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Si è spento Alvaro Bizzarri, l’operaio diventato regista che raccontò l’emigrazione

Alvaro Bizzarri
Alvaro Bizzarri è arrivato in Svizzera a metà degli anni '50 del secolo scorso. @RSI

Il regista italiano Alvaro Bizzarri è morto lo scorso 5 dicembre a Pistoia. Aveva 90 anni. Bizzarri, operaio emigrato in Svizzera a metà degli anni ‘50, da saldatore aveva scelto la cinepresa per dar voce ai migranti, non solo italiani, e denunciare la condizione spesso difficile delle lavoratrici e dei lavoratori stagionali, separati dalle loro famiglie.

Il cineasta autodidatta Alvaro Bizzarri era nato nel 1934 in Toscana a San Marcello nel pistoiese. Raggiunta la maggior età emigra a Bienne in Svizzera con il padre nel 1955. Inizialmente saldatore presso una fabbrica a Baden, ben presto si appassiona al cinema e anima il cineclub delle Colonie libere italiane di Bienne.

Dopo aver lasciato la fabbrica in cui lavorava, venne assunto come commesso in un negozio di apparecchi fotografici. Qui impara le basi del mestiere di cineasta: “Prendendo in prestito una cinepresa 8mm dal negozio in cui lavorava – racconta Frédéric Maire, direttore della Cineteca svizzera di Losanna – decise di mostrare ai suoi coetanei, e al resto del mondo, la dura realtà delle lavoratrici e dei lavoratori stagionali, costretti a lavorare alla mercé e impossibilitati a farsi una famiglia”. 

Negli anni Settanta Bizzarri inizia la sua attività di cineasta, indignato dal razzismo dilagante causata da un’ondata di xenofobia. Con la sua cinepresa Super 8, il toscano emigrato a Bienne gira due documentari sulla miseria e sulle conseguenze sociali dello statuto di lavoratori stagionali: Lo stagionale (1971) e Il rovescio della medaglia (1974). 

“I cineclub delle Colonie libere – ricorda Morena La Barba, docente all’Università di Ginevra e ricercatrice sull’emigrazione italiana in Svizzera – sono state una palestra di formazione importante per Bizzarri. Ma il cinema era qualcosa che aveva già dentro. Era un bambino e poi un giovane molto creativo. Ho ritrovato filmati girati da Bizzarri che precedono di diversi anni il suo primo film. Amava il cinema e amava la tecnica, le telecamere. Insomma, aveva una predisposizione per la settima arte”. 

>>Un’intervista ad Alvaro Bizzarri passata al Quotidiano della RSI il 13 aprile del 2022:

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Cinema-denuncia

I film di Alvaro Bizzarri hanno squarciato un velo sulle condizioni di vita degli stagionali, che la popolazione svizzera dell’epoca ignorava. Girati principalmente per i migranti, a cui dare uno specchio in cui vedere la propria condizione e risvegliare in loro un senso di ribellione, i film costituiscono ancora oggi una straordinaria testimonianza. 

“Bizzarri è stato coraggioso ma c’era anche il clima giusto per denunciare la situazione precaria dei lavoratori stagionali”

Morena La Barba, curatrice delle opere e degli archivi di Bizzari

“Bizzarri è stato coraggioso – ammette Morena La Barba – ma c’era anche il clima giusto per denunciare la situazione precaria dei lavoratori stagionali. Le immagini finali del film Lo stagionale sono vere, sono state girate durante la manifestazione contro l’iniziativa Schwarzenbach e contro il clima xenofobo creatosi in Svizzera. La società iniziava a cambiare e il fermento sociale ha permesso a Bizzarri di girare il suo film-denuncia”. 

Lo stagionale, il suo testamento

Dopo la Seconda guerra mondiale, la politica svizzera in materia di immigrazione mirava a far ruotare i lavoratori stranieri in base alle esigenze dell’economia, scoraggiandoli dallo stabilirsi in modo permanente in Svizzera. Era difficile ottenere un permesso di soggiorno a lungo termine e il ricongiungimento familiare era possibile solo dopo diversi anni. 

