Valchiavenna, paghe detassate per evitare la fuga in Svizzera
Aziende e ristoranti in ginocchio per mancanza di personale: la politica locale chiede misure per trattenere in valle la manodopera attratta dai ricchi salari grigionesi.
La Valchiavenna, verde e ampia valle a nord del Lago di Como, incuneata tra le appendici meridionali del Canton Grigioni, sta conoscendo un fenomeno comune ad altre zone di frontiera ma con alcune caratteristiche peculiari. Terminata la fase acuta della crisi pandemica, l’economia locale si sta via via riprendendo ma il suo slancio viene frenato, oltre che dai riverberi provenienti dai campi di battaglia ucraini, da una carenza endemica di manodopera.
A dolersi sono i settori chiave della valle, soprattutto quello turistico in piena espansione, come nel resto della penisola, che ha visto tornare gli ospiti stranieri: ristoranti e alberghi non riescono a completare i loro organici. “Si fa fatica a trovare persone disponibili a lavorare soprattutto nei fine settimana, probabilmente stanno bene a casa loro”, ci dice sconsolato Adriano Roganti, titolare del Crotto al Prato di Chiavenna.
“A un’azienda edile un operaio costa fino a 4’800 euro ma quest’ultimo si porta poi a casa 2’000 euro scarsi”
Davide Trussoni, Comunità montana della Valchiavenna
Un’impresa su tre alla ricerca di dipendenti
Ma anche l’edilizia e l’artigianato soffrono e devono rinunciare agli ordini per impossibilità di far fronte alla crescente domanda. Una su tre, delle 1’440 imprese che operano nella valle e che occupano oltre 5’000 collaboratori, è alla disperata ricerca di dipendenti, come ha riportato negli scorsi giorni la stampa locale
Colpa del reddito di cittadinanza, come insistono alcune voci, che non incentiverebbe i disoccupati a cercare un’occupazione, soprattutto quelle con orari irregolari e paghe non eccelse? “Non credo”, afferma deciso il ristoratore chiavennate, “perché ad esempio gli studenti, che non beneficiano di questi sostegni finanziari, oggi neanche si presentano per un colloquio di lavoro come avveniva una volta”.
A influire sul mercato del lavoro della valle sembra essere piuttosto l’esodo verso la Svizzera lungo le due direttrici principali della Bregaglia, dalla quale si accede alle rinomate e ricche località turistiche dell’Engadina, e dello Spluga, l’antico passo conosciuto fin dall’epoca romana, che connette direttamente la Lombardia alla valle del Reno Inferiore. Circa 1’700 dei 30’000 abitanti della Valchiavenna oltrepassano ogni giorno il confine per infoltire gli addetti del settore turistico ed edile del Canton Grigioni.
L’attrazione dei salari retici
Ad attrarre la manodopera italiana sono senza dubbio i salari, che in determinati rami sono il triplo di quelli versati normalmente in Italia e che sono in linea, va ricordato, con il costo della vita nella Confederazione. Un’evoluzione peraltro rafforzata dal recente apprezzamento del franco svizzero e dalla ripresa congiunturale nella Confederazione.
Per frenare questa emorragia alcuni rappresentanti delle istituzioni si sono mobilitati proponendo soluzioni per cercare di trattenere i lavoratori pendolari. Tra di essi il sindaco di Chiavenna Luca della Bitta e il presidente della locale Comunità montana Davide Trussoni. Coscienti del fatto che non è possibile risolvere la questione a livello comunale i due rappresentanti istituzionali si sono fatti promotori di iniziative che hanno lo scopo di sensibilizzare politici regionali e nazionali.
Se si pensa, ci dice Davide Trussoni, che “a un’azienda edile un operaio costa fino a 4’800 euro ma quest’ultimo si porta poi a casa 2’000 euro scarsi”, questo vuol dire che abbiamo una spesa che si aggira attorno al 58% che va a tutto svantaggio del lavoratore, “sono cifre impressionanti”. Cosa fare allora?
In particolare viene chiesta una decontribuzione alle aziende insediate entro una determinata fascia dal confine sui salari versati ai dipendenti o, in alternativa, un’analoga detassazione che consenta di scongiurare il depauperamento economico del territorio. In realtà non si tratta di progetti del tutto inediti e isolati.
A Varese promossa la creazione delle “Aree di confine”
In Lombardia, e in particolare nel Varesotto, nel 2018 è stata messa a punto dal centro studi della Confartigianato una proposta ripresa nel progetto di legge depositato alle Camere a Roma dal deputato Matteo Bianchi (Lega). La proposta normativa denominata “Aree di confineCollegamento esterno” prevede sgravi fiscali sui salari versati dalle imprese che si trovano a 20 chilometri dal confine elvetico che farebbe lievitare la retribuzione netta dei lavoratori, in particolare quelli specializzati indispensabili per la competitività della filiera produttiva lombarda.
Il costo del lavoro in Italia, secondo quanto indicano le organizzazioni imprenditoriali varesine, è infatti analogo e in certi casi superiore a quello d’oltre frontiera ma a rendere esigue le buste paga sono le esose tasse e gli elevati contributi sociali. Queste due voci, sottolinea sempre l’organizzazione imprenditoriale, rappresentano il 47,8% del salario lordo (per un single senza figli) mentre in Svizzera, dove la fiscalità è estremamente concorrenziale, la quota di tasse sul reddito e contributi sociali è solo del 21,8%.
Proposte le Zone logistiche speciali (Zls)
Nella stessa direzione a livello regionale si sta discutendo sulle Zone logistiche semplificate (Zls), definite da una legge del 2017 a sostegno dei sistemi portuali del centro-nord e sulle Zone economiche speciali (Zes), concepite per lo sviluppo il Mezzogiorno (ma su cui si sono espressi positivamente anche gli amministratori della Provincia di Sondrio).
La proposta sul tavolo, promossa dalla giunta regionale lombarda, consiste nella richiesta a Roma di rendere, in particolare, meno restrittivi i criteri per l’istituzione delle Zls – che hanno lo scopo preciso di favorire la semplificazione amministrativa e l’adozione di incentivi fiscali – per estenderle alle aree periferiche e montane confrontate con il progressivo spopolamento e la scarsità di investimenti.
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