Dopo tre giorni di dibattito il Parlamento britannico ha dato al Governo il via libera definitivo per avviare le procedure d’uscita dall’Unione Europea. Tutti gli emendamenti presentati dall'opposizione sono stati respinti.
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Per Theresa May la strada è sempre più in discesa. Martedì la premier aveva schivato il pericolo più temuto: la richiesta di subordinare l’accordo finale ad un nuovo voto parlamentare. Un condizionamento che – secondo la May – avrebbe rischiato di sabotare l’autorevolezza delle trattative stesse. Il voto di Westminster ci sarà – prima di quello ratificante del Parlamento Europeo – ma non costringerà in alcun modo il governo a tornare al tavolo dei negoziati.
Tra due anni il Regno Unito abbandonerà comunque l’Unione.
Al parlamento britannico spetterà stabilire se l’uscita dovrà avvenire attraverso un accordo negoziato – soddisfacente o meno che sarà – oppure con uno “strappo”, affidandosi alle norme previste dall’organizzazione mondiale del commercio.
Una votazione sì, ma “prendere o lasciare”, dall’esito quasi scontato. Perché un accordo con l’Unione, per quanto deludente, sarà sempre meglio di una “non-intesa”, che comporterebbe il ripristino automatico di tariffe e dazi doganali per l’import/export.
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