Mohamed Ba, l’arte che unisce i mondi
Mohamed Ba a 17 anni ha lasciato il suo paese, il Senegal, per emigrare in Europa. Da 21 anni vive in Italia, dove si è pian piano affermato come autore teatrale ed attore, recitando anche nell'ultimo film di Checco Zalone.
Mohamed Ba, senegalese, 56 anni, da 21 in Italia e da 11 brianzolo d’adozione. Attore e scrittore di testi teatrali, mediatore culturale ed esperto in temi di immigrazione e di integrazione. La sua potrebbe essere una storia come tante altre, di chi è costretto a lasciare il proprio paese in cerca di un futuro.
Ma lui all’immigrazione e all’integrazione ha dedicato tutta una vita. “Per costruire dei ponti che colleghino il Sud al Nord del mondo, attraverso le arti e il teatro”, racconta. Quella stessa passione, nata in Africa “perché lì in Senegal, il teatro è la vita”, che lo ha portato a recitare in ‘Tolo, Tolo’, l’ultima e discussa pellicola di Checco Zalone con incassi da record, tanto da guadagnarsi il quinto posto tra i migliori box office di sempre in Italia.
Nel film del comico pugliese, Ba è il medico che soccorre il protagonista e gli offre una ricetta universale contro un virus che rende disumani, poi veste i panni del Papa e infine quelli di uno scrittore famoso. Ma di questa avventura l’attore senegalese non vuole più dire nulla, dopo le polemiche scatenate dal trailer della pellicola con il video e la canzone ‘Immigrato’, diventato un ‘caso’ in Italia, divisa tra chi lo ha difeso e chi invece vi ha visto stereotipi razzisti.
Ed è proprio dell’immigrazione che secondo Ba, non si riesce più a discutere, perché se ne parla solo in termini positivi o negativi. Zalone invece ha messo a nudo i limiti di entrambe le visioni, raccontando il viaggio di un imprenditore pugliese in fuga dai debiti e costretto dalla guerra a tornare in patria, sulla rotta dei migranti.
Quello stesso viaggio che Ba ha deciso di percorrere a 17 anni. “Essendo in dieci fratelli, era un po’ dura per noi. Non avevamo da mangiare. Mi facevo forza e coraggio, il giorno dopo tornavo a scuola”. Poi però la decisione di lasciare la famiglia, gli affetti e il suo Paese. “Per fare tutto ciò che era umanamente possibile per cambiare quella storia, per consentire agli altri di vivere quello che da piccoli ci si poteva permettere soltanto di sognare”. E quindi l’arrivo in Francia, punto di riferimento culturale per Ba, ma anche prima e vera esperienza di ‘estraneità’. “Vedere la Francia dall’Africa è un conto, metterci piede è tutt’altra cosa”.
Poi l’approdo in Italia, i primi contatti con i suoi connazionali che gli offrono di vendere braccialetti ai parcheggi dei supermercati. “Sapevo che senza conoscere la lingua, non sarei mai stato libero. Mai avrei potuto fare quello che sapevo fare meglio: usare le parole”. I primi rudimenti dell’italiano imparati ascoltando la radio e quando Ba si sente pronto, inizia a scrivere testi teatrali e a proporli alle compagnie milanesi.
Per lui l’arte resta una via per superare le barriere, una via per evitare che accadano episodi drammatici come l’aggressione che ha subito nel 2009 e per esaltare il bello che c’è nella diversità. “Quanto mi piacerebbe che qualcuno da qui andasse in Africa e testimoniasse di aver scoperto uno stile di vita, una società, delle persone, delle anime, delle voci, dei suoni, dei rumori. Senza perdere il suo essere italiano, francese, tedesco, svizzero”.
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