Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
ognuno spende liberamente come vuole i soldi che guadagna. Ci mancherebbe altro! Comunque, sappiate che il canton Zurigo ha messo oggi all’asta la targa “ZH 100”. Base d’asta 4'000 franchi, ma dopo solo due ore l’offerta era già arrivata a 100'000 franchi. Quella di mettere all’asta le targhe è un’abitudine trentennale ormai ed ha contagiato un po’ tutti i cantoni.
A Zurigo nel giugno scorso c’è chi ha sborsato 194'000 franchi per la targa “ZH 888”, ma il record assoluto è detenuto dalla “ZG 10” di Zugo venduta nel 2018 a 233’000 franchi. In Ticino la targa singola più cara è stata la "TI 10", ceduta per la "modica" cifra di 135'000 franchi.
Io sinceramente non capisco questa passione un po’ folle per le targhe, forse perché non ho neppure l’automobile...
Un’alleanza per l’Europa vuole lanciare un’iniziativa per obbligare il governo a negoziare con l’UE.
Per rompere lo stallo tra Berna e Bruxelles – nato dopo che la Svizzera ha interrotto nel maggio dello scorso anno i negoziati per un accordo quadro con l’Unione europea – il comitato di questa nuova alleanza vuole lanciare l’iniziativa popolare “Europa”. Per sostenere le spese, l’organizzazione spera di raccogliere entro gennaio mezzo milione di franchi puntando sul sostegno di coloro che desiderano una cooperazione costruttiva tra Berna e Bruxelles.
In una conferenza stampa organizzata oggi in Piazza federale a Berna, l’alleanza – composta da Operazione LiberoCollegamento esterno, dai VerdiCollegamento esterno, dall’USUCollegamento esterno, da SuissecultureCollegamento esterno, dall’associazione “Svizzera in EuropaCollegamento esterno” e da Volt SvizzeraCollegamento esterno – ha spiegato che il testo dell’iniziativa mira a obbligare il Consiglio federale a chiarire le questioni istituzionali con l’UE, lasciandogli un margine di manovra nell’attuazione.
Per simboleggiare l'”era glaciale” che regna tra la Svizzera e l’Unione europea, il comitato ha presentato un enorme blocco di ghiaccio (vedi foto) con la scritta “Politica europea della Svizzera”. Gli oggetti congelati all’interno illustrano lo stallo della cooperazione con l’UE in diversi settori. Nei giorni scorsi il Partito socialista aveva rilanciato l’opzione a lungo termine di un’adesione graduale all’UE.
- La notizia dell’alleanza per l’Europa su blue NewsCollegamento esterno.
- Il PS vuole l’adesione all’UE in un articolo della RSICollegamento esterno.
- La via bilateraleCollegamento esterno scelta dalla Confederazione per regolare i rapporti con l’UE.
- Sull’interruzione dei negoziati, un contributo della collega Sibilla Bondolfi su swissinfo.ch.
Aumentano ancora i lavoratori frontalieri in Svizzera. Dei 374’000, oltre 255’000 lavorano nel terziario.
Mentre l’accordo sulla tassazione dei frontalieri tra Italia e Svizzera deve ancora essere ratificato dal parlamento italiano, sebbene sia stato parafato una prima volta nel 2015 e una seconda volta – dopo diverse modifiche – nel 2020, il numero dei lavoratori frontalieri continua ad aumentare in Svizzera e anche in Ticino.
Secondo i dati pubblicati oggi dall’Ufficio federale di statistica, nel terzo trimestre di quest’anno i lavoratori con permesso ‘G’ erano oltre 374’000 a livello nazionale, in progressione del 5,8% su base annua e dell’1,3% in un trimestre. In Ticino hanno raggiunto quota di 77’732, in aumento del 4,2% rispetto al terzo trimestre del 2021, e dell’1,6% rispetto al secondo trimestre di quest’anno.