>> A Bienne le baracche degli stagionali testimoniano di un capitolo della storia recente dell’immigrazione in Svizzera:

Altri sviluppi

Queste circostanze hanno spinto Alvaro Bizzarri a realizzare la sua opera maggiore, Lo stagionaleCollegamento esterno. Si tratta di un film denuncia nei confronti dello statuto di stagionale, definitivamente abolito solo con l’introduzione dell’accordo di libera circolazione nel 2002, che non consentiva alcuna forma di mobilità professionale e impediva il ricongiungimento famigliare.  

“Bizzarri – racconta Morena La Barba che è pure la curatrice dell’opera e degli archivi di Bizzarri – con i suoi film ha osato parlare di qualcosa di cui nessuno voleva parlare: la clandestinità dei bambini, figli delle e degli stagionali. Ma voleva soprattutto dare la voce all’indignazione. È proprio l’indignazione che lo porta a parlare della condizione degli stagionali”. 

Lo statuto di stagionale è introdotto dalla Svizzera nel 1934. Esso permette alle imprese di assumere manodopera straniera per una stagione. Durante il soggiorno, chi ha questo tipo di permesso non può cambiare lavoro, domicilio e farsi raggiungere dalle proprie famiglie

Questo statuto si inserisce nel quadro di una politica migratoria volta a garantire la flessibilità necessaria ai bisogni dell’economia e nello stesso tempo a tenere sotto controllo l’immigrazione.

È soprattutto dopo la fine della Seconda guerra e il seguente boom economico che il numero di lavoratori e lavoratrici stagionali esplode. Nel 1949 la durata massima del soggiorno è portata a 9 mesi. Iniziano dapprima ad affluire massicciamente gli italiani e le italiane, poi nei decenni successivi persone provenienti dalla Spagna, dall’ex Yugoslavia, dal Portogallo, dalla Turchia.

Nel corso della crisi economica degli anni Settanta, circa 200’000 lavoratori e lavoratrici immigrati sono costretti a ritornare nei loro Paesi d’origine. Lo statuto di stagionale assolve così in parte al compito per il quale era stato pensato: garantire la flessibilità all’economia elvetica, in questo caso esportando la disoccupazione.

Lo statuto di stagionale è soppresso nel 2002, con l’entrata in vigore della libera circolazione delle persone con l’Unione Europea.

Tra il 1945 e il 2002, Berna ha rilasciato oltre 6 milioni di permessi stagionali.

Luca Beti

Lo stagionale, recitato da attori non professionisti, racconta infatti le drammatiche vicende di un lavoratore costretto a tenere suo figlio a casa, nascosto nella clandestinità. La storia di questo bimbo è simile a quella di migliaia di altri bambini, anch’essi figli di lavoratori stagionali, che si sono ritrovati a vivere in clandestinità in Svizzera, senza poter andare a scuola, senza poter uscire di casa a giocare, costretti a vivere nascosti in casa come fantasmi, con la paura costante di essere scoperti e cacciati dalla Svizzera. Sono i cosiddetti “bambini armadio” che, non potendo essere dichiarati, vivevano in clandestinità.

Lo stagionale, girato su pellicola 8mm – ricorda Frédéric Maire – ha fatto il giro del mondo. Presentato al Festival del Cinema Libero di Porretta Terme, fu visto da Gian Maria Volontè e dal regista Elio Petri, che presentavano La classe operaia va in paradiso. I due sono rimasti entusiasti e hanno pagato l’ingrandimento del film in 35 mm per poterlo proiettare in tutto il Paese”.  

Due anni dopo, nel 1973 alle Giornate cinematografiche di Soletta, il film viene nuovamente notato e, con l’aiuto finanziario di alcuni registi svizzeri, Alvaro Bizzarri riesce a realizzare una versione in 16 mm con sottotitoli, che gli consente una maggiore distribuzione in Svizzera e all’estero. Le stesse Giornate cinematografiche di SolettaCollegamento esterno nella prossima edizione (22-29 gennaio 2025) renderanno un omaggio a Bizzarri e alla sua cinematografia. 

Altri sviluppi

Denuncia sociale

Il film di Bizzarri si inserisce in quella scia degli anni Settanta, quando in tutto il mondo esplode il cinema politico. Diventano così di rilievo i documentari sui lavoratori immigrati. Il più noto è Siamo italiani (1964) di Alexander Seiler, per il quale il giornalista svizzero si recò nelle baracche per intervistare gli stagionali.  

“Da quel momento in poi – sottolinea ancora Frédéric Maire – senza mai smettere di lavorare nella sua bottega, Bizzarri si è progressivamente professionalizzato, passando dall’8mm al super8 e poi al 16mm e al video, realizzando film su film sia documentari che di finzione, come Il treno del sud (1970) o Pagine di vita dell’emigrazione (1973), riprendendo volentieri tutti gli eventi – soprattutto politici – che costellavano la sua vita quotidiana. Il suo archivio è un vero e proprio tesoro audiovisivo che documenta, dall’interno, la realtà e i problemi della vita degli immigrati italiani in Svizzera, nonché il loro ritorno a casa”. 

Salvare e valorizzare le opere di Bizzarri

Il materiale filmico, girato su pellicola, è molto fragile e ha bisogno d’essere archiviato con i supporti digitali che permettono una loro lunga conservazione. “Dal 2015 – racconta Frédéric Maire – Bizzarri ha accettato di consegnare gradualmente il suo ricco archivio alla Cineteca svizzera. Abbiamo così potuto restaurare alcuni dei suoi film, in collaborazione con lui, in particolare Lo stagionale, che è stato proiettato al Festival del Cinema Giovane di Torino nel 2020 e poi in tutto il mondo. Abbiamo inoltre riproposto alcuni suoi film nel 2021 in occasione della mostra del Museo storico di Losanna sui 150 anni di immigrazione italiana, tra cui Il rovescio della medaglia (1974) e Touchol (1990)”. 

Non solo. Grazie al lavoro della sociologa e storica dell’Università di Ginevra Morena La Barba e dei cineasti del ClimageCollegamento esterno di Losanna, con la collaborazione della cineteca e della RTS, nel 2009 è stato pubblicato un cofanetto DVD contenente alcuni dei suoi film. Nello stesso anno il Festival di Locarno gli ha dedicato un omaggio (ecco la nostra intervista) all’interno di una rassegna proiettando il film più significativo della sua carriera, Lo stagionale appunto, e alcuni spezzoni tratti da Pagine di vita dell’emigrazione.  

“Pur sentendosi prima di tutto italiano, si è sempre rammaricato che la sua patria non fosse realmente interessata a lui e al suo lavoro, come se la sua visione dell’immigrazione continuasse a rappresentare un problema per l’Italia contemporanea”

Frédéric Maire, direttore della cineteca svizzera

Morena La Barba conclude ricordando la scoperta nelle soffitte della casa a Pistoia di Bizzarri di molto materiale girato: “Alcune si trovavano in stato precario. Molti filmati in Super 8 riprendono momenti famigliari. Per Bizzarri non si trattava di cinema, erano semplici quadri famigliari. Noi invece abbiamo un’altra opinione. Insomma, c’è ancora molto materiale inedito da spulciare. È da anni che cerco di organizzarlo… Ora, con la scomparsa di Bizzarri, devo occuparmi seriamente del materiale ritrovato, proponendo progetti per valorizzare i suoi archivi”.  

“Sposato con una donna svizzera e quindi elvetico d’adozione – conclude il ricordo di Bizzarri il direttore della Cineteca svizzera Frédéric Maire – Alvaro ha scelto di tornare a Pistoia dopo il pensionamento, pur rimanendo un regista “svizzero”, iscritto all’Associazione svizzera per la gestione dei diritti degli autori audiovisivi. E pur sentendosi prima di tutto italiano, si è sempre rammaricato che la sua patria non fosse realmente interessata a lui e al suo lavoro, come se la sua visione dell’immigrazione continuasse a rappresentare un problema per l’Italia contemporanea”. 

 

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