I brillanti primi tratti del futuro Le Corbusier
Al Teatro dell’architettura di Mendrisio va in scena un prologo: in mostra vi sono ottanta disegni di uno dei più influenti architetti, urbanisti e designer contemporanei, risalenti però a quando costui non si chiamava ancora Le Corbusier. Non solo: il giovane Charles-Édouard Jeanneret intendeva dedicarsi esclusivamente alla pittura.
La mostra ripercorre il periodo della sua formazione e dei primi viaggi, fino al definitivo trasferimento a Parigi, dove avvierà uno studio di architettura nel 1917. Documenti -anche inediti -che costituiscono in realtà una piccola parte dei 7000 disegni lasciati da Le Corbusier (1887-1965), che non abbandonerà mai questa forma di espressione.
“Ogni giorno della mia vita è stato dedicato in parte al disegno. Non ho mai smesso di disegnare e dipingere, cercando, dove potevo trovarli, i segreti della forma”.
Le opere esposte ne ‘I disegni giovanili di Le Corbusier 1902-16’ (gli originali provengono da collezioni private e pubbliche svizzere, le riproduzioni dalla Fondation Le Corbusier di Parigi) non lasciano dubbi sul talento del giovane Charles-Édouard. Allievo della Scuola d’arti applicate de La Chaux-de-Fonds, vi si formò inizialmente come incisore-cesellatore di casse di orologi, nel solco di una tradizione famigliare e locale.
La mostra è scaturita dalla pubblicazione del primo volume di ‘Catalogue raisonné des dessins de Le Corbusier’Collegamento esterno di Danièle Pauly. Storica dell’arte, docente e ricercatrice in diversi atenei francesi, ha consacrato almeno un decennio di lavoro all’opera dell’architetto e pittore.
L’École d’Art si proponeva come una scuola d’insegnamento generale delle arti del disegno. Nella prima metà della mostra, che copre gli anni dall’inizio della formazione al primo viaggio in Italia (1902-07), emerge come il giovane Jeanneret esplori soprattutto i paesaggi, la fauna e la flora locale, quest’ultima protagonista di studi decorativi per oggetti nello stile Art Nouveau dell’epoca: ventagli, cofanetti, pettini, coppe di vetro, piatti e, naturalmente, casse di orologio.
“Mio padre aveva una vera passione per le montagne e il fiume che formavano il nostro paesaggio”, scriverà Le Corbusier nel 1925. “Eravamo tutto il tempo sulle cime dei monti. I vasti orizzonti ci erano familiari. Quando il mare di nebbia si stendeva all’infinito, era per me come un vero mare, che io non avevo ancora mai visto”.
È proprio questa “fascinazione della natura” a passare per prima sotto gli occhi dei visitatori, con una serie di acquerelli dedicati: paesaggio di montagna, con fiume, con abete, “effetto pioggia”, foresta [immagini nel video sopra].
“Ero nato per osservare immagini per tutta la vita e disegnarle. E questo poteva condurmi alla pittura. Uno dei miei maestri (un maestro straordinario) ha voluto fare di me un architetto”.
Negli anni della scuola, un insegnante, il pittore Charles L’Eplattanier, convince Charles-Édouard a rinunciare all’incisione per seguire il corso superiore di decorazione d’interni e architettura. È il 1905, ed è una doppia scintilla. Da una parte, indirizza il giovane verso quel che farà di lui un patrimonio dell’umanità (l’opera architettonica di Le Corbusier è un bene protetto dall’UNESCO dal 2016). Dall’altra, perché partecipando alla progettazione di vari edifici (in mostra si possono apprezzare i primi studi), Jeanneret percepisce i compensi che gli permettono di intraprendere i primi viaggi.
“È come colorista e al tempo stesso come disegnatore che ho goduto tanto intensamente dei paesaggi italiani”, scriveva ai genitori da Padova nel 1907, “[…] la terra italiana è straordinaria […], essa forma ciò che i famosi affreschisti hanno reso sulle pareti, un dono per gli occhi e l’immaginazione”.
Jeanneret trascorrerà due mesi tra Milano, Toscana, Emilia e Veneto, prima di soggiornarne quattro a Vienna e stabilirsi infine a Parigi per oltre un anno e mezzo.
Alla capitale francese -e allo studio del gotico e delle opere esposte nei musei- è dedicata un’intera sezione.
Ma è quella successiva (“Gli insegnamenti dei viaggi: 1907-11) a rendere conto di un periodo seminale, il viaggio in Oriente, nel corso del quale scatta numerose fotografie e realizza centinaia di disegni e schizzi su taccuini, intrattenendo un fitto carteggio con la sua famiglia e pubblicando su un giornale locale a La Chaux-de-Fonds resoconti del viaggio.
Un momento di svolta. “Ad Atene, sul Partenone, disegna con ossessione, con insistenza le colonne come strutture portanti, ma anche affascinanti”, commenta l’architetto Mario Botta, presidente della Fondazione Teatro dell’Architettura. È probabilmente il momento in cui la natura di architetto è prevalsa su quella del pittore.
Per Le Corbusier, l’Italia sarà un “primo amore” ma anche un Paese di progetti non realizzati (una chiesa a Bologna, l’ospedale di Venezia, il centro di calcolo Olivetti). Fa eccezione la collezione di sedie e poltrone LC, rilevate da un’azienda italiana negli anni Sessanta e diventate vere e proprie icone del design moderno.
L’ultima sezione della mostra segna il ritorno alla città natale (1912-16). Jeanneret riprende l’attività di architetto, si dedica all’insegnamento e si adopera per presentare il suo lavoro artistico. Suoi acquerelli saranno esposti a Neuchâtel, Zurigo e Parigi, dove soggiorna frequentemente. Vi si trasferirà nel 1917 per intraprendere un’intensa attività architettonica e pittorica, senza mai però abbandonare quello che definisce il suo “lavoro segreto”: il disegno.
‘I disegni giovanili di Le Corbusier 1902-16’ è visitabile a fino al 24 gennaio 2021 nella galleria 1 del Teatro dell’Architettura di Mendrisio.
Contemporaneamente, al secondo piano del Teatro, è proposta una selezione di sei filmati dedicati a opere iconiche come la fondazione della città indiana di Chandigarh (cui è dedicato un documentario del regista svizzero Alain Tanner del 1966), la chaise longue LC4 e l’impatto sul design (indagato dalla realizzatrice italiana Valeria Parisi nel 2015), l’Unité d’Habitation di Marsiglia e altre.
La rassegna, intitolata ‘Living Le Corbusier’, è curata dall’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana in collaborazione con MDFF- Milano design film festival.
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