La televisione svizzera per l’Italia
ermotti

Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

a volte ritornano, non è la trama di un thriller ma l’ultimo colpo di scena offerto dall’intricata vicenda che ha coinvolto la seconda banca svizzera Credit Suisse. Alla testa di UBS, il gruppo bancario elvetico che ha rilevato, sotto la regia delle autorità svizzere, l’istituto bancario in crisi che ha messo paura ai mercati finanziari mondiali, tornerà il ticinese Ermotti.  

Il dirigente nato nel 1960 a Lugano -  e che, dopo aver coltivato il sogno di diventare un calciatore professionista, a 18 anni ha iniziato la formazione di apprendista come agente di cambio nella ticinese Corner Banca - torna ai vertici di un colosso bancario mondiale.

Che sia un predestinato – una seconda volta - lo aveva in un certo senso anticipato lui stesso. In un’intervista rilasciata alla Neue Zuercher Zeitung a novembre aveva detto che la Svizzera non ha bisogno di due grandi banche internazionali per prosperare. "La forza della piazza finanziaria del Paese sta nella sua diversificazione, che è molto più importante del numero di grandi banche presenti": parole indubbiamente profetiche,

buona lettura.

“Saremo in grado di portare a termine questa acquisizione e di essere parte della soluzione, piuttosto che del problema”: sono le prime parole di Sergio Ermotti, il manager a cui è stata affidata la guida di UBS nella delicata fase di integrazione con Credit Suisse.

PLACEHOLDER

Il ceo, che dal prossimo 5 aprile sostituirà l’olandese Ralph Hamers, ha voluto sottolineare la sua intenzione di lavorare “molto duramente per evitare conseguenze negative per i contribuenti svizzeri dalla fusione”.

Sulla scelta ha indubbiamente avuto una rilevanza l’esperienza precedente, dal 2011 e 2020, di Sergio Ermotti alla testa della grande banca elvetica. Il presidente del cda uscente di Swiss Re ha infatti gestito UBS dopo la pesante crisi finanziaria globale del 2008 che non aveva risparmiato il colosso elvetico.

E alla luce di quel precedente, hanno sottolineato le e gli analisti, c’è da attendersi un ridimensionamento delle attività di investment banking a favore della più sicura gestione patrimoniale. Come in passato potrebbe inoltre ridursi il comparto obbligazionario. Una ricetta che ha portato grandi benefici alla grande banca che oggi è una delle più capitalizzate al mondo e si è indubbiamente rafforzata rilevando per 3 miliardi di franchi la concorrente che aveva in casa.    

Leopard 2
Keystone / Daniel Karmann

Nella tranquilla svizzera sta infuriando la polemica su 25 carri armati Leopard 2 che vorrebbe ora acquistare la Germania. Eh sì, perché anche in questo caso spunta indirettamente la questione della neutralità elvetica che non consente agli acquirenti di riesportare armi provenienti dalla Confederazione in Paesi coinvolti in conflitti.

La Commissione della politica di sicurezza della Camera bassa è infatti favorevole a mettere fuori servizio questi blindati che rientrano tra i 96 dismessi dall’esercito su un totale di 230 in dotazione alle forze armate svizzere. Per poterli vendere alla Germania, che intende coprire i vuoti lasciati dalle sue forniture militari all’Ucraina, occorre infatti una decisione formale del parlamento elvetico che li metta fuori servizio.

Per l’organo parlamentare la vendita di 25 Leopard 2 non metterebbe a rischio le esigenze operative (riserva di pezzi di ricambio, formazione della truppa). Oltretutto Berlino è disponibile a garantire per iscritto che non destinerà i controversi carri armati, che saranno acquistati dal produttore tedesco Rheinmetall, all’esercito di Kiev.

Ma questo orientamento viene aspramente criticato da Pro Svizzera, associazione patriottica e antieuropeista, secondo la quale la decisione della commissione del Nazionale, che finirebbe per indebolire le capacità di difesa della Svizzera, non è altro che un tentativo di aggirare i vincoli all’esportazione di armi. La vicenda è comunque destinata ad avere nuovi sviluppi.

cedu
© Keystone / Christian Beutler

Il tema dei cambiamenti climatici, o meglio la rivendicazione di poter vivere in un ambiente adeguato dal profilo climatologico, potrebbe essere per la prima volta riconosciuto nell’ambito dei diritti fondamentali. E questo grazie alla tenace volontà dell’associazione elvetica delle “anziane per il clima”.

Il sodalizio zurighese, formato da circa 500 arzille attiviste, tutte pensionate, aveva infatti denunciato nel 2016 il Governo svizzero, il cui operato viene ritenuto non idoneo al raggiungimento degli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi, alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che proprio oggi dibatterà della questione.

Finora le rivendicazioni del gruppo di militanti ambientaliste sono state rigettate dal dipartimento federale competente (DATEC) e dalle corti elvetiche (Tribunale amministrativo federale e Tribunale federale). Decisioni che non hanno però scoraggiato le “anziane per il clima” che si sono rivolte alla CEDU.

La partita si giocherà sull’ammissibilità delle ricorrenti, che secondo le norme procedurali devono essere particolarmente colpiti nei loro diritti dalle azioni o dalle omissioni delle autorità. In proposito l’associazione ritiene che in quanto anziani essi sono particolarmente vulnerabili agli effetti del caldo estremo indotto dai cambiamenti climatici. Ma la corte europea, indicano gli e le esperti/e, potrebbe fissare per la prima volta degli standard universalmente validi da applicare alle sentenze future che riguardano questo tema.

ue
© Keystone / Gaetan Bally

Novità in arrivo sul complicato fronte europeo: il Governo federale intende avere un preciso mandato negoziale entro giugno per riprendere le trattative con la Commissione Europea.

A questo proposito l’esecutivo, ha fatto sapere oggi, ha chiesto ai dipartimenti competenti di elaborare le direttrici su cui si dovranno svolgere le discussioni con gli interlocutori di Bruxelles.

A giudizio di Berna, doppo la recente visita in Svizzera del vice presidente della Commissione UE Maros Sefcovic, il momento è favorevole e la spinosa vertenza riguardante la tutela dei salari, particolarmente sentita nella Confederazione, potrebbe essere risolta da misure complementari su cui verranno presentate a breve proposte concrete.

E sembra essere passata la rivendicazione avanzata dalla Confederazione di una negoziazione su un pacchetto completo di nuovi accordi al posto di un’intesa istituzionale riguardante la ripresa del diritto europeo nell’ordinamento elvetico, bocciata nel maggio 2021 dal Governo svizzero.

In proposito c’è da evidenziare il via libera a un nuovo round negoziale dato in settimana a Berna dai Cantoni che condividono l’iniziativa del Governo. Già il prossimo 20 aprile sono nell’agenda della segretaria di Stato elvetica Livia Leu colloqui esplorativi a Bruxelles in cui verrà affrontata la questione.


In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR