Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
In questi giorni a Crans-Montana vi è un certo fermento. La località sciistica vallesana accoglie infatti un turista d'eccezione: Lionel Messi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza assieme alla sua famiglia, come attestano le foto pubblicate dal campione del mondo e da sua moglie su Instagram.
Inutile precisare che la caccia al selfie con la stella della nazionale argentina e del Paris Saint-Germain si è scatenata.
Dopo questa premessa turistico-calcistica, vi lascio alla lettura di alcune notizie del giorno.
Il Parlamento svizzero compie un primo passo per autorizzare la riesportazione d’armi verso l’Ucraina: la Commissione della politica di sicurezza (CPS-N) del Consiglio nazionale approva due progetti che vanno in questo senso.
La decisione di Berna di non permettere ad alcuni Paesi europei di riesportare materiale bellico prodotto nella Confederazione, in particolare munizioni per il semovente Gepard nel caso della Germania, ha causato negli scorsi mesi molte incomprensioni a livello internazionale nei confronti della politica di neutralità elvetica.
La posizione del Governo svizzero non è piaciuta a tutti neppure all’interno della Confederazione. Ciò si è tradotto in atti parlamentari, che martedì sono stati accettati dalla Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale.
La mozione e l’iniziativa parlamentare, che dovrebbero essere discusse durante la seduta primaverile del Parlamento che si aprirà a fine febbraio, prevedono in sostanza di allentare le restrizioni in materia appunto di riesportazione di armi destinate all’Ucraina. “La maggioranza della commissione – si legge nella nota dei servizi parlamentari – ritiene che la Svizzera debba dare il proprio contributo alla sicurezza europea, anche fornendo maggiore assistenza all’Ucraina. Considera inoltre che gli emendamenti proposti rispettino il diritto di neutralità, poiché non consentono l’esportazione diretta di materiale bellico in zone di conflitto, ma riguardano solo le dichiarazioni di non riesportazione firmate dai Paesi che acquistano materiale bellico svizzero”. Una minoranza della commissione teme invece che la riesportazione possa rappresentare un problema per la neutralità.
- La notizia su tvsvizzera.it.
- Il comunicatoCollegamento esterno della Commissione della politica di sicurezza.
- Un approfondimentoCollegamento esterno sul tema della Neue Zürcher Zeitung.
- Le aziende svizzere produttrici di materiale bellico riescono comunque a trarre profitto dalla guerra in Ucraina: l’approfondimento dei miei colleghi Samuel Jaberg e Pauline Turuban.
All’indomani della decisione delle commissioni della gestione del Parlamento di aprire un’indagine sulle fughe di notizie in seno al Dipartimento federale dell’interno, il presidente della Confederazione Alain Berset ha ribadito ai suoi colleghi di Governo di non aver mai saputo nulla delle indiscrezioni trapelate alla stampa ad opera del suo ex responsabile della comunicazione, Peter Lauener.
Continua a tenere banco in Svizzera la vicenda legata alle informazioni confidenziali trasmesse al gruppo Ringier, editore tra l’altro del Blick, sulle misure per contrastare la pandemia di Covid previste dal Governo svizzero. Al centro del caso vi è Peter Lauener, l’ex capo della comunicazione del Dipartimento dell’interno, guidato da Alain Berset.
Bersagliato dalle critiche, provenienti soprattutto da destra, il ministro socialista ha sottolineato mercoledì di voler collaborare pienamente con le commissioni della gestione del Parlamento, che proprio ieri hanno deciso di avviare un’indagine su quanto avvenuto.
Del tema si è discusso anche durante la tradizionale seduta di mercoledì del Consiglio federale. Il portavoce del Governo, André Simonazzi, ha precisato che Alain Berset si è ricusato per questa parte della riunione. La vicepresidente Viola Amherd lo ha informato di quanto discusso al suo ritorno. Ad ogni modo, dopo il confronto il “Consiglio federale ha ritrovato la fiducia e intende andare avanti a lavorare come sempre”, ha aggiunto Simonazzi.
- La notiziaCollegamento esterno su RSI News.
- Il servizioCollegamento esterno di RSI News sui cosiddetti Coronaleaks.
- Prima dello scoppio della vicenda legata alle fughe di notizie e prima di diventare presidente della Confederazione, la mia collega Katy Romy aveva intervistato Alain Berset.
Starna, averla maggiore (nella foto), beccaccino… sono alcuni degli uccelli scomparsi dalla Svizzera nell’ultimo secolo, a causa della riduzione del loro habitat.
In occasione del centesimo anniversario dell’associazione, Birdlife ha pubblicato mercoledì un vasto studio sull’evoluzione dell’avifauna un Svizzera. Stando a quanto emerge dal rapporto, nello spazio di un secolo molte specie sono scomparse completamente, mentre altre sono ancora presenti su una porzione molto ristretta del territorio.
L’autore del rapporto, Beat Wartmann, definisce “drammatica” la situazione in cui versa oggi l’avifauna. Il 40% degli uccelli figurano attualmente nella Lista rossa delle specie minacciate e un ulteriore 20% in quella delle specie potenzialmente minacciate.
L’unica nota parzialmente positiva che emerge dallo studio è l’affermazione o la progressione di alcune specie. Si tratta soprattutto di uccelli legati all’uomo o che hanno una grande capacità di adattamento, spiega Birdlife. Tra questi, la tortora dal collare, il rondone maggiore e il corvo comune. Diverse specie di aironi e rapaci hanno beneficiato del miglioramento della legge sulla caccia.
- La notiziaCollegamento esterno di Keystone-ATS ripresa da Ticinonline.
- Il comunicatoCollegamento esterno di Birdlife e lo studio (in tedesco).
- Il reportage del mio collega Zeno Zoccatelli dalla Bolle di Magadino, uno dei paradisi per gli uccelli in Svizzera.
La protezione civile manca di personale e ora il Governo svizzero vuole aumentare gli effettivi.
Da qualche anno il servizio di protezione civile svizzero è confrontato con una carenza di personale. Nel 2021, l’effettivo era di 68’000 persone, 4’000 in meno rispetto all’obiettivo fissato una decina di anni fa. Se la tendenza dovesse continuare, vi è il rischio che nel 2030 scenda a circa 51’000 unità, stando alle previsioni del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport.
Per cercare di frenare questa evoluzione e migliorare l’apporto in personale, il Consiglio federale ha presentato mercoledì un progetto che prevede di estendere l’obbligo di prestare servizio, in determinate circostanze, a nuove categorie di persone.
Ad esempio, se le proposte del Governo saranno approvate, sarà possibile imporre alle persone tenute a prestare servizio civile di assolvere una parte del loro obbligo in organizzazione di protezione civile che presentano un’insufficienza di effettivi. Oppure, le persone soggette all’obbligo di prestare servizio militare che alla fine dell’anno in cui compiono 25 anni non hanno ancora assolto la scuola reclute (e che sinora sono state prosciolte dall’esercito), saranno assoggettate all’obbligo di prestare servizio di protezione civile.
- La notiziaCollegamento esterno di Keystone-ATS ripresa dal Corriere del Ticino.
- Il comunicatoCollegamento esterno del Consiglio federale.
- Dagli archivi di swissinfo.ch, un approfondimento di Andrea Tognina sull’obbligo di prestare servizio militare in Svizzera.
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