La piazza finanziaria ticinese e la nascita di un distretto economico transfrontaliero
[Seconda parte] Dopo la fine del segreto bancario la piazza finanziaria ticinese deve reagire. Da un ‘monoservizio’, ovvero il private banking, il settore potrebbe cercare una maggior integrazione transfrontaliera fra imprese italiane e istituti bancari e parabancari ticinesi. Questo significa gettare le basi per un distretto economico-finanziario che si estende da Lugano a Milano e rinnovare l’attrattività della piazza ticinese.
Cosa fare per rilanciare la piazza finanziaria ticinese dopo la fine del segreto bancario? Lo sviluppo futuro della piazza ticinese – scrive René Chopard, già direttore del Centro studi bancari di Vezia, nel suo saggio “Il sistema finanziario ticinese: dalla crescita al suo sviluppo” pubblicato grazie al finanziamento del programma Interreg 2014-2020, nel volume “La piazza finanziaria ticinese e l’economia del Nord Italia. Per uno sviluppo integrato”Collegamento esterno – è strettamente legato alla sua capacità di collaborazione interna in uno spazio economico-finanziariotransfrontaliero.
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La piazza finanziaria ticinese dall’età dell’oro alla fine del segreto bancario
La piazza finanziaria ticinese, prosegue, deve perciò superare la ‘monocultura’, integrando altri servizi in una logica di ‘distretto di servizi finanziari’. Cosa significa?
“Semplificando – risponde Chopard – per l’approccio sistemico la forza e la capacità di un sistema non è tanto legato al numero delle sue componenti ma piuttosto alla qualità delle relazioni fra di loro. Quelle che vengono definite come qualità emergenti, ossia quelle specificità che, nel nostro caso, contribuiscono a rendere concorrenziale a livello internazionale la piazza ticinese è la sua eterogeneità e complessità che risulta dalle relazioni fra tutti i suoi attori. In questo ordine d’idee, banche, fiduciarie, family office, assicurazioni, società di servizio alla finanza, centri di formazione, compongono un distretto di servizi finanziari. Pur essendo in concorrenza fra di loro, è fondamentale che le collaborazioni vengano curate e stimolate. Sempre l’approccio sistemico ci insegna che, per sopravvivere, un sistema deve essere tanto complesso quanto lo è il contesto che deve affrontare. Questo significa anche essere poliedrici nell’offerta di prodotti e, soprattutto, servizi”.
Lugano, distretto di servizi finanziari
In Ticino quest’ultimo aspetto trova la sua massima espressione a Lugano dove si concentrano banche, gestori patrimoniali indipendenti, commercialisti; immobiliaristi, assicurazioni e dove, in un raggio di pochi chilometri il cliente può potenzialmente reperire l’insieme di prodotti e servizi finanziari, soprattutto coordinati tra loro, in risposta alla totalità dei suoi bisogni.
“L’interesse del potenziale cliente si sposta sempre più dai singoli prodotti o servizi a un’offerta completa che permetta di gestire la ricchezza nel suo insieme”
René Chopard, già direttore del Centro studi bancari di Vezia
In quest’ottica accanto alle 39 banche e ai 5’296 operatori bancari si annoverano nel 2019, 3’976 aziende fiduciarie (857 fiduciari finanziari, 2324 commercialisti, 856 immobiliaristi) per complessivi 9’333 occupati. Sono tutti dati del 2022.
“Fondamentale – sottolinea Chopard – non è il dato quantitativo quanto piuttosto il grado di complementarità, d’integrazione e di collaborazione tra queste molteplici realtà presenti sul territorio”. In breve, l’interesse del potenziale cliente si sposta sempre più dai singoli prodotti o servizi, che rispondono a specifici e puntuali bisogni, a un’offerta completa che permetta di gestire la ricchezza nel suo insieme e nel tempo.
“Oggi – ricorda Chopard – il prodotto non può più solo essere finanziario ma anche immobiliare, assicurativo, ecc., e la consulenza non può più essere unicamente patrimoniale, ma anche fiscale, amministrativa, ecc. In questa prospettiva banche, gestori, consulenti, immobiliaristi, assicuratori, professionisti, devono essere stimolati a collaborare sempre più in rete”.
Finanza e impresa in una dimensione transfrontaliera
La strategia di emersione del denaro non dichiarato e la posizione dell’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) sul dovere di rispetto delle normative estere, hanno dato inizio a una rivisitazione sostanziale del rapporto delle banche svizzere con la propria clientela e delle modalità nella gestione patrimoniale.
Da offshore si passa a una gestione cross-border: “Qui il concetto di offshore rimanda alla generica idea di finanza avulsa dal suo contesto economico-istituzionale. La gestione cross-border – spiega Chopard – è da interpretare come un’attività bancaria transfrontaliera che se pur esercitata (nel nostro caso in Ticino) per conto di un cliente estero (qui italiano), considera tutte le variabili legate al Paese di residenza del cliente: regolamenti, fiscalità, economia, ecc. È così che il rapporto con il cliente cambia, nel senso di considerare tutti i suoi bisogni e non solo quelli legati al patrimonio finanziario”.
L’integrazione della finanza nell’economia significa inoltre che il cliente della banca ticinese non è più unicamente il privato detentore di un patrimonio finanziario ma anche l’imprenditore che ha delle necessità legate alle sue attività aziendali.
“La presenza di patrimoni italiani non dichiarati in Ticino non solo ha condotto a una separazione netta fra due Paesi retta da una frontiera filtro, ma è anche stata alla base del distacco fra la parte reale dell’economia e quella finanziaria”
René Chopard, già direttore del Centro studi bancari di Vezia
Tanto più che la struttura industriale del Nord Italia è fortemente orientata all’esportazione del Made in Italy ed è soprattutto di proprietà di famiglie, ciò che implica una vicinanza tra asset delle imprese e risorse patrimoniali delle famiglie.
Banca-impresa-famiglia
L’avvicinamento delle relazioni banca-impresa-famiglia comporta un passo importante verso un wealth management completo. Ci aiuta a capire ancora Chopard: “La presenza di patrimoni italiani non dichiarati in Ticino non solo ha condotto a una separazione netta fra due Paesi retta da una frontiera filtro, ma è anche stata alla base del distacco fra la parte reale dell’economia (la produzione aziendale) e quella finanziaria (il prodotto delle attività dell’impresa)”.
Semplificando: a sud della frontiera italo-svizzera l’economia e a nord la finanza. “Ora, con l’emersione dei suoi capitali finanziari – chiarisce Chopard – il cliente privato (spesso una famiglia) non ha più la necessità di separarli dalle sue proprietà aziendali. Ne consegue che alla banca potrà chiedere una consulenza a tutto tondo, dove proprietà finanziarie, aziendali, immobiliari e altre ricchezze dovranno essere considerate nel loro insieme; insomma, un vero wealth management”.
La maggior integrazione transfrontaliera fra imprese e istituti bancari e parabancari significa gettare le basi per un distretto economico-finanziario che si estende da Lugano a Milano e rinnovare l’attrattività della piazza ticinese. Sempre Chopard: “Dalla dimensione individuale, con l’intreccio fra patrimonio finanziario e quello aziendale, si passa al livello regionale, con una spinta verso un’integrazione di due sistemi: quello ticinese, maggiormente finanziario e quello del Nord Italia, caratterizzato da una forte presenza di PMI. Sempre in un’ottica sistemica, la crescita delle relazioni, anche di collaborazione, fra l’insieme degli attori presenti sul territorio, chiamiamolo per estensione insubrico, non può che sfociare in qualità emergenti nell’interesse di tutti”.
Nel 1996, in tempi non sospetti, nel quadro delle attività del Centro di Studi Bancari (oggi CSVN) Chopard aveva organizzato un simposio e pubblicato gli atti dal titolo La Banca ticinese nell’economia del Nord Italia. I futuri possibili. “Oggi – conclude Chopard – il sottotitolo dovrebbe essere cambiato in Un presente ineluttabile”…
La frontiera filtro diventa la frontiera contatto dove il mondo finanziario ticinese e la realtà aziendale lombarda si incontrano in uno spazio transfrontaliero.
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