Nuova "bacchettata" di Bruxelles a Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca per il mancato rispetto degli obblighi sui ricollocamenti dei profughi da Italia e Grecia. La Commissione Ue passa infatti alla seconda fase della procedura di infrazione inviando i "pareri motivati".
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tvsvizzera.it/fra con RSI
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Bruxelles chiede che i tre governi si ravvedano entro un mese. Lo spiega il commissario Ue alla Migrazione Dimitris Avramopoulos. Se i tre Paesi non cambieranno atteggiamento, l’ultima fase della procedura prevede il deferimento alla Corte Ue.
Respingere i ricorsi
La Corte di Giustizia Ue deve “respingere i ricorsi di Slovacchia e Ungheria” contro il meccanismo di ricollocamento provvisorio obbligatorio dei richiedenti asilo da Italia e Grecia.
È questo il parere dell’avvocato generale Yves Bot, secondo cui il meccanismo contribuisce realmente e in modo proporzionato a far sì che la Grecia e l’Italia possano far fronte alle conseguenze della crisi migratoria del 2015″. Nella maggior parte dei casi la Corte accoglie i pareri degli avvocati generali.
Come risposta alla crisi migratoria che ha colpito l’Europa nell’estate 2015, il Consiglio Ue ha deciso i ricollocamenti per aiutare l’Italia e la Grecia ad affrontare l’afflusso massiccio di migranti.
La Slovacchia e l’Ungheria, che, al pari della Repubblica ceca e della Romania, hanno votato contro, chiedono alla Corte di giustizia di annullare la decisione sostenendo che ci sono stati errori di carattere procedurale o la scelta di una base giuridica inappropriata. Scondo loro la decisione del Consiglio non risponde alla crisi migratoria né appare necessaria a tal fine.
Nel procedimento dinnanzi alla Corte, la Polonia è intervenuta a sostegno della Slovacchia e dell’Ungheria, mentre il Belgio, la Germania, la Grecia, la Francia, l’Italia, il Lussemburgo, la Svezia e la Commissione sono intervenuti a sostegno del Consiglio Ue.
Nelle sue conclusioni odierne, che non sono vincolanti, l’avvocato generale Bot propone alla Corte di respingere i ricorsi presentati dalla Slovacchia e dall’Ungheria, confutando o respingendo le argomentazioni portate dai due Paesi.
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