Sebbene in Ticino si abbia l’impressione che il numero di lavoratori frontalieri italiani sia decisamente alto, i dati indicano che poco più della metà di tutti i frontalieri era domiciliata in Francia (55,7%), mentre il 24% lo era in Italia e il 17,1% in Germania. Negli ultimi cinque anni il numero di frontalieri è aumentato da 322’000 nel terzo trimestre 2017 a 374’000 nel terzo trimestre 2022, il che corrisponde a un incremento del 16,3%.
- La notizia è stata ripresa dal portale della RSICollegamento esterno.
- Il comunicatoCollegamento esterno dell’Ufficio federale di statistica con dati, tabelle a grafici.
- La migrazione italiana in Svizzera è cambiato nel tempo ma non si è mai interrotta: un contributo del collega Leonardo Spagnoli su tvsvizzera.it.
La Svizzera sarebbe preparata ad una possibile escalation nucleare in Ucraina?
Lo sappiamo purtroppo tutti: Mosca ha minacciato a più riprese in questi mesi di usare le armi nucleari per “difendere l’integrità territoriale russa”. Secondo la maggior parte degli analisti, il rischio di un conflitto nucleare è ancora relativamente basso. Anche se non è escluso che Putin potrebbe usare “armi nucleari tattiche” di dimensioni ridotte e con un basso potere distruttivo.
Non ci vuole uno scienziato per affermare che un attacco nucleare sarebbe devastante. Per tutti. Gli esperti in Svizzera – nell’articolo della collega Sara Ibrahim su swissinfo.ch – ritengono che la Svizzera sia relativamente ben preparata. La Confederazione ha migliorato la sua protezione contro i pericoli nucleari dopo l’incidente del 2011 di Fukushima.
Poi tutti gli svizzeri lo sanno: c’è una grande disponibilità di rifugi antiatomici sparsi sul territorio. Il Paese ne conta più di 360’000, un caso unico in Europa e nel mondo. Tuttavia, tutto ciò non basta. Inoltre la Svizzera presenta anche molte carenze (elencate nell’articolo). Morale: nessuno è perfettamente preparato, nemmeno la Confederazione.
- Approfondite il tema leggendo l’articolo della collega Sara Ibrahim su swissinfo.ch.
- Quanto è reale un rischio di un conflitto atomico in Ucraina? L’articolo su ticinonewsCollegamento esterno.
- La collega Marija Miladinovic su tvsvizzera.it ci parla dell’obbligo tutto svizzero di avere un bunker antiatomico.
Nessuno è eterno: la pandemia ha spinto molti svizzeri a redigere in anticipo il testamento.
Tra le tante conseguenze della pandemia ce n’è una un poco inaspettata: in Svizzera negli ultimi tre anni è aumentato decisamente il numero di persone che hanno fatto testamento. Tra coloro che hanno più di 45 anni, chi ha sottoscritto le proprie ultime volontà è passato dal 27 al 32%.
Sono dati emersi da un sondaggio pubblicato oggi dall’associazione Allianz für das Gemeinwohl (Alleanza per il bene comune). Ben il 38% degli intervistati ha ammesso che la pandemia è stata come una sorta di campanello d’allarme, e che il coronavirus li ha spinti a riflettere maggiormente sulla propria mortalità.
Da notare come ben il 14% di coloro che hanno già provveduto a redigere il proprio lascito ha dichiarato di voler devolvere in beneficenza la propria sostanza. Ma dati alla mano, come spiega l’Alleanza per il bene comune, solo il 3 per mille dell’intera somma lasciata annualmente in eredità viene realmente devoluta in beneficenza. Tanto per dare una cifra, in media ogni anno vengono ripartiti in Svizzera all’incirca 95 miliardi di franchi.
- La notizia è stata prontamente ripresa dalla RegioneCollegamento esterno.
- Come funziona la successione in Svizzera? Ecco la rispostaCollegamento esterno in breve.
- Tassare le grandi eredità per combattere la crisi climatica: un’idea dei giovani socialisti in un contributo di tvsvizzera.it.
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