Libano, Aoun incarica Nawaf Salam di formare il governo
Il nuovo presidente della repubblica libanese Joseph Aoun ha scelto un nuovo capo di governo, affidando l'incarico a Nawaf Salam.
(Keystone-ATS) Giurista di fama e intellettuale riformatore di spicco, attuale presidente della Corte internazionale di giustizia, Salam è esponente di una classe politica vicina ai Paesi occidentali e a quelli arabi del Golfo.
In soli quattro giorni, dall’elezione di Aoun alla nomina di Salam, si avvia a conclusione una crisi istituzionale durata per più di due anni e che ha accompagnato il Libano alle prese dal 2019 con la peggiore crisi finanziaria della sua storia.
L’incarico affidato a Salam, 71 anni, proveniente da una prestigiosa famiglia politica beirutina, è il frutto almeno in parte dello stravolgimento di equilibri regionali cominciato, di fatto, con la guerra tra Hamas e Israele nel 2023, proseguito con la sconfitta di Hezbollah e del suo alleato iraniano in Libano lo scorso autunno, e con la recente dissoluzione nella vicina Siria del decennale potere della famiglia Assad, alleata della Russia e della stessa Repubblica islamica.
Il segnale del cambiamento, già preannunciato nel discorso inaugurale del neoeletto capo di Stato Aoun, si è concretizzato con la netta maggioranza delle preferenze accordate alla candidatura di Salam rispetto a quelle per l’attuale premier dimissionario Najib Mikati, accusato di corruzione e da più parti considerato esponente del cosiddetto ancien regime.
Nawaf Salam, atteso nelle prossime ore a Beirut per assumere formalmente l’incarico, ha ricevuto la stragrande maggioranza dei voti (84 su 128), mentre Mikati ha ottenuto solo 9 preferenze. Hezbollah e il suo alleato Amal si sono astenuti, come avevano già fatto al primo turno delle elezioni presidenziali venerdì scorso. Il Partito di Dio, senza più il suo leader storico Hasan Nasrallah, ucciso da Israele a fine settembre, e fortemente indebolito dall’escalation militare dello scorso autunno, ha tentato invano di ritardare la nomina di Salam.
Come ennesimo segnale del cambiamento di equilibri, il presidente Aoun, da più parti indicato come vicino agli Stati Uniti e ai Paesi arabi del Golfo anti-iraniani, ha invece preteso che i deputati di Hezbollah esprimessero oggi le loro intenzioni di voto. Così è stato. E l’immagine della sconfitta politica è rimasta dipinta sui loro volti all’uscita dal colloquio col capo di Stato.
Salam è sunnita, così come prevede il Patto nazionale, l’accordo non scritto, evocato proprio oggi da Hezbollah, e che dal 1943 prevede la spartizione delle cariche su base comunitaria. In base a questa convenzione sedimentatasi nel corso di decenni, il presidente della Repubblica deve essere cristiano maronita, così come deve essere sciita il presidente del parlamento.
Salam, come nei giorni scorsi lo stesso presidente Joseph Aoun, ha più volte ribadito l’esigenza per il Libano di superare la lottizzazione confessionale per approdare a “una formula di governo basata sullo Stato di diritto, incentrato sul principio di pari diritti e doveri tra i cittadini”. Una sfida enorme, per molti già cominciata.