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Una persona su dodici in Svizzera vive in situazione di povertà

persona fa la spesa
I negozi della Caritas registrano vendite da record, secondo l'organizzazione. Keystone-SDA

Nel 2023 circa 708'000 persone nella Confederazione vivevano in una situazione di povertà reddituale. Il tasso, pari all’8,1%, è rimasto stabile. Una situazione “inaccettabile in un Paese ricco come la Svizzera”, sottolinea Caritas.

L’alto tenore di vita di cui si può godere in Svizzera non è sinonimo di assenza di povertà. Stando alle cifre pubblicate lunedì dall’Ufficio federale di statisticaCollegamento esterno (UST), una persona su dodici ha un reddito che la situa al di sotto della soglia di povertà.

Nel 2023 la soglia, calcolata sulla base delle direttive della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale (CSIAS), ammontava a una media di 2’315 franchi (2’426 euro) al mese per una persona sola e di 4’051 franchi per una coppia con due figli.

Questi importi devono coprire le spese per le necessità quotidiane (cibo, igiene, trasporti, ecc.) e i costi per l’alloggio, ma non i premi per l’assicurazione malattia obbligatoria. Questi ultimi vengono preventivamente dedotti dal reddito famigliare, così come i contributi alle assicurazioni sociali, le imposte e gli eventuali alimenti, spiega l’UST.

Il tasso di povertà equivale all’8,1%, un dato simile a quello del 2022 e sostanzialmente in linea con quanto registrato nell’ultimo decennio.

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Proporzione più alta tra chi è in pensione

La proporzione di persone povere è naturalmente più elevata tra chi non ha un’attività professionale (377’000 persone, pari al 15,4% di coloro che figurano in questa categoria). Il dato è però ancora più alto tra i pensionati e le pensionate: il 15,7% di loro (234’000 persone) ha un reddito inferiore a quello determinante per la soglia di povertà.

Tra le persone occupate, la quota è invece del 4,4% (176’000 persone). Il tasso per questa categoria è superiore rispetto a quello dei due anni precedenti (2022: 3,8%; 2021: 4,2%), ma questo sviluppo – precisa l’UST – non è “statisticamente significativo”.

La povertà reddituale – rileva ancora l’UST – colpisce in particolar modo le persone che vivono sole o in economie domestiche monoparentali con figli minorenni, quelle senza formazione postobbligatoria e che vivevano in economie domestiche in cui nessun membro partecipava al mercato del lavoro.

Da notare anche le differenze regionali: nella Svizzera italiana il tasso di povertà è sensibilmente più alto rispetto a quello della Svizzera francese e tedesca.

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Tasso di deprivazione materiale basso

Il 10,1% delle persone ha inoltre avuto difficoltà ad arrivare alla fine del mese e il 5,5% della popolazione ha sperimentato privazioni materiali e sociali in almeno cinque dei tredici ambiti di vita considerati.

La forma più comune di privazione è l’incapacità di far fronte a una spesa imprevista di 2’500 franchi (18,8% della popolazione). Inoltre, l’11,1% viveva in un’economia domestica che non poteva permettersi di sostituire i mobili usurati.

Le privazioni più frequenti a livello individuale sono state l’impossibilità di permettersi un’attività ricreativa regolare nel tempo libero (11%) o di spendere una piccola somma di denaro ogni settimana per sé stessi senza dover chiedere soldi a un altro membro della famiglia (7,3%).

Rispetto al resto dell’Europa, in Svizzera la proporzione di persone che è stata confrontata con deprivazioni materiali e sociali è molto più bassa, come si può vedere in questo grafico.

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Il rischio di povertà è simile alla media UE

La situazione è diversa invece se si considera il tasso di rischio di povertà. Questo indice si basa su una soglia relativa: sono considerate a rischio di povertà – spiega l’UST – le persone che dispongono di un reddito sensibilmente inferiore al livello abituale dei redditi del Paese in cui vivono. L’Unione Europea fissa la soglia di rischio di povertà al 60% della mediana del reddito disponibile equivalente.

Come si può notare da questo grafico, in Svizzera questo tasso è praticamente identico a quello registrato nell’UE. In altre parole, le disuguaglianze salariali sono simili a quelle rilevate in media nel continente.

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Arretrati di pagamento

Nell’anno in rassegna, il 6,3% della popolazione aveva inoltre accumulato almeno due tipi di arretrati di pagamento. Si tratta di fatture (per imposte o premi di casse malati) che non hanno potuto essere pagate in tempo negli ultimi dodici mesi per motivi finanziari.

Dopo essere scesa durante la pandemia di Covid-19, la quota di popolazione che aveva arretrati di pagamento è tornata ad aumentare: dal 4,8% del 2022, la percentuale di persone che viveva in una famiglia con almeno due tipi di arretrati è salita quasi allo stesso livello del 2019 (7%).

Una situazione “inaccettabile”

Le reazioni alla pubblicazione odierna dell’UST non si sono fatte attendere. Per Caritas, il livello di povertà “per un Paese ricco come la Svizzera è inaccettabile”.

In un comunicatoCollegamento esterno, l’organizzazione sottolinea con preoccupazione che “nonostante conseguano un reddito, molte famiglie non sono tuttora in grado di garantire la propria sussistenza con le proprie forze”. Il crescente costo della vita rischia di aggravare ulteriormente la situazione, poiché “il margine a disposizione diventa sempre più piccolo”, ha dichiarato Aline Masé, responsabile del servizio politica sociale di Caritas.

Questa tensione – prosegue l’ONG – è percettibile in tutta la Svizzera: “I consultori sociali sono da tempo sovraccarichi. La domanda di consulenze per il risanamento dei debiti aumenta, i tempi d’attesa si fanno sempre più lunghi e a volte non possono essere accettati tutti i casi. I mercati Caritas registrano valori massimi nel numero di acquisti”.

L’organizzazione domanda alle autorità un intervento efficace e rapido. “Il Parlamento ha incaricato il Governo federale di elaborare una strategia nazionale contro la povertà, ma la gente non può aspettare per anni e anni”, prosegue il comunicato.

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