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Dagli USA un nuovo piano per prolungare la tregua a Gaza

Keystone-SDA

L'uomo più stimato da Donald Trump potrebbe aver dato davvero un "piccolo impulso" all'accordo di tregua e rilascio degli ostaggi dopo settimane di marasma.

(Keystone-ATS) Prima di volare a Mosca, a Doha Steve Witkoff, che in Qatar non ha incontrato personalmente i rappresentanti di Hamas, ha presentato ai negoziatori un “piano di mediazione” da sottoporre a Israele e Hamas che prevede il rilascio di 3-5 rapiti vivi e 3-5 deceduti in cambio di un cessate il fuoco di 50 giorni, durante i quali i colloqui continueranno per sviluppare l’accordo. La nuova proposta americana, riferita da Axios, prevede anche che Israele riapra i valichi chiusi nei giorni scorsi e faccia passare i camion con gli aiuti umanitari verso Gaza.

Lo Stato ebraico avrebbe rilanciato chiedendo un aumento del numero di ostaggi da rilasciare, ma in linea generale ha dato “una risposta positiva” all’ultima bozza di Witkoff. Mentre Qatar ed Egitto stanno ancora aspettando la decisione di Hamas, dopo avergli tramesso i dettagli mercoledì sera. L’organizzazione fondamentalista potrebbe modificare il suo atteggiamento di rifiuto tenuto nelle ultime settimane anche per via del Ramadan in corso: che la guerra riprenda nel mese santo del digiuno per i musulmani, dopo un’eventuale risposta negativa, avrebbe delle ricadute politiche gravi nella Striscia. Se invece si dovesse raggiungere un’intesa di cessate il fuoco a lungo termine, che comprende l’intero mese di Ramadan e la Pasqua ebraica fino al 20 aprile, Hamas dovrà restituire tutti gli ostaggi rimasti, vivi e morti, l’ultimo giorno della proroga temporanea della tregua, prima che entri in vigore il cessate il fuoco effettivo.

Verso espansione Accordi di Abramo

Dietro le quinte, scrivono gli analisti israeliani, Witkoff e Trump vogliono andare avanti con la fase due, come parte del loro “grande piano” per ridisegnare l’ordine mondiale. A cominciare dall’accordo con Riad: tra un mese e mezzo infatti il presidente USA dovrebbe visitare l’Arabia Saudita con l’obiettivo di incassare la normalizzazione in Medio Oriente, oltre che espandere gli Accordi di Abramo, con l’inclusione di diversi Paesi arabi e musulmani, tra cui Siria, Libano, Indonesia e Malesia. Gli Usa ritengono che al momento anche un rilascio limitato di ostaggi potrebbe aiutarli nel loro piano più ampio. Un ostacolo potrebbe essere però Benyamin Netanyahu, che si sta opponendo con tutte le forze al passaggio dell’accordo alla seconda fase e continua a mantenere le sue truppe nel corridoio Filadelfia, al confine tra Gaza e il Sinai egiziano. A Washington le difficoltà politiche di Netanyahu in patria sono chiare, ma la Casa Bianca sembrerebbe determinata a non farsi frenare nel suo progetto.

Da ONU nuove accuse di genocidio

Nel frattempo, una nuova pesante accusa è arrivata da Ginevra, dove la Commissione di inchiesta delle Nazioni Unite ha affermato che Israele ha “attaccato e distrutto intenzionalmente” il principale centro di fertilità del territorio palestinese a Gaza. Secondo la Commissione, il bombardamento “era una misura destinata a prevenire le nascite di palestinesi a Gaza, un atto genocida”. Israele ha respinto con veemenza le affermazioni, a cominciare dalla Commissione civile sui crimini di Hamas del 7 ottobre contro donne e bambini: “Il rapporto dell’Onu segue il modello di creare un falso paragone tra Israele e Hamas. Questo paragone morale è doloroso e sbagliato perché il suo scopo è quello di stabilire false narrazioni storiche e infligge danni irreparabili sia alle vittime che alla giustizia”, ha detto Cochav Elkayam-Levy, capo della Commissione israeliana. E il ministero degli Esteri ha definito il documento “una delle peggiori calunnie della storia”.

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