Scomparsa del Boeing 777, un mistero che resterà tale
La commissione indipendente incaricata di fare luce sulla scomparsa del Boeing 777 della Malaysia Airlines quattro anni fa ha presentato lunedì le sue conclusioni: si escludono problemi meccanici, errori umani o volontà del pilota.
Quattro anni di ricerche lungo 112’000 chilometri quadrati nell’Oceano Indiano non hanno restituito il relitto del velivolo scomparso nel nulla l’otto marzo 2014, con 239 persone a bordo.
Nelle 500 pagine del rapporto presentato lunedì, la commissione indipendente – che ha proceduto più per esclusione che sulla base di veri indizi – riprende la tesi ufficiale. Sono da escludere guasti tecnici ed errori umani.
Il Boeing, partito da Kuala Lumpur e diretto a Pechino, aveva improvvisamente lasciato la rotta originaria, per poi volare per altre sette ore sopra l’Oceano Indiano dopo aver interrotto tutte le comunicazioni.
Il rapporto ritiene probabile invece “l’interferenza di terzi”, ossia un dirottamento che ha costretto il pilota a manovre non volute. Anche questa teoria però scricchiola: perché non ci fu nessuna rivendicazione e nessuna richiesta di riscatto? E perché far volare un aereo dirottato per ore fino all’esaurimento del carburante?
Secondo l’esperto di incidenti aeronautici svizzero Othmar Hummel, intervistato dalla Radiotelevisione svizzera, l’ipotesi di un atterraggio volontario sull’acqua è la più plausibile, proprio per la mancanza di frammenti.
“Non è stato il pilota”
Un’altra delle teorie in voga finora – rilanciata anche dall’inchiesta di esperti aeronautici per una tv australiana pochi mesi fa – era che il primo pilota Zaharie Ahmad Shah avesse condotto il Boeing in una missione suicida. L’uomo si era appena separato dalla moglie, e pochi giorni prima aveva cancellato tutti i dati dal suo simulatore di volo, su cui aveva anche provato rotte verso l’Oceano Indiano. Ma il rapporto di lunedì esclude tale pista: “Siamo dell’opinione che non possa essere stato il pilota”, ha detto Kok.
Lo stesso rapporto ammette che senza il ritrovamento del relitto, arrivare a conclusioni è impossibile. Ma due lunghe missioni di ricerca – una diretta dai governi di Malaysia, Australia e Cina e l’altra da una azienda privata statunitense – non hanno portato a nessun progresso, dopo aver perlustrato un’area di mare grande quanto tre quarti dell’Italia. Almeno tre pezzi del MH370 sono stati ritrovati sulle coste africane: troppo poco. Senza scatole nere e senza un movente plausibile, la verità rischia di non emergere mai.
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