Mafia e riciclaggio: blitz tra Italia, Brasile e Svizzera
(Keystone-ATS) Tracce di consistenti investimenti di capitali di matrice mafiosa in iniziative imprenditoriali e in società di diritto brasiliano, tutte abilmente schermate attraverso l’utilizzo di prestanome e società di comodo, in una triangolazione tra Italia, Brasile e Svizzera.
I finanzieri del comando provinciale di Palermo e la polizia federale brasiliana hanno arrestato un imprenditore originario di Bagheria, a Palermo, Giuseppe Bruno, da tempo trasferito a Natal, in Brasile, sequestrando circa 50 milioni di euro, e beni mobili e immobili riconducibili a 17 soggetti, tutti indagati, e a 12 società operanti nel settore immobiliare, edile e ristorativo. Perquisizioni sono state fatte in diverse regioni, in Brasile e in Svizzera.
“Operazione Arancia”
Dalle indagini di quella che è stata chiamata “Operazione Arancia” è emerso che la mafia italiana utilizzava arance e società di comodo per facilitare il movimento e l’occultamento di fondi illeciti provenienti da attività criminali internazionali dal Brasile.
Le indagini, iniziate nel 2022, hanno avuto come obiettivo un’organizzazione criminale sospettata di riciclare denaro per la mafia italiana nel Rio Grande do Norte, dove si stima che i mafiosi operino da quasi un decennio, si legge in un comunicato della polizia federale brasiliana.
Gli inquirenti stimano che lo schema abbia investito non meno di 300 milioni di real (circa 55 milioni di euro) in Brasile, utilizzando questi fondi per acquistare proprietà e infiltrarsi nei mercati immobiliari e finanziari del Paese.
Speculazioni edilizie in Brasile
Cosa nostra investiva in attività di ristorazione in Brasile e soprattutto in speculazioni edilizie. Secondo le indagini della Guardia di finanza (Gdf) tra gli affari più significativi dell’imprenditore arrestato c’era “l’avvio, attraverso le società del gruppo, di un piano di lottizzazione di vastissime aree edificabili a ridosso della costa nordorientale del Brasile. Progettualità che si aggiunge ad altre numerose transazioni in campo immobiliare, in grado di garantire profitti di eccezionale entità”.
Secondo la Gdf “sarebbe quantificabile in oltre 500 milioni di euro il valore patrimoniale complessivo nel tempo assunto da tutte le società nell’orbita del sodalizio criminale”.
L’organizzazione, di cui faceva parte il boss mafioso Giuseppe Calvaruso, dopo aver realizzato alcune lucrose iniziative imprenditoriali in Italia (tra cui un resort in provincia di Trapani) a partire dal 2016, avrebbe spostato il baricentro dei propri interessi principalmente in Brasile, potendo lì contare, in una prima fase, anche sull’appoggio di un altro imprenditore romano, poi arrestato, nel 2019, dalle autorità brasiliane perché ritenuto mandante di un omicidio avvenuto 5 anni prima a Natal.
Proprio a quest’ultimo, Calvaruso avrebbe dato soldi presi direttamente dalle casse di Cosa nostra. Gli investigatori ipotizzano un primo maxifinanziamento, per circa 830.000 euro, che sarebbe stato elargito in contanti in due tranche, tra il 2016 e il 2017, grazie a cui l’organizzazione sarebbe entrata a far parte, come socio occulto, in numerose società già presenti nel Paese.
Ad essere stati impiegati, sul campo, oltre 100 finanzieri, alcuni dei quali, appartenenti al nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo e del Gico, nei giorni scorsi si sono recati a Natal, in modo da poter affiancare i colleghi brasiliani nelle attività sul posto.
Perquisizioni in Italia e in Svizzera
Contemporaneamente, la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha coordinato 21 perquisizioni in varie regioni d’Italia e in Svizzera. Sono stati mobilitati oltre 100 agenti italiani, alcuni dei quali si trovano in Brasile per assistere l’esecuzione dei mandati a Natal.
I reati contestati sono associazione mafiosa, estorsione, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante del sostegno a note famiglie mafiose. Inoltre, nell’ambito delle misure volte a smantellare lo schema e a recuperare i beni finanziari, il Tribunale federale brasiliano ha autorizzato il sequestro di beni immobili e il blocco dei conti bancari associati agli indagati e alle società di comodo coinvolte.
Degna di nota in questo contesto – si sottolinea nel comunicato- è la collaborazione internazionale attraverso la creazione di una Squadra investigativa comune (SIC) nel 2022, che coinvolge la Polizia federale, la Procura federale e le autorità giudiziarie e di polizia italiane, con il supporto di Eurojust, l’agenzia dell’Unione europea che facilita le indagini e i procedimenti giudiziari che coinvolgono più Paesi, assistendo nello scambio di informazioni e nella formazione di squadre investigative comuni.