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Missile Hezbollah su Tel Aviv, Israele pronto a invadere

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) “I vostri stivali entreranno nei villaggi che Hezbollah ha trasformato in una vasta postazione militare”.

Queste parole, rivolte alle truppe dal capo dell’esercito israeliano, sono il segnale che la guerra nel sud del Libano potrebbe salire drammaticamente di livello da un momento all’altro. Il copione finora ha ricalcato l’evoluzione del conflitto a Gaza, ossia il bombardamento prolungato delle postazioni nemiche per aprire la strada alle truppe di terra, la mobilitazione dei riservisti (due brigate dispiegate nel nord) e la richiesta ai civili di evacuare i villaggi di confine.

Un forcing israeliano a cui i miliziani del Partito di Dio stanno rispondendo colpo sul colpo, inondando di razzi la Galilea e arrivando persino a lanciare per la prima volta un missile balistico su Tel Aviv. È uno scenario da orlo del precipizio, tra febbrili tentativi della diplomazia internazionale per evitare il peggio. Ma anche il presidente americano Joe Biden nelle ultime ore ha ammesso che una “guerra su vasta scala in Medio Oriente è possibile”.

Missili e bombe continuano ad oscurare i cieli del fronte nord. Gli israeliani hanno riferito di aver colpito con i loro caccia duemila postazioni dei miliziani sciiti in tre giorni. Dall’altra parte le sirene d’allarme hanno risuonato fino a un centinaio di chilometri dal confine, a Tel Aviv, quando Hezbollah ha lanciato un missile terra-superficie che, secondo l’esercito israeliano, è stato intercettato. L’obiettivo era il quartier generale del Mossad, accusato di aver decapitato la leadership militare del movimento libanese facendo esplodere migliaia di cercapersone e walkie-talkie.

Con l’attacco a Tel Aviv, pur senza apparenti conseguenze, “Hezbollah ha ampliato il suo raggio di fuoco e riceverà una risposta molto forte”, ha avvertito il capo di Stato maggiore Herzi Halevi visitando alcune brigate al confine. Il generale ha detto qualcosa di più, ha chiesto ai suoi di prepararsi ad entrare in azione, oltrepassando quel confine: “Incontrerete i miliziani e gli dimostrerete che cosa significa affrontare un esercito professionale, altamente qualificato e con esperienza di battaglia. E vincerete”.

Il primo obiettivo dichiarato di Israele nel conflitto con Hezbollah è riportare nelle loro abitazioni i circa 60mila residenti fuggiti dai razzi. “Non ci fermeremo fin quando non torneranno a casa, colpiremo con tutta la nostra forza”, ha assicurato Benjamin Netanyahu. Mentre le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno spiegato che l’operazione militare mira a “smantellare l’infrastruttura militare” che i miliziani sciiti hanno costruito negli ultimi vent’anni. In modo che non possano più minacciare Israele. In questo quadro, un’azione di terra potrebbe scattare per spingere più a nord le milizie nemiche, creando una fascia sicurezza più ampia di quella attuale.

A New York, a margine dell’Assemblea dell’Onu, si tenta di scongiurare questa escalation e lo stesso Netanyahu avrebbe dato l’ok a negoziati per una tregua in Libano, mediati da Usa ed europei, ma intanto Washington ha deciso di dispiegare un rinforzo di truppe a Cipro. Del resto anche Hezbollah, per primo, prende sul serio i piani di Israele. Il Partito di Dio, secondo il Wsj, ha tenuto in riserva un enorme arsenale di razzi, droni e missili anticarro per contrastare l’eventuale avanzata del nemico in territorio libanese. Inoltre ha allargato la sua rete di tunnel nel sud, riposizionando combattenti e armi, che continuano ad arrivare in gran quantità dall’alleato iraniano.

Nell’attesa, si continuano a contare i morti. Le vittime dei raid in tutto il Libano nelle ultime 24 ore sono state almeno 50, che si aggiungono alle 558 dei giorni scorsi. Israele ha colpito per la prima volta un villaggio a maggioranza cristiana a nord di Beirut. E si consuma anche il dramma degli sfollati: secondo le Nazioni Unite, sono stati circa 90’000 questa settimana. In questo caos sempre più governi invitano i propri connazionali a lasciare il Paese dei Cedri in fiamme, preparando anche piani di evacuazione.

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