In Italia, il cosiddetto piano laghetti rappresenta un tassello essenziale della strategia anti-siccità. Pionieri di questo sistema sono gli agricoltori della provincia di Ravenna.
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In Svizzera, e in particolare nel canton Ticino, la siccità si fa già sentire: in diversi comuni del cantone la popolazione è stata invitata (laddove non vige un vero e proprio divieto) a evitare di lavare automobili, innaffiare i prati o ancora a riempire le piscine. La mancanza di precipitazioni ha mostrato i suoi effetti nei primi mesi dell’anno anche in Italia: i livelli di diversi fiumi sono molto sotto la media e per l’estate si teme un aggravarsi della situazione. Il Governo punta tutto sul cosiddetto piano laghetti, ossia la creazione di migliaia di piccoli invasi per stoccare l’acqua da utilizzare per colture e aziende. Gl agricoltori della provincia di Ravenna sono pionieri di questo sistema.
Vista dall’alto la valle del Lamone è costellata di piccoli laghetti, vitali per l’agricoltura della regione. In alcuni di loro sono stati installati anche dei pannelli fotovoltaici. Una ventina di laghetti sono stati creati da aziende agricole, che si sono aggregate in consorzi che hanno poi comprato i terreni dove hanno portato a termine i lavori per la creazione di bacini artificiali poi usati per l’irrigazione dei campi. A questi si sommano centinaia di altri piccoli laghetti creati da singole aziende.
Si tratta anche di una maniera, in Emilia Romagna, di ridurre la dipendenza dal fiume Po, la principale fonte idricadella regione. Il fiume “ha manifestato tutta una serie di problemi, soprattutto durante la stagione estiva e noi cerchiamo di superare queste carenze e criticità attraverso la costruzione di questi laghetti”, ha spiegato ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI il presidente del canale emiliano romagnolo Antonio Vincenzi.
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Il Governo di Roma guarda a questi laghetti con interesse e con l’intenzione di replicare l’operazione su scala nazionale, con investimenti fino a 3 miliardi di euro nei prossimi cinque anni.
Non mancano però le critiche: il centro italiano per la riqualificazione fluviale e il WWF ritengono che questi invasi abbiano un impatto troppo forte sull’ambiente e chiedono un maggiore utilizzo delle falde acquifere e il ricorso a colture che necessitano di poca acqua.
Critiche alle quali chi lavora il territorio (e che grazie a questi piccoli invasi nel corso degli anni è riuscito a sviluppare un fiorente settore vivaistico incentrato sulle piante da frutto) rimanda, almeno in parte al mittente: per riempire le falde, e quindi avere acqua da utilizzare per l’irrigazione, c’è bisogno di pioggia e di neve, che negli ultimi anni scarseggiano sempre di più. “Noi ricorriamo all’irrigazione goccia a goccia, anche perché l’acqua ha un costo e cerchiamo di non sprecarla”, dice il presidente di Coldiretti Ravenna Nicola Dalmonte.
Anche perché di acqua ce n’è sempre di meno, a giudicare dalle statistiche, ma anche osservando i fiumi e i laghi.
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