Zugo vuole commemorare le vittime dei processi alle streghe
Fino al XVIII secolo, migliaia di persone innocenti sono state uccise nei modi più crudeli anche in Svizzera. Un memoriale a Zugo intende ricordare il loro triste destino.
Il 7 agosto 1737, la 16enne Katharina Kalbacher si presentò davanti al magistrato di Zugo e si autodenunciò. Confessò di aver praticato la stregoneria. Ne seguì una vera e propria isteria collettiva. Durante l’interrogatorio, la Kalbacher accusò di stregoneria altre 20 persone. Di conseguenza, molte di loro furono interrogate dalle autorità, torturate e bruciate vive. La stessa Katharina Kalbacher fu giustiziata a colpi di spada nella Cappella dell’Angelo Custode di Zugo.
Fu l’ultimo processo per stregoneria nel Cantone. Katharina Kalbacher condivise il destino di oltre 200 persone che a Zugo erano state vittime di processi alle streghe nei 180 anni precedenti. Secondo una stima approssimativa, in tutta la Svizzera circa 10’000 persone furono giudicate per stregoneria, la maggior parte delle quali donne. Le autorità le accusavano di essere in combutta con il diavolo, di causare grandinate, di far ammalare le persone o il bestiame.
Memoriali in altri cantoni
Oggi, solo una semplice croce di ferro con una targa nella Cappella dell’Angelo Custode di Zugo ci ricorda che il sito era un tempo utilizzato come tribunale. I numerosi processi alle streghe non sono menzionati. Ora le cose potrebbero cambiare: Il Parlamento cantonale di Zugo ha approvato una mozione che chiede di erigere un monumento alle vittime dei processi alle streghe. La palla è ora nel campo del Governo.
L’idea di un memoriale è nata grazie all’autrice teatrale Maria Greco. Da due anni propone visite guidate della città incentrate sui processi alle streghe. “Spero davvero che questo memoriale – afferma – serva a ricordare tutte le persone che sono state giustiziate per niente”. Esiste già un monumento commemorativo nel cantone di Glarona, ad esempio, e uno è attualmente in costruzione a Lucerna.
+ L’ultima condanna per stregoneria in Europa avvenne nel 1782 a Glarona.
Vivere dove le persone venivano torturate
Oltre a molte donne, sono stati colpiti anche alcuni uomini, e talvolta anche bambini. Greco ha studiato le fonti storiche per il suo tour della città e le legge durante la visita. Chi partecipa a questi tour, diventa particolarmente silenzioso quando ascolta i nomi delle persone giustiziate e la loro età. Ad esempio: “1648: il figlio di Michel Murer, chiamato ‘Effli’, di 8 anni, decapitato”.
Fa impressione anche la stazione della cosiddetta Cheibenturm nel centro storico di Zugo, dove le presunte streghe erano torturate e interrogate. “Venivano appese per le braccia a un argano e tirate su. Pietre sempre più pesanti venivano attaccate alle loro gambe finché le braccia non si slogavano”.
La Cheibenturm ora ospita un condominio. “Sapere cosa è successo lassù mi fa venire i brividi – osserva Maria Greco. Non potrei vivere qui”.
Vittime: donne e poveri
Un monumento commemorativo aiuterebbe a garantire che questo capitolo oscuro della storia di Zugo non venga dimenticato. “All’epoca non ci voleva molto per un’accusa”, dice l’operatrice culturale.
La gente cercava colpevoli per ogni cosa inspiegabile. “Le vittime erano spesso persone appartenenti alle classi inferiori che non si adeguavano alla società. Non potevano difendersi”. Una vicenda da cui ancora oggi si possono trarre delle lezioni.
Lo storico Georg Kreis, professore emerito all’Università di Basilea, ha svolto numerose ricerche sulla cultura del ricordo. In generale accoglie con favore il fatto che le ingiustizie del passato vengano ricordate negli spazi pubblici. Tuttavia, avverte: “C’è il paradosso che in molti casi non c’è nulla di più invisibile dei monumenti alla memoria. La gente si abitua, ci passa davanti e non ci fa caso”.
Ecco perché i memoriali da soli non garantiscono che una società sviluppi la consapevolezza dell’ingiustizia dei processi alle streghe. Piuttosto, devono essere utilizzati regolarmente: “Per esempio, con ulteriori rituali commemorativi come gli anniversari, con programmi di visite guidate o con commenti sui social media”.
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