Volete vivere bene? Andate a Vienna
Secondo la classifica annuale del settimanale The Economist, la capitale austriaca è la più vivibile delle 173 prese in considerazione dal "The Global Liveability Index 2023". Zurigo e Ginevra perdono posizioni.
Ah, la Lebenskunst! Quella “arte di vivere bene” che ha fatto di Vienna per il secondo anno di fila (e per la quarta volta in sei anni) la città più vivibile al mondo. La stessa arte che evidentemente manca a Zurigo e Ginevra, che rispetto al 2022 hanno invece perso posizioni: la città sulla Limmat è passata dalla terza alla sesta, mentre quella di Calvino dalla sesta alla settima, a pari merito con Calgary (Canada). La Top 10 delle città più vivibili al mondo – classifica stilata ogni anno dal settimanale The Economist – non è molto eterogenea, poiché vi sono rappresentate “solo” sette nazioni: Austria con Vienna (1), Danimarca con Copenhagen (2), Australia con Melbourne (3) e Sydney (4), Canada con Vancouver (5), Calgary (7) e Toronto (9), Svizzera con Zurigo (6) e Ginevra (7), Giappone con Osaka (10) e la Nuova Zelanda con Auckland (10).
Come mai questo scivolone elvetico in classifica? Innanzitutto, sottolinea lo studio, c’è da dire che i punteggi globali delle 173 città prese in considerazione sono migliorati, passando da una media di 73,2 su 100, a una media di 76,2, ossia il miglior risultato degli ultimi 15 anni. Un miglioramento la cui causa va ricercata anche nella fine della crisi pandemica. Il miglioramento più marcato è stato rilevato nella categoria “sanità” e piccoli incrementi ci sono stati anche per educazione, cultura, ambiente e infrastrutture. Insomma: non è che la vita a Zurigo e a Ginevra sia peggiorata; è che è migliorata in altri posti. Non si può fare a meno, però, di chiedersi se non sia una brutta piega quella che sta prendendo la Svizzera, che solo due giorni fa, in un’altra classifica, stilata questa volta dall’International Institute for Management Development (IMD) di Losanna, è risultata essere un Paese meno competitivo rispetto al passato.
+Peggiora (di poco) la competitività elvetica
L’Italia, dal canto suo, si è “comodamente” adagiata nella parte alta della classifica: il Bel Paese è rappresentato da Milano e Roma (i meneghini fanno meglio dei romani, ma i dati forniti da The Economist non specificano la posizione esatta delle due città, il cui punteggio è comunque compreso tra gli 80 e i 90 punti).
Se globalmente i punteggi sono migliorati, ci sono categorie che non se la passano così bene: la stabilità è calata un po’ ovunque. In molte località si percepisce un incremento della corruzione e dei disordini civili, causati spesso dall’aumento del costo della vita. In alcune città è cresciuto anche il tasso di criminalità.
Delle cinque categorie coperte dal nostro indice di vivibilità, solo la stabilità ha registrato un calo dell’anno scorso. In molte città, come Atene (Grecia), i punteggi di stabilità sono diminuiti quest’anno a causa dei maggiori disordini civili. Altrove, l’inflazione, l’insoddisfazione per le condizioni di lavoro e occasionali carenze di beni hanno scatenato scioperi e proteste. In Francia, per esempio, proteste per le riforme pensionistiche hanno interessato numerose città. Altri Paesi, da Israele e Sudafrica, al Bangladesh e al Perù, hanno assistito a ondate di proteste alimentate dal rincaro di benzina e cibo o dalle accuse di corruzione nei confronti del Governo. Nonostante questo, in molte città il calo dei nostri rating di stabilità complessiva è stato modesto, poiché le revisioni al rialzo in Paesi dell’Europa orientale (che erano a rischio di conflitto militare nel 2022) e in Canada (che l’anno scorso ha dovuto far fronte a proteste contro le restrizioni pandemiche) hanno quasi compensato i cali registrati altrove. Anche così, però, non aspettiamoci che la rabbia che ribolle si spenga presto. I prezzi delle materie prime a livello globale, le continue interruzioni della catena di approvvigionamento, i prezzi elevati dei prodotti alimentari e la debolezza delle valute nei confronti del dollaro USA in alcuni paesi continueranno ad alimentare il malcontento nel 2023. L’aumento dei tassi d’interesse, più alti negli Stati Uniti e in Europa, hanno aumentato il rischio di fallimenti, bancarotte e difficoltà economiche. (The Economist)
L’ultima città in classifica è Damasco (Siria), come già nel 2022 e nella lista dei peggiori, con un punteggio di 44 su 100 (Damasco ne ha 30,7), c’è Kiev (al 165esimo posto).
Come c’era da aspettarsi, la Top 50 di questo indice globale è occupata principalmente da Paesi ricchi (Europa occidentale, America del nord, Australia e Oceania) e le più vivibili risultano essere le città piccole e medio-grandi. Meno bene quelle grandi: Londra (46esima) perde 12 posizioni e New York (69esima) ne perde dieci.
In un anno, si può leggere nello studio, le migliori progressioni sono state rilevate in Asia e Oceania: la neozelandese Wellington ha guadagnato 35 posizioni in 12 mesi, Hanoi (Vietnam) ne ha guadagnate 20 e Kuala Lumpur (Malaysia) 19.
La domanda che ora sorge spontanea è: sta peggiorando l’Occidente o stanno migliorando gli altri? Una risposta che non sarà facile dare adesso. Dovremo aspettare di poter leggere le classifiche dei prossimi anni, per poter stilare un primo bilancio.
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