La nuova immigrazione italiana in Svizzera
Una nuova ondata di immigrazione italiana interessa la Svizzera negli ultimi anni. Si tratta di una diaspora diversa da quella "storica", arrivata soprattutto negli anni '60 e '70. Ma anche la Confederazione, nel frattempo, è cambiata.
Quella italiana è la più grande comunità straniera in Svizzera. Nel 2021, le cittadine e i cittadini italiani che risiedevano permanentemente nella Confederazione erano più di 328’000Collegamento esterno. E questo senza contare i detentori di doppia nazionalità.
Si tratta inoltre una comunità che sta continuando a crescere. Dal 2007, il saldo migratorio (la differenza tra arrivi e partenze) per le persone di nazionalità italiana è tornato a essere positivo.
Gli italiani e le italiane, insomma, stanno tornando.
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La migrazione italiana in Svizzera è cambiata ma non si è mai interrotta
L’immigrazione italiana in Svizzera è lungi dall’essere una novità. Negli anni ’60 e ’70 del XX secolo moltissime persone, in arrivo soprattutto dal Meridione, sono giunte nella Confederazione. Per la maggior parte si trattava di lavoratrici e lavoratori poco o per nulla qualificati, che si sono messi all’opera in fabbriche, cantieri o ristoranti.
L’immigrazione italiana in Svizzera ha registrato una storica ondata nei primi decenni del Dopoguerra. Tra il 1945 e il 1975, circa 2 milioni di lavoratori sono giunti dalla Penisola; la maggior parte sono rimasti solo alcuni anni.
Da allora, formano la più grande comunità straniera in Svizzera. Il punto più alto è stato toccato nel 1975 con oltre 570’000 italiane e italiani residenti.
Dalla crisi del petrolio negli anni ’70, il loro numero è costantemente sceso. Dal 2007 si denota però un cambiamento di tendenza: l’immigrazione italiana è tornata a crescere. A fine 2021, le persone residenti in Svizzera con passaporto italiano erano 328’300: il 14,6% della popolazione residente permanente straniera. Ossia, la nazionalità più numerosaCollegamento esterno dopo quella elvetica.
Queste persone si sono spesso dovute confrontare con la diffidenza e la xenofobia degli autoctoni che spesso e volentieri affibbiavano loro cliché per nulla lusinghieri (mangiavano gatti, puzzavano d’aglio, giravano con il coltello).
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Quando Zurigo si armò e scacciò gli italiani
Tra gli immigrati e le immigrate italiani che hanno vissuto in Svizzera in quel periodo è ancora vivo il ricordo dell’iniziativa “contro l’inforestierimento” che voleva limitare al 10% la percentuale di straniere e stranieri sul suolo svizzero. Non era un segreto che i “forestieri” presi di mira dall’iniziativa fossero soprattutto le italiane e gli italiani.
È innegabile tuttavia che la Svizzera che conosciamo è stata costruita da questi lavoratori che in territorio elvetico hanno creato una comunità che oggi è considerata un modello di integrazione.
È anche grazie alla forte presenza italiana nella Confederazione, tramite catene migratorie parentali o amicali, che la comunità sta tornando a crescere. Ma l’immigrazione italiana degli ultimi anni è molto diversa da quella di allora.
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Immigrazione italiana tra xenofobia, resistenza e solidarietà
Più della metà di coloro che si trasferiscono oggi nella Confederazione ha già una laurea in tasca. Secondo la Fondazione Migrantes la Svizzera rappresenta una destinazione “tradizionale ma rivisitata”, meta per persone “altamente qualificate, più che specializzate, di entrambi i sessi, nuclei familiari giovani con competenze settoriali”.
Chi si trasferisce in Svizzera per lavoro, lo fa per cercare una professione in cui poter realizzare le proprie competenze, una professione che non è possibile trovare in Italia. Una delle mete più gettonate è la città di Zurigo.
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Perché Zurigo attira così tanti talenti italiani
Ma cercare non sempre è sinonimo di trovare. Secondo uno studio sulla recente diaspora intitolato “Gli italiani nelle migrazioni in Svizzera”, la migrazione italiana può essere suddivisa in tre macrocategorie: la migrazione iper-qualificata, laureata in materie scientifiche, che occupa posizioni dirigenziali; la migrazione con formazione terziaria umanistica, costretta spesso, a causa delle insufficienti conoscenze della lingua locale, a scendere a compromessi rispetto alle proprie qualifiche e, infine, una migrazione poco qualificata che non è tanto diversa da quella tradizionale.
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Lavoratori italiani in Svizzera, tra luci e ombre
Un altro aspetto della Svizzera che attira sempre più italiani è il mondo accademico, in particolar modo in ambito scientifico. Anche in questo caso, la città di Zurigo offre un buon esempio.
Gli italiani iscritti a un corso di master al Politecnico della città (ETHZ) sono raddoppiati dal 2013 al 2017.
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Il Politecnico di Zurigo è sempre più italiano
Ad attirare le studentesse e gli studenti italiani sono diversi fattori, in primis la vicinanza. Ormai bastano circa tre ore di treno per arrivare a Zurigo da Milano. In secondo luogo, al’ETHZ è possibile seguire corsi esclusivamente in inglese, la lingua straniera con cui generalmente le e i giovani italiani hanno più dimestichezza.
Vi è poi l’aspetto del costo degli studi. Zurigo è una città cara ma le tasse d’iscrizione al Politecnico, tra le scuole più prestigiose in Europa, sono dello stesso ordine di grandezza delle università in Italia dove spesso, a dire dei diretti interessati, mancano i fondi per la ricerca e c’è carenza di docenti giovani.
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Svizzera-Italia tornano a dialogare a Zurigo
Tante menti italiane brillanti hanno trovato successo in Svizzera. Come non citare ad esempio Alessio Figalli, vincitore della Medaglia Fields (il “Nobel” per la matematica), oggi professore all’ETHZ?
Sono persone spesso definite “cervelli in fuga” ed è vero che molti considerano la loro partenza come un grande problema per l’Italia.
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L’Italia che non è in Italia
“L’Italia sta continuando a perdere le sue forze più giovani e vitali, capacità e competenze che vengono messe a disposizione di altri Paesi che non solo li valorizzano appena li intercettano, ma ne usufruiscono negli anni migliori, quando cioè creatività e voglia di emergere sono ai livelli più alti per freschezza, genuinità e spirito di competizione”, scrive la Fondazione Migrantes.
Ma non sempre chi parte non torna e non sempre la partenza è sinonimo di perdita. A molte ricercatrici e ricercatori italiani in Svizzera non piace essere definiti “cervelli in fuga”.
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“Cervelli in fuga? No, creatori di ponti”
Persone in cerca di lavoro, di conoscenza o ancora gente che si è trovata in Svizzera per caso. Quando si parla della nuova immigrazione italiana è facile cedere alla tentazione di fare generalizzazioni. Non tutti sono cervelli in fuga, non tutti sono plurilaureati. Se per alcuni al Svizzera ha rappresentato una terra promessa, per altri ci sono state difficoltà e delusioni.
Ogni persona, dopotutto, ha la sua storia unica. Conosciamo dunque alcuni volti della nuova immigrazione italiana in questa serie di ritratti.
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“La Svizzera mi ha regalato il tempo di esprimere il mio talento”
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“Per fare archeologia in Calabria, ho dovuto trasferirmi a Basilea”
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“A Berna ho trovato la libertà accademica che cercavo”
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“Guardando le nuvole, penso alle equazioni”
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