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Assicurazione infortuni per tutte le vittime dell’amianto

Amianto
A causa della base legale attualmente in vigore, la Suva non può effettuare pagamenti a chi non ha una copertura professionale. Keystone-ATS

Il Consiglio nazionale ha votato oggi affinché chi si è ammalato per l’esposizione all’amianto benefici dell’assicurazione anche in caso non avesse la copertura professionale. Il Consiglio degli Stati deve ancora pronunciarsi.

Malgrado l’uso dell’amianto sia stato vietato in Svizzera esattamente 35 anni fa, ossia il primo marzo 1990, questo insieme di minerali continua a mietere vittime.

Per questo motivo, il Consiglio nazionale ha discusso oggi una modificaCollegamento esterno della legge federale sull’assicurazione contro gli infortuni allo scopo specifico di istituire un finanziamento pubblico alla fondazione Fondo per le vittime dell’amiantoCollegamento esterno (EFA).

Quest’ultima di occupa del sostegno finanziario di quelle persone che, pur avendo sviluppato disturbi come conseguenza all’esposizione all’amianto, non si sono ammalate nell’ambito della propria professione. Non hanno quindi diritto alle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni.

I materiali contenenti amianto, spesso utilizzati negli edifici più vecchi, comprendono lastre di copertura, colla per piastrelle, stucco per finestre, intonaco, rivestimenti per pavimenti e materiali isolanti. Anche le vecchie fioriere da esterno contengono spesso amianto.

Le malattie conseguenti all’esposizione all’amianto possono nascere anche 30 o 40 anni dopo l’esposizione stessa. La più grave tra queste è il mesotelioma maligno, una forma di tumore che può insorgere anche inalando piccole quantità di polvere di amianto. Le persone esposte per molti anni hanno inoltre un rischio maggiore di ammalarsi di cancro del polmone. Un contatto intensivo con l’amianto prolungato negli anni può, ad esempio, causare un’asbestosi. Vi sono poi delle alterazioni che interessano il polmone o la pleura, ma che non provocano sintomi di malattia (placche pleuriche).

Finora, il fondo non è stato alimentato con fondi pubblici, bensì tramite versamenti volontari in arrivo prevalentemente da aziende che in passato hanno lavorato l’amianto, dal settore assicurativo, da aziende ferroviarie o commissioni paritetiche.

Queste entrate si sono tuttavia rivelate inferiori a quanto previsto: dal 2016 – quando è stata creata l’EFA – alla fine del 2023, nel fondo sono confluiti circa 26 milioni di franchi. Poco, considerato che per far fronte alle esigenze c’è bisogno di 50 milioni supplementari entro il 2030, come ha confermato allora il responsabile della comunicazione dell’EFA, Dani Ernst, a tvsvizzera.it.

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Dopo il dibattito odierno, la maggioranza dei deputati della Camera del popolo ha adottato – con 130 voti favorevoli e 64 contrari – la base giuridica che consentirà all’assicurazione contro gli infortuni Suva di garantire sostegno all’Efa.

Supplire a una lacuna

Dei circa 170 nuovi malati che ogni anno vengono colpiti dalle conseguenze dell’amiantoCollegamento esterno, circa 20-30 non hanno svolto professioni legati a questo materiale senza essere però coperte dall’assicurazione. “ Si tratta, ad esempio, di donne che hanno lasciato la casa del marito contaminata”, ha spiegato la consigliera nazionale socialista Mattea Meyer a nome della commissione.

A causa della base legale attualmente in vigore, la Suva non può effettuare pagamenti da questo fondo. L’emendamento alla legge modifica questa situazione e prevede che la Suva possa versare le eccedenze di reddito derivanti dall’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali. La decisione se effettuare i pagamenti, quando e in che misura dipende dalla competenza del Consiglio della Suva.

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La soluzione più pragmatica

L’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) si è opposta al progetto. Per il gruppo parlamentare, le aziende interessate e i settori che hanno contribuito al problema non si sono assunti a sufficienza le proprie responsabilità. La deputata democentrista Diana Gutjahr ha infatti sottolineato che non è giustificato che tutti i datori di lavoro debbano contribuire.

Sebbene diversi oratori abbiano riconosciuto la pertinenza di questa critica, hanno sottolineato che la soluzione proposta è “pragmatica” e che la mancanza di fondi non deve penalizzare le vittime.

Il Consiglio degli Stati deve ancora pronunciarsi.

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