di guardare al futuro: in giugno la ministra aveva invitato la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) a considerare il possibile ritorno dei rifugiati. “Questo non significa che lo statuto S sarà revocato dopo un anno”, ha sottolineato, “ma che bisogna prepararsi a tutti gli scenari”. La sua revoca o estensione dipenderà esclusivamente dagli sviluppi della situazione in Ucraina sul fronte della sicurezza. In ogni caso, la Confederazione si coordinerà con altri gli Stati dell’area Schengen. “È inimmaginabile pensare che la Svizzera agisca da sola”, ha aggiunto Keller-Sutter. Una decisione sulla durata del permesso S (attualmente valido fino a marzo 2023) dovrebbe arrivare nei prossimi mesi.
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