Attraversare il confine, quando non si è più
Organizzare un funerale non è sinonimo di occasione gioiosa. Oltre al cordoglio, la famiglia o le persone più vicine al defunto devono affrontare una serie di ostacoli, burocratici ed economici. Questi si moltiplicano se colui che è già andato "dall'altra parte" ha ancora una barriera da oltrepassare, quella del confine.
Nel 2018, nei dintorni di Como hanno fatto molto discutere gli intoppi burocratici che non permettevano ai cittadini comaschi di poter usufruire del forno crematorio di Chiasso, il più vicino al capoluogo lariano dopo che quello della città ha chiuso nel 2016. Purtroppo, però, si trova dall’altra parte della frontiera.
La situazione è stata risolta in dicembre, come si può leggere in questo articolo Collegamento esternodel quotidiano ticinese laRegione.
Questa vicenda a messo in luce come la frontiera possa rappresentare, per chi ha perso un famigliare, un ostacolo non indifferente. Ne abbiamo parlato con due “addetti ai lavori”.
Zinco e carta di passo
Il compito di un’azienda di pompe funebri è soprattutto quello di permettere alla famiglia di una persona deceduta di poter vivere senza altre preoccupazioni il periodo di lutto, ma naturalmente questo ha un costo. E nel caso la salma debba essere trasportata all’estero, far sì che il proprio caro arrivi nel luogo dell’eterno riposo diventa molto più oneroso.
Basti pensare che, secondo la legge internazionale, per far passare la salma oltre il confine e tutelare la sicurezza dei viventi, oltre alla normale bara, il corpo deve essere deposto in un cofano di zinco sigillato.
A questo si aggiungono le procedure amministrative che permettono di garantire, nel caso di un controllo in dogana, che tutto sia stato fatto secondo le regole e che all’interno del feretro non ci sia che l’occupante. L’autorità competente rilascia la carta di passo per cadavere, necessaria per trasportare il corpo in uno dei paesi che ha firmato la convenzione di BerlinoCollegamento esterno, come nel caso di Svizzera e Italia.
Cantone che vai, usanza che trovi
Se il decesso è avvenuto in Svizzera, possono esserci delle importanti differenze a seconda del cantone dove la persona è morta. Ad esempio, per un lasciapassare mortuario nel cantone Turgovia si pagano 50 franchi, nella città di Zurigo, con chiusura e permesso di sigillo, si arriva a 400. A San Gallo per il permesso di sigillare se ne pagano 270, ci spiega Michele Bagorda dell’Associazione svizzera onoranze funebri.
Tutto compreso, è difficile che il “viaggio” di una salma dalla Svizzera tedesca verso l’Italia costi meno di 6’000 franchi.
È difficile che il “viaggio” di una salma dalla Svizzera tedesca verso l’Italia costi meno di 6’000 franchi.
Bagorda si occupa da diversi anni di trasporto di cittadini italiani deceduti nella Svizzera nordorientale che devono tornare in patria. Il problema burocratico principale, ci dice, è ottenere l’atto di morte necessario per la carta di passo. Per rilasciarlo l’Ufficio di Stato civile ha bisogno di documenti di non facile reperimento: “Serve il certificato di nascita, se la persona è sposata bisogna ottenere il certificato di matrimonio, se il coniuge è deceduto serve il certificato di morte del coniuge. Se sono divorziati serve la conferma del giudice della separazione. Tutto ciò non deve essere più vecchio di sei mesi”, spiega.
Ma, nel sistema federalista svizzero, cantone che vai, usanza che trovi.
“Se ha davvero bisogno dell’atto di morte, mi dispiace per il mio collega della Svizzera tedesca”, dice Emiliano Delmenico, dell’Associazione ticinese impresari onoranze funebri (Stiof).
Ottenere l’atto di morte è una procedura relativamente lunga anche in Ticino. Per un cittadino elvetico ci vogliono da 5 a 7 giorni. “Immaginiamo quanto tempo passa se per compilarlo si ha bisogno di documenti che arrivano da Caltanisetta!”, esclama Delmenico.
Quello che succede nel cantone italofono è che l’Ufficio di Stato civile rilascia una notifica di decesso, che non ha la stessa valenza legale ma basta all’autorità competente (in questo caso il comune dove la persona è deceduta) per rilasciare la carta di passo e permettere alla salma di partire in tempi brevi.
Con Berlino è più facile
Tutte queste procedure possono sembrare a prima vista onerose e complicate, ma non sono nulla rispetto ai casi in cui il defunto deve andare in un paese che non ha firmato la convenzione di Berlino. In questo caso la famiglia o l’addetto dell’impresa di onoranze funebri devono contattare l’ambasciata o il consolato e, a seconda del paese, le cose possono diventare molto più complicate (Alcuni Stati pretendono l’imbalsamazione del corpo). “A me è capitato il caso di un defunto che per tornare in Cina ci ha messo due settimane. E con l’aiuto di un consolato svizzero”, racconta Delmenico.
È emblematico anche il caso di una 64enne indiana morta durante una vacanza in Svizzera descritto in questo articolo di swissinfo.ch
I tempi cambiano
La più grande comunità straniera in Svizzera è quella italiana ma, come raccontano i due impresari di onoranze funebri, i tempi sono cambiati ed è raro che i cittadini del Belpaese da tempo stabiliti nella Confederazione vogliano essere inumati in patria. È un’evoluzione a cui si è assistito negli ultimi 30 anni.
Nei primi anni novanta, per le imprese di onoranze funebri di Bagorda e del padre di Delmenico, un trasporto verso l’Italia capitava diverse volte al mese, oggi è molto più raro.
Le persone che sono diventate anziane qui, oramai non hanno più forti contatti con il paese di origine in Italia, dove magari anche i conoscenti più stretti sono scomparsi. A questo si aggiunge il fatto che in Svizzera si sono costruiti una famiglia.
La generazione arrivata in Svizzera per lavorare e che coltivava il desiderio, legato alla tradizione, di essere sepolta nel paese di origine, ormai sta finendo. “Oggigiorno a voler tornare nel proprio paese sono soprattutto le persone originarie dei Balcani”, precisa Delmenico.
Sono attualmente una dozzina all’anno i casi di rimpatrio di cittadini italiani morti in Svizzera di cui la sua impresa di Lugano si occupa. Si tratta quasi sempre di persone che non risiedevano in Svizzera stabilmente ma vi si trovavano per un lavoro stagionale, una visita, turismo, o perché erano ricoverati in un ospedale elvetico.
Bruciare la burocrazia
Per una famiglia italiana che ha perso un caro in Svizzera è importante sapere però che dovrà far fronte a spese che forse non si sarebbe aspettata. Per ridurre quelle legate al trasporto, l’impresa di Delmenico collabora con i colleghi italiani, a cui in ogni caso spetterebbe preparare il funerale.
“Noi ci occupiamo della parte in Svizzera, specialmente quella burocratica, e loro del trasporto”, racconta. Oltretutto, “noi ticinesi non siamo concorrenziali. Lo si vede anche con la pizza al ristorante, scusi il paragone. In Italia costa la metà”.
“Lo si vede anche con la pizza al ristorante, scusi il paragone. In Italia costa la metà”.
Nel Belpaese i costi sono inferiori, è vero, ma per trasportare un cadavere in territorio italiano senza rischiare di incappare in sanzioni bisogna tenere in considerazione molti fattori.
Mentre in Svizzera non c’è una legge che sancisce lo spessore minimo di una bara per il trasporto di una salma, in Italia c’è: 2 centimetri e mezzo. Questo fa lievitare subito i costi. Ma lo spessore non è l’unica cosa importante. Devono esserci 24 fori per inserire altrettante viti per chiuderla (in Svizzera ne bastano quattro). La bara deve avere inoltre il timbro del produttore.
“Pare che in Italia se non c’è il timbro del produttore non riesci a fare un funerale”, dice Delmenico.
Per superare tutti questi problemi una soluzione è la cremazione, diffusissima in Svizzera, molto meno in Italia, tra i paesi europei più restii all’adozione di questa pratica. Anche in questo caso, però, le mentalità stanno cambiando e nella Penisola si sta assistendo da qualche anno ad un costante aumento delle cremazioni. La praticità sta prendendo piede sulla tradizione?
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