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Stretta sul green pass anche in Svizzera?

Controlli a tappeto sui certificati Covid
Keystone / Laurent Gillieron

Dopo le restrizioni adottate in Austria e Germania nei confronti dei non vaccinati, anche in Svizzera si dibatte sull'opportunità di rivedere il certificato Covid e ridurre la rilevanza dei test rapidi per accedere a ristoranti, cinema e altre attività del tempo libero al chiuso.

Per il momento l’Ufficio federale della sanità mantiene una posizione prudente, ritenendo l’attuale situazione epidemiologica ancora sotto controllo. Ma molti virologi propongono di rilasciare il green pass nella Confederazione solo alle persone immunizzate o guarite (regime a 2 G: “geimpft” e “genesen”).

La discussione è particolarmente accesa a Berna dove le autorità cantonali vagliano una stretta di questo tipo sui certificati Covid, che la categoria dei ristoratori giudica comunque come una soluzione più sopportabile rispetto alla minaccia reale di un nuovo lockdown.

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I numeri che si registrano attualmente nei reparti di terapie intensive, dove l’80% dei pazienti risulta non vaccinato, costituisce un valido argomento per i fautori del passaporto verde a due G. E i continui mutamenti di scenario, cui ci ha abituato in questi due anni la pandemia, non escludono che a breve anche Berna possa mettere da parte le sue riserve in questo ambito, per aderire convintamente alle tesi dei virologi.

Per il medico cantonale di Basilea Città Thomas Steffen “la quarta ondata è già arrivata” e questo – ha spiegato l’esperto – a causa dei cambiamenti comportamentali legati al brutto tempo e al freddo, oltre ad un tasso di vaccinazione della popolazione insufficiente.

Si tratta quindi ora di adottare tutte le misure per rallentare l’onda, ha precisato Steffen, tra le quali figurano la vaccinazione di richiamo per le persone vulnerabili e, se necessario, l’estensione della mascherina obbligatoria, nuovi limiti per i partecipanti agli eventi e, non da ultimo, proprio la regola del 2G. Nel servizio del Tg l’intervista a Roberto Malacrida, della Commissione nazionale di etica (CNE) in materia di medicina umana.

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