La beffa dell’olio extra vergine
La trasmissione per i consumatori della Radiotelevisione svizzera ‘Patti chiari’ ha sottoposto 12 etichette di olio extra vergine d’oliva, alcune di marchi popolari anche in Italia, all’unico gruppo elvetico di esperti certificato dal Comitato oleicolo internazionale. Sorpresa: la metà di esse, secondo il ‘panel’, non merita la definizione ‘extra vergine’.
Extra come straordinario, superiore. Vergine richiama la purezza. Due caratteristiche riferite a un prodotto che si trova spesso sulle tavole dei consumatori: l’olio extra vergine d’oliva. Un appellativo che deve rispettare condizioni precise: acidità, difetti, sentori fruttati, tutto è fissato da una regolamentazione internazionale.
‘Patti chiari’ ha deciso di testare 12 oli, da quelli più a buon mercato ai prodotti DOP o IGP, tra le più conosciute e apprezzate dai consumatori della Svizzera italiana. “Tutto ci saremmo aspettati”, scrivono gli autori della trasmissione, “salvo scoprire che molti degli oli acquistati presentavano un’etichetta ingannevole. In classifica non sono nemmeno entrati”, poiché “quando un consumatore acquista una di quelle bottiglie non si porta a casa un extra vergine, ma un olio di minore qualità”.
Oli difettati, rancidi, vecchi, con sentori di muffa, scoperti grazie all’analisi organolettica da un gruppo svizzero di esperti certificato dal Comitato oleicolo internazionale.
Com’è possibile?
‘Patti chiari’ cerca risposte attraverso un’analisi chimica dei prodotti, un’ulteriore degustazione da parte di un ‘panel’ italiano (quello ufficiale per la DOP del Chianti) e la visita a un produttore. Ospite in studio, Giancarlo De Felice, specialista di analisi organolettica del Consiglio oleicolo internazionale.
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