Svizzeri all’estero: il governo insista sull’e-voting
Che cosa significa, per la cosiddetta Quinta Svizzera, il sostanziale abbandono delle opzioni di voto elettronico? Il presidente dell'Organizzazione degli svizzeri all'estero OSE esprime preoccupazione e delinea gli scenari in vista delle elezioni federali del prossimo ottobre.
Il voto elettronico non è più un’opzione contemplata dalla nostra democrazia diretta, dopo la recente decisione del governo di abbandonare i piani per l’introduzione permanente di strumenti di voto online, e il ritiro dei due sistemi sperimentati in una lunga fase pilota.
Le autorità e i fornitori di servizi informatici hanno messo in evidenza falle tecniche e problemi di sicurezza, in un contesto di già crescente scetticismo dell’opinione pubblica nei confronti della tecnologia.
L’OSECollegamento esterno ha appreso con sconcerto del cambiamento di politica del governo, poiché negli ultimi 16 anni ha investito molte risorse nella promozione del voto elettronico, spiega il presidente Remo Gysin.
La questione irrompe nella sessione del Consiglio degli svizzeri all’esteroCollegamento esterno, che si terrà prima dell’annuale Congresso degli svizzeri all’esteroCollegamento esterno in programma il 17 e 18 agosto a Montreux. Gysin illustra a swissinfo.ch il suo punto di vista su cosa succederà dopo.
swissinfo.ch: Oltre un mese fa, il Consiglio federale ha deciso di abbandonare i suoi piani per un’introduzione definitiva del voto elettronico. È stato un duro colpo per la comunità degli “espatriati”?
Remo Gysin: La decisione del governo ci ha colti di sorpresa, è stata una vera delusione. È un peccato per la nostra democrazia e si ripercuote negativamente sulle ambizioni della Svizzera di diventare un polo di innovazione tecnologica.
Perché il voto elettronico è così importante per l’Organizzazione degli svizzeri all’estero?
I circa 180’000 svizzeri all’estero aventi diritto al voto ricevono le schede per posta. Le buste spesso arrivano tardi, troppo tardi per dare loro il tempo di studiare i temi in votazione o scegliere i candidati a un’elezione. Al momento in cui le buste rientrano in Svizzera, i voti sono già stati scrutinati da un pezzo.
Il problema della lentezza dei servizi postali esiste non soltanto nei Paesi meno industrializzati, ma riguarda anche elettori con passaporto svizzero che vivono in regioni discoste delle vicine Francia, Germania e Italia.
In altre parole, il voto elettronico è l’unica soluzione partica perché i connazionali all’estero possano esercitare i loro diritti politici come garantito dalla Costituzione svizzera.
La decisione del Consiglio federale ha provocato un’ondata di reazioni perlopiù negative tra i lettori della Schweizer RevueCollegamento esterno, la rivista per gli svizzeri all’estero, e sulle reti sociali. Si respira in generale un clima di delusione mista a incomprensione. Alcuni insinuano che sia uno stratagemma per escludere una minoranza che vivendo fuori dal Paese ha una visione verosimilmente più critica della Svizzera. Condivide questi sospetti?
Non credo che l’ultima decisione sia parte di una strategia per escludere la comunità degli svizzeri all’estero dal processo democratico.
L’OSE ha sempre avuto il sostegno del governo svizzero e della sua amministrazione in passato, anche nei nostri sforzi per introdurre il voto per corrispondenza negli anni ’90. Fino a poco tempo fa, sia le autorità federali sia quelle cantonali hanno mostrato comprensione per le nostre preoccupazioni.
Detto questo, la volontà politica e il sostegno finanziario per perseverare con il voto elettronico hanno cominciato a venir meno. Dopo 16 anni di sperimentazioni con successo della tecnologia online, ci aspettiamo che le autorità svizzere facciano di meglio. Vogliamo che siano più attive, per quanto riconosciamo che la digitalizzazione ha avuto, e ha, un posto piuttosto alto nell’agenda dell’esecutivo.
Chi può essere incolpato della débâcle, secondo Lei?
Il cuore del problema è la questione della sicurezza dei dati e la mancanza di coordinazione tra i soggetti interessati.
Non è stato possibile garantire oltre ogni ragionevole dubbio che i sistemi in uso potessero resistere a un attacco hacker. La sicurezza è di primaria importanza e conta più della rapidità nell’introduzione dell’e-voting, riconosce l’OSE.
Oltre a questo, c’è la struttura federalista dello Stato svizzero e i diversi attori coinvolti: le aziende informatiche come fornitrici dei sistemi, le autorità cantonali e locali per l’applicazione del sistema di voto elettronico, il governo federale come promotore e i cittadini come utenti.
La nostra opinione è che il governo svizzero abbia mancato di leadership, come coordinatore e promotore di un sistema di voto elettronico affidabile e fidato per garantire i diritti politici. Questo è stato finora e rimarrà in futuro il ruolo delle autorità federali.
Se c’è qualcosa che si può imparare da questo fallimento, è che un pieno impegno da parte del Consiglio federale è fondamentale.
Quali passi concreti ha intrapreso l’OSE, in passato, per promuovere il voto elettronico?
Servirebbe ben più tempo e spazio di quel che abbiamo a disposizione per elencare tutti gli sforzi fatti dall’OSE per sostenere il voto elettronico in pubblico, al parlamento, rivolgendosi ai governi (federale e cantonali) e ad altri attori. Abbiamo avuto contatti personali, contribuito alla crescita della consapevolezza, dato informazioni, partecipato alle procedure di consultazione per le riforme di legge, e fatto lobbying in parlamento e tra i partiti politici.
Il Consiglio degli svizzeri all’estero -l’assemblea dei delegati della cosiddetta Quinta Svizzera- ha approvato tre risoluzioni dal 2011, portando così le nostre richieste al grande pubblico. Un quarto testo è sul tavolo e sarà discusso alla prossima sessione del Consiglio a Montreux.
Lo scorso novembre, l’OSE ha consegnato oltre 11’000 firme raccolte in poco tempo per chiedere l’introduzione dell’e-voting per gli svizzeri che vivono in Paesi di tutto il mondo.
Due anni fa, abbiamo impiegato il sistema di voto elettronico fornito dal Canton Ginevra per eleggere i rappresentanti di Australia e Messico al Consiglio degli Svizzeri all’estero.
Quante risorse finanziarie e umane dell’OSE sono state spese, negli anni, per sostenere il voto elettronico?
Non abbiamo tenuto una contabilità separata di quanto fatto in favore dell’e-voting, ma posso dire che vi sono state investite innumerevoli ore di lavoro e molta energia. Tutto è rientrato nel budget ordinario dell’organizzazione.
A sobbarcarsi il grosso dei costi sono stati i cantoni e le aziende che hanno sviluppato i sistemi. Non mi sorprende che alcuni cantoni stiano valutando di presentare una richiesta di risarcimento.
Cosa dice ai critici che accusano l’OSE di aver fallito completamente nel promuovere l’introduzione del voto elettronico?
Nessuno è perfetto. Ma senza essere presuntuosi, non vedo cosa avremmo potuto e dovuto fare diversamente, per evitare l’attuale stallo.
Inoltre, e non è un aspetto da sottovalutare, siamo riusciti a portare questo argomento all’attenzione dell’opinione pubblica, dando avvio a un intenso dibattito politico tra fautori e oppositori, in particolare il gruppo che ha lanciato un’iniziativa popolare che chiede di porre fine a ogni azione volta a introdurre l’e-voting.
L’OSE non ha mancato per troppo tempo di tenere in considerazione le opinioni degli oppositori e le falle tecniche dei sistemi in uso?
Non mi pare. Abbiamo sempre seguito con attenzione, in questi 16 anni, le discussioni sulla sicurezza e abbiamo invitato gli oppositori a presentare le loro argomentazioni al Consiglio degli svizzeri all’estero.
Siamo sempre stati coscienti delle difficoltà, ma non è il nostro compito sviluppare una soluzione tecnica.
Com’è possibile che un Paese come l’Estonia introduca il voto elettronico e che le banche svizzere mettano in funzione sistemi considerati sicuri per le transazioni finanziarie? Il settore tecnologico del nostro Paese, conosciuto per essere ai primi posti per ricerca e innovazione, sembra invece incapace di compiere progressi sufficienti in questo campo.
I promotori di un’iniziativa che chiede una moratoriaCollegamento esterno sull’e-voting hanno cominciato a raccogliere le firme. La rassicura sapere che un recente studio di Avenir Suisse conclude che è solo questione di tempo, prima che si possa votare attraverso degli strumenti online?
Penso che l’approvazione dell’iniziativa sia il peggior scenario ipotizzabile per il settore informatico svizzero e la sua competitività, così come per la democrazia del Paese e più in particolare per i cittadini svizzeri all’estero.
Se approvata in votazione, comporterebbe almeno cinque anni di stop nello sviluppo tecnologico e un ostacolo insormontabile per molti svizzeri all’estero, nella partecipazione al processo decisionale previsto dal sistema di democrazia diretta del loro Paese d’origine.
Saluto e condivido la conclusione degli esperti del think tank [Avenir Suisse]. Ma è una magra consolazione. Non è abbastanza, per avere una soluzione in futuro. Combatteremo per l’introduzione del voto elettronico in questi prossimi anni.
L’assenza di e-voting per le elezioni federali del prossimo ottobre significa lasciare delusi e frustrati molti espatriati. E adesso?
In francese si dice “reculer pour mieux sauter”, fare un passo indietro per riuscire a saltare (e quindi avanzare) meglio. Il Consiglio degli svizzeri all’esteroCollegamento esterno discuterà una risoluzione che chiede al governo di mettere tutta la sua influenza nei nuovi tentativi di sviluppare un nuovo sistema di voto elettronico, migliore dal profilo della sicurezza.
Ci attendiamo che il governo presenti i prossimi passi politici nel 2020, in linea con l’impegno assunto a giugno.
Quanto alle elezioni di ottobre, ci appelliamo alle autorità cantonali e locali perché inviino il materiale di voto (schede e opuscoli informativi) il più presto possibile, sfruttando la posta elettronica per quanto possibile. Non risolverà del tutto il problema, ma può aiutare.
Il contributo dell’OSE è duplice. Tutti i partiti politici e i candidati avranno una piattaforma al Congresso di Montreux per presentare i loro programmi direttamente alla comunità degli espatriati. Faremo inoltre in modo che l’informazione sia diffusa in tutto il mondo attraverso i media elettronici, inclusa la Schweizer Revue, la nostra pagina di Facebook e il nostro account Twitter.
Traduzione dall’inglese di Rino Scarcelli
